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 2015  aprile 13 Lunedì calendario

SE GLI ITALIANI COMPRANO GLI STRANIERI SONO TRANQUILLI

La capacità di diversificare le fonti di raccolta e di poter contare su un’ampia base di investitori, anche domestici, sottoscrittori nelle aste dei titoli di Stato, per un Paese ultra-indebitato come l’Italia, è uno dei fattori chiave che concorrono alla valutazione del rischio sovrano. Per questo al BTp Italia può essere riconosciuto un ruolo determinante per il Paese, una sorta di “salva-Italia” soprattutto agli occhi dei severi mercati internazionali e nei confronti delle ancor più severe agenzie di rating. Il BTp Italia è stato il primo titolo di Stato indicizzato all’inflazione italiana, il primo a essere collocato alla pari, il primo acquistabile da casa via online tramite l’home banking già in asta e il primo a riconoscere un premio di fedeltà al risparmiatore (persona fisica) che lo acquista in asta e lo detiene fino a scadenza: è stato concepito e collocato per il retail nel 2012 quando il rischio-Italia era finito, per la seconda volta, nel vortice della crisi europea dei debiti sovrani.
Prima dello scoppio della Grande crisi - iniziata con i mutui americani subprime nel 2007 - la quota dei titoli di Stato italiani detenuta dagli investitori esteri aveva superato il 50% sul totale dello stock: qualcosa come 700-800 miliardi nelle mani dei non-residenti. Gli acquisti da parte degli investitori esteri dei BTp schizzarono alle stelle negli anni dell’euroconvergenza, quando l’Italia entrò nell’Unione monetaria aderendo alla creazione dell’euro rinunciando alla lira: a parità di rischio-Stato, con l’Italia che all’epoca fu allineata alla Germania in fatto di affidabilità creditizia, lo spread pagato dai titoli di Stato italiani sopra i titoli tedeschi divenne una ghiotta opportunità di guadagno per gli stranieri. Lo spread si ridusse velocemente a una manciata di centesimi e la quota del debito pubblico italiano in mano agli investitori esteri superò l’asticella del 50 per cento.
La crisi recente del debito sovrano nell’Eurozona, con una buona dose di contagio sull’Italia per colpa dei guai di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, scatenò le vendite di BTp di questi stessi investitori esteri, tra il 2011 e il 2012: il non-residente è il primo a entrare nel panico monitorando i declassamenti di rating e l’impennata dello spread, e perde rapidamente fiducia sulla capacità di uno Stato (non il proprio) di rimborsare il debito. Come ricordato da Maria Cannata nell’intervista in questa pagina, la presenza diretta del retail domestico sul debito pubblico italiano rimane alta se confrontata con gli altri Paesi europei, «ma certamente nel 2012 uno degli obiettivi per il lancio del BTp Italia è stato quello di allargare ulteriormente questa presenza, offrendo qualcosa che prima non esisteva». Il BTp Italia è stato lanciato per la prima volta nel marzo 2012, con lo scopo di «innovare l’offerta per soddisfare al meglio le esigenze dei piccoli risparmiatori italiani». E dimostrare ai mercati e alle agenzie di rating che l’Italia aveva, tra le altre cose, la grande risorsa del risparmio degli italiani per rifinanziare il debito. Non a caso, l’agenzia di rating Dbrs ha menzionato la capacità del Tesoro italiano di diversificare le fonti di raccolta in casa tra i punti di forza che hanno portato alla modifica da “negativo” a “stabile” del trend, la prospettiva del rating dell’Italia. Ora gli investitori esteri sono tornati a comprare i BTp e vorrebbero fare incetta del BTp Italia: andranno a riparto.