Carlo Fruttero, La Stampa 12/4/2015, 12 aprile 2015
Aspettando Godot Un grande western In un prato di periferia due vecchi straccioni aspettano un certo signor Godot che ha promesso loro un lavoro
Aspettando Godot Un grande western In un prato di periferia due vecchi straccioni aspettano un certo signor Godot che ha promesso loro un lavoro. Vivono insieme da anni e non hanno più niente da dirsi. Fanno di tutto per cercare di tenere in piedi un minimo di conversazione. Fingono di litigare, di insultarsi, pensano di suicidarsi impiccandosi a un albero lì vicino, parlano di Cristo e del Vangelo, sbadati e approssimativi, come tutti poi siamo nella vita. Arriva un signore benestante con un servo al guinzaglio, ma non è Godot, e un certo Pozzo, che intrattiene i due con le chiacchiere del suo servo demente. Se ne va e poco dopo arriva un giovinetto inviato da Godot, che non può venire stasera, ma verrà certamente domani. Nel secondo atto tutto si ripete quasi identico, compreso, il giovinetto – forse un angelo –, che di nuovo rimanda all’indomani l’incontro. La commedia ebbe subito enorme successo (in un teatrino di Parigi da duecento posti) e mise ovviamente in moto la giostra delle interpretazioni. Un’allegoria, certo, ma chi era Godot? Chi erano i mendicanti? Cosa significava Pozzo? L’autore, un irlandese trapiantato a Parigi, non disse mai la sua. Era un uomo austero e riservatissimo. Il suo regista e attore Roger Blanc raccontò che, dopo aver scritto le opere successive, Beckett considerava Godot non più di un western.