Marcello Giordani, La Stampa 12/4/2015, 12 aprile 2015
Quel ponte dei sospiri che a Orta fa litigare monache e ambientalisti Boom di vocazioni da tutto il mondo le suore devono unire due antichi edifici Marcello Giordani Da una parte le suore
Quel ponte dei sospiri che a Orta fa litigare monache e ambientalisti Boom di vocazioni da tutto il mondo le suore devono unire due antichi edifici Marcello Giordani Da una parte le suore. Dall’altra gli ambientalisti. Se non è una guerra, poco ci manca. A turbare la quiete dell’Isola di San Giulio, perla del lago d’Orta, è bastata una passerella, contestata perché introdurrebbe un elemento moderno, estraneo all’ambiente medioevale, «una nota stonata in un ambiente perfetto». Un ponticello di acciaio e vetro, 5 metri o poco più, che le monache benedettine dell’abbazia «Mater Ecclesiae» stanno costruendo per collegare il convento a un edificio che sta dall’altra parte dell’unica stradina, la «via del silenzio». Il successo del convento L’attivismo edilizio è presto spiegato: il numero delle religiose è in crescita, il monastero ha bisogno di spazi e per difendere la clausura è necessario passare lontano dagli occhi dei turisti. È successo tutto in pochi decenni. Nel 1973 l’edificio, antica residenza estiva del vescovo di Novara, era in rovina. Oggi ospita ottanta monache ed è diventato un centro mondiale di spiritualità e arte. Anche l’annesso laboratorio di restauro è un punto di riferimento internazionale: università e musei chiedono ogni giorno alle monache di salvare un arazzo fiammingo, un velo da calice settecentesco o il manto prezioso di una statua medioevale. Tutto merito di Madre Anna Maria Canopi, 84 anni, badessa e fondatrice del monastero insieme a cinque consorelle, una delle voci femminili più potenti della Chiesa. Oggi sull’isola arrivano teologi, studiosi e artisti. Le ragioni delle suore «Quando hanno proposto la passerella al Comune - dice Cesare Natale, ingegnere, sindaco fino al 2014, alla guida dell’amministrazione che ha approvato il progetto - ci siamo accorti che rispondeva a una necessità oggettiva. È una struttura in sintonia con l’isola, dove ci sono altri due ponti di questo genere. Ed è il minimo che gli ortesi possano fare per le suore, che l’isola l’hanno salvata». Le monache, aggiunge suor Maria Grazia, priora del monastero, hanno agito secondo le regole: «Abbiamo presentato un progetto che ha ottenuto l’approvazione delle Soprintendenze e del Consiglio comunale. Ci accusano di deturpare l’ambiente dell’isola, ma siamo noi le prime ad averne cura». Gli ambientalisti Non la pensano così i mille e 363 firmatari della petizione contro la passerella che adesso è stata inviata anche al ministro Franceschini perché blocchi il progetto. Fra loro c’è lo storico Cesare Bermani, che vive a Orta proprio di fronte all’isola: «Questa passerella non ha niente a che fare con l’ambiente di San Giulio; noi abbiamo proposto una soluzione alternativa, un piccolo tunnel del costo di 40 mila euro». Mentre a Orta imperversa la polemica le suore continuano ad applicare il motto benedettino, «Ora et labora», e puntano a fare il bis: per aprire il laboratorio di restauro dei tessuti, nel 1984, le benedettine avrebbero dovuto conseguire una certificazione professionale, frequentare un corso a Torino e superare un test. Anche allora c’era in gioco la clausura. Madre Canopi vinse la battaglia contro la burocrazia e il corso fu tenuto all’isola, al convento. Oggi c’è di mezzo una passerella, che a Orta hanno già battezzato il «ponte dei sospiri»: «Scommettiamo - dice l’ex sindaco Natale - che quando sarà realizzato diventerà parte delle attrazioni dell’isola, un pò come i ponti veneziani?». LORENZO MONDO Pro e contro le suore di Orta Lorenzo Mondo Ferve ad Orta, la cittadina adagiata sull’omonimo lago, la polemica intorno alla costruzione del «ponte delle suore» nell’isola di San Giulio. Ponte, per la verità, è parola grossa, si tratta infatti di poco più d’una passerella. È andata così. Le suore benedettine, che occupano l’antico convento, desiderano ottenere un passaggio protetto a un’abitazione, di recente acquisita, scavalcando la stradina che separa le due proprietà. Questo, in forza della clausura a cui sono tenute dalla loro regola. Il Consiglio comunale ha approvato a maggioranza il progetto, e così la Sovrintendenza. Ma, in vista dell’esecuzione, ha ripreso foga la protesta degli ambientalisti, per bocca di Italia nostra e della locale «Associazione Ernesto Ragazzoni», che si appellano in ultima istanza al ministro Franceschini. Forti delle 1633 firme raccolte nel circondario. Ragazzoni, lo scanzonato poeta di Orta, ci sarebbe andato a nozze, tra commozione e ironia, con questa storia. Mentre Italia nostra denuncia «uno sfregio all’ambiente solo per permettere alle suore di spostarsi più comodamente». È una osservazione stonata, che si direbbe dettata da un obsoleto laicismo e contrasta con la stima diffusa (che non ha bisogno di firme) di cui godono le monache di San Giulio. Dal piccolo nucleo arrivato nel 1973 hanno raggiunto il numero di 78, in netta controtendenza rispetto al declino di altre congregazioni religiose. Colte e avvedute, sotto la guida di Anna Maria Canòpi, studiosa affermata, si sono specializzate nel restauro di antichi tessuti e paramenti sacri. Sarebbe strano che tanta finezza si mostrasse poco sollecita dell’integrità architettonica dell’isola. Che, quasi imbalsamata nella sua bellezza, con il loro insediamento ha ripreso vita. Questo per dire che le attuali polemiche toccano un tasto delicato. Ora, si presume che il ponte, non essendo deputato alla sfilata di armigeri, dovrebbe essere leggero, magari precario. I contestatori denunciano l’impiego di materiali incongrui come ferro e vetro. E potrebbero avere, nel caso, qualche ragione. (Sarebbe meglio il semplice legno, deperibile e facilmente ricomponibile). Ma la proposta di sostituire il ponte con la profondità di un tunnel risulterebbe più invasiva, e definitiva. Certo non ha senso lo sfatto lirismo di certi messaggi su Internet che lamentano il magico cielo di San Giulio oscurato del ponte delle monache. Un giudizio definitivo sulla vicenda va pronunciato ovviamente a bocce ferme. L’isola rappresenta un contesto mirabile che va protetto dalle incaute manomissioni ma anche sottratto alle disfide di un ambientalismo che ama misurarsi con i mulini a vento. In una Italia che conosce ben altri sfaceli...