Gian Guido Vecchi, Luigi Accattoli, Corriere della Sera 12/4/2015, 12 aprile 2015
IL GIUBILEO DI FRANCESCO «MAFIOSI E CORROTTI È IL MOMENTO DI PENTIRVI» [2
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CITTÀ DEL VATICANO «Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia». Bisogna vederlo, Francesco, il suo sguardo intenso mentre in San Pietro ascolta nel pomeriggio la lettura della Bolla Misericordiae vultus che indice il Giubileo straordinario dall’8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016. Un testo di suo pugno che si legge come una minienciclica e racchiude il senso del suo pontificato, ciò che chiede alla Chiesa, tanto più significativo alla vigilia del Sinodo sulla famiglia che in ottobre parlerà anche delle situazioni «irregolari»: ora è «il tempo del ritorno all’essenziale», dell’«annuncio gioioso del perdono» e di «curare le ferite», perché «Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre» e la misericordia è «il nucleo del Vangelo» e «l’architrave che sorregge la Chiesa».
Nella Bolla ci sono passi fondamentali sul «primato della misericordia» e il rapporto con la giustizia: «Se Dio si fermasse alla giustizia cesserebbe di essere Dio, sarebbe come tutti gli uomini che invocano il rispetto della legge»; «Gesù dice di non giudicare e non condannare». E c’è una frase straordinaria: «La misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il figlio». L’amore viscerale di Dio — nel greco dei Vangeli è espresso dal verbo che indica la compassione di Gesù: splanchnízomai viene da splánchna , le viscere o l’utero della madre — è il fondamento di quell’appello alla «conversione» che il Papa rivolge in particolare a malavitosi, mafiosi e corrotti.
A chi appartiene «a un gruppo criminale» scrive: «Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Non portiamo il denaro con noi nell’aldilà. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire». E ai corrotti: «Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale. La corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici. È un’opera delle tenebre». Del resto, con buona pace degli appetiti di grandi opere, Francesco annuncia che il Giubileo non sarà celebrato solo a Roma ma ovunque: la terza domenica di Avvento, assieme alla Porta Santa a San Giovanni in Laterano, si aprirà una «Porta della Misericordia» in tutte le cattedrali del mondo. In Quaresima invierà nelle diocesi dei sacerdoti «Missionari della Misericordia» che avranno «l’autorità di perdonare i peccati riservati alla Sede Apostolica».
Francesco ha scelto di iniziare l’anno Santo nel giorno dell’Immacolata, a cinquant’anni dalla fine del Concilio: «La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo».
Il Papa si rivolge «a tutti, credenti e lontani». Prega perché la misericordia, attributo di Dio anche per ebrei e islamici, possa «favorire l’incontro» ed «eliminare ogni forma di disprezzo, violenza, discriminazione». Ammonisce i cristiani a non cadere nel «legalismo»: «Gesù parla più volte dell’importanza della fede, piuttosto che dell’osservanza della legge». A «riscoprire le opere di misericordia» verso poveri e ultimi perché «in base ad esse saremo giudicati» e «la credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso». A essere testimoni credibili. Nell’omelia, ricorda le «tante popolazioni» che «subiscono la violenza inaudita della discriminazione e della morte solo perché portano il nome cristiano».
Gian Guido Vecchi
QUELLE INDULGENZE NELLA TRADIZIONE DEI PAPI MEDIEVALI –
Insieme alle tante novità il Giubileo di Bergoglio ripropone anche l’elemento più tradizionale dei giubilei, quello delle indulgenze. Lo fa in poche righe, senza alcun accenno alle modalità di acquisto dell’indulgenza (confessione, comunione, pellegrinaggio, altri atti di pietà, elemosine…) e si deve forse prevedere l’arrivo di un’istruzione su quelle modalità. Il linguaggio usato da Francesco è sobrio e guardingo, forse per evitare parole che potrebbero provocare polemiche da parte del mondo evangelico: le «tesi» di Lutero sulle indulgenze (1517) furono all’origine della Riforma protestante. «Vivere l’indulgenza nell’Anno Santo — scrive Bergoglio — significa accostarsi alla misericordia del Padre con la certezza che il suo perdono si estende su tutta la vita del credente». E ancora: «Indulgenza è sperimentare la santità della Chiesa che partecipa a tutti i benefici della redenzione di Cristo». Forse Francesco ha in mente una revisione della dottrina e della prassi delle indulgenze, che hanno avuto grande risalto nella storia del Papato. Esse hanno avuto i promotori in Alessandro II (in alto a sinistra) , che nel 1063 concesse l’ «indulgenza plenaria» (cioè una piena remissione della penitenza conseguente al peccato) a chi partecipava alla crociata contro i mori di Spagna; e in Bonifacio VIII (in alto a destra) , che nel 1300 la concesse ai pellegrini del primo Anno Santo.
Luigi Accattoli