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 2015  aprile 12 Domenica calendario

FRATELLI MUSULMANI, A MORTE IL LEADER

Quattordici condanne a morte. Questa la sentenza d’appello comminata dal tribunale penale del Cairo alla dirigenza dei Fratelli musulmani, fra cui il leader del movimento, Mohamed Badie. A queste condanne si aggiungono 36 ergastoli ad altrettanti componenti della Fratellanza. Lo ha deciso Mohamed Nagy Shehata, il giudice noto per le dure condanne inflitte a chiunque si ponga in maniera critica nei confronti del governo. È il giudice reso famoso anche per il verdetto dello scorso anno contro tre giornalisti della televisione satellitare Al Jazeera English, accusati di cospirare con i Fratelli musulmani nel diffondere false notizie.
PADRE E FIGLIO Fra i condannati ci sono anche Salah Soltan, alto dirigente del movimento arrestato nel settembre 2013 mentre tentava di scappare in Sudan, e suo figlio Mohammed, cittadino egiziano-americano in sciopero della fame e in gravi condizioni di salute. In un comunicato l’ambasciata statunitense al Cairo si è detta «profondamente preoccupata» dall’esito del processo che ha visto condannare anche un suo cittadino: «Continueremo a seguire il suo caso da vicino e a fornirgli tutto il supporto possibile. La sua salute rimane una priorità per noi».
IL PRESIDENTE DEPOSTOLa sentenza però non è definitiva ed è appellabile in Cassazione. Mohammad Badie e altri coimputati hanno già subìto altre condanne, che fanno tutte riferimento, compreso quest’ultima, alle proteste scatenatesi nel Paese dopo la deposizione, manu militari, del legittimo presidente Mohammed Morsi, il 3 luglio 2013. L’impianto accusatorio è sempre il medesimo, ovvero aver tentato di provocare il caos nel Paese dopo la sanguinosa repressione delle manifestazioni dell’agosto 2013 in due piazze del Cairo, fra cui quella di Rabaa al-Adawiya.
IN CONTUMACIANessuno degli imputati era presente in aula quando il giudice ha letto la sentenza. La condanna è arrivata dopo il parere del Gran Mufti d’Egitto Shawky Allam che ha vagliato, insieme a un collegio di esperti, le prove portate a carico degli accusati e ha fornito un parere di congruità in base al diritto islamico. Il Gran Mufti poteva anche esprimere parere negativo, cosa che però si è verificata raramente nel corso della storia. Mohamed Abdel-Mawgod, uno degli avvocati della difesa, ha criticato il verdetto: «La corte non ha fatto nessuna differenza tra gli accusati applicando a tutti lo stesso trattamento».
I condannati sono solo la punta di diamante fra le migliaia di persone, legate alla Fratellanza musulmana e detenute dal 2013, tutte arrestate nella violenta repressione che ha messo a tacere ogni forma di critica nei confronti dell’attuale presidente, il generale Abdel Fattah al-Sisi. La Fratellanza musulmana, fondata nel 1928 da Hassan al-Banna e incentrata inizialmente sull’educazione e sulle attività caritatevoli, nel corso dei decenni ha avuto rapporti controversi con il potere costituito, soprattutto alla fine del periodo monarchico e nei primi anni della Repubblica (1952) creata dopo il colpo di stato dei Liberi Ufficiali del generale Muhammad Naguib e del colonnello Gamal Abd al-Nasser.
Nel 1954 viene nuovamente messa fuorilegge dopo il tentativo di uccidere Nasser. Nel 1970 il presidente Anwar Sadat libera molti Fratelli dando loro inizialmente spazi di movimento, sebbene l’organizzazione rimanga illegale. Dopo il 1979 e l’assassinio di Sadat nel 1981 ancora nuove pesanti repressioni nell’era Mubarak nel tentativo di fermare la loro avanzata in parlamento e nella società. Dopo la caduta del Rais, la svolta e la vittoria alle elezioni del 2011-2012. Poi il colpo di stato dei militari e la nuova messa al bando del movimento.