Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/4/2015, 11 aprile 2015
PERISCOPIO
Dopo la strage di Milano, stabilita una regola nella gare tra Isis e Al-Qaeda: gli attentati in Italia non fanno punteggio. Il Rompispread. MF.
Quando Renzi dice che De Gennaro non si tocca, De Gennaro non sta sereno. Jena. la Stampa.
Con la tessera Pd, sconto del 50% per entrare all’Expo: «Ok, fammene due». Spinoza.
Le monetine che tirarono addosso a Bettino Craxi il 30 aprile 1993 a Roma, davanti all’hotel Raphael, furono la colonna sonora di un’esecuzione: Bettino Craxi era l’uomo più odiato d’Italia. Lui che non molti anni prima, nel 1984, dopo la firma del Concordato con la Chiesa, all’apice della presidenza socialista veniva acclamato come il nuovo uomo della Provvidenza. Antonio Padellaro. Il Fatto.
Negli ultimi decenni, cinema, televisione e internet si sono diffusi anche a livello capillare, popolare, e hanno incominciato a fare presa sui giovani e soprattutto sulle giovani donne. Questa influenza è stata sentita dall’Islam conservatore come un pericolo gravissimo, un veleno capace di scardinare la società islamica. Da qui è nata, anche a livello intellettuale una fortissima reazione culturale antioccidentale, antieuropea. In molti paesi e stata imposta una vera e propria re-islamizzazione. La cosiddetta «primavera araba», interpretata dagli occidentali come una domanda di democrazia, è stata, in realtà, una primavera islamica. Nelle elezioni tenute in Egitto, in Libia e in Tunisia hanno vinto gli integralisti, la Turchia ha cessato di essere uno stato laico, è sorto l’Isis dove è stato proclamato il califfato. Francesco Alberoni. Il Giornale.
Ci vuole del genio per trasformare la bandana berlusconiana in un vessillo libertario e libertino e per vedere nel renziano «largo ai giovani e bando ai tromboni» un «programma civile». All’orrore della prima si aggiunge il sospetto che si possa essere giovani e tromboni al tempo stesso. Stenio Solinas. Il Foglio.
Il contropotere è un potere come gli altri, solo che non osa dire il suo nome, si maschera in modo compiacente e grossolano, argomenta cose anche legittime ma le pone sotto lo scudo protettivo di una nozione primitiva e farlocca di libertà; infatti questo contropotere si è associato stabilmente in Italia, da oltre vent’anni, con l’iniziativa codina dei magistrati d’assalto, dei manettari militanti, quelli del repulisti, quelle falangi della destra effettiva, antigarantista, antigiuridica, che hanno fatto strame del diritto e della tolleranza portando le campagne anticorruzione e anticasta a vette di odio teologico. Giuliano Ferrara, The Royal Baby. Rizzoli.
Di Roberto Speranza , capogruppo del Pd alla Camera, si potrebbe dire quel che Fortebraccio scriveva di Forlani: se qualcuno non avesse avuto l’ardire di offrirglielo fritto al ristorante, non avrebbe mai avuto contezza dell’esistenza del cervello. L’assenza di Speranza,però, è più radicale di quella dell’Arnaldo: manca di tutto, anche se va riconosciuto che non se ne fa un cruccio. «Non entrare mai nel merito», è l’unico consiglio, ci dicono, affidatogli dal suo mentore al momento dello sbarco a Roma e così s’è sempre brillantemente regolato. Marco Palombi. Il Fatto.
Colui che entrò nell’Accademia di Francia non è Alain, è Alain Finkielkraut. Questo nome porta, con me, tutti i miei: i miei genitori, i miei nonni, che non ho conosciuto, i miei avi più lontani. E non è fierezza quella che provo oggi, è il benessere di renderli probabilmente felici e, in ogni caso, di rendere loro omaggio. Alain Finkielkraut, filosofo, neo-ammesso all’Acadèmie de France. le Figaro.
Il volo da Barcellona é leggermente in ritardo, i ragazzi avvertono casa: mamma, arrivo mezz’ora dopo, mi raccomando vienimi a prendere. Passa al gate, l’ equipaggio, le hostess e i piloti. Uno maturo e uno giovane, quasi un ragazzo. Nessuno lo guarda, nessuno ci fa caso. E ora l’ altoparlante chiama, la luce lampeggia, si imbarca. «Buon viaggio», sorride la hostess. Corre, l’ airbus, ora, corre sulla pista del Prat, sempre più veloce. Si stacca dall’ asfalto, vira ampio e sicuro verso la sua rotta. Chi aveva paura, si rilassa. Qualcuno guarda giù al mare che si allontana, qualcuno mette gli auricolari, qualcuno, stanco, s’addormenta. Le facce chiare da giovani nordici nel sonno ancora quasi infantili. Poi, è un attimo: la banalità del volo interrotta dalle urla dalla cabina. Grida forte una voce di uomo. E poi colpi violenti, disperati, sulla porta di acciaio. Aprono gli occhi, quelli che dormivano: dall’oblò, l’aereo appare troppo basso in quota, e le montagne, minacciosamente vicine. Una ragazza urla per prima, poi anche gli altri capiscono. Quanto? Un minuto forse, forse meno, ma quanto atrocemente lungo, quanto infinito. Il cuore si inabissa in un tuffo, e ancora non ci si crede, no, a sedici anni, non può essere vero. Mamma, papà, i nomi cari martellano il pensiero. Scoprire all’ ultimo istante quanto bene vuoi, a quelli con cui certi giorni non parli nemmeno. Dio, Dio, è l’ altro nome che preme, Dio, se ci sei, ti prego. Atroce, lo schianto, i rottami che ruzzolano sulle rocce, e infine un assoluto silenzio. Dormite in pace, ragazzi, biondi e tedeschi, eppure così uguali ai nostri figli. Marina Corradi. Tempi.it
Malaparte non diceva mai quel che pensava. Diceva quel che gli faceva comodo (o che pensava gli facesse comodo) in quel particolare momento: diresse La Stampa dandosi arie da campione del proletariato sabaudo, finì al confino (un confino, nel suo caso, molto simbolico) per aver mancato di rispetto al ras Italo Balbo (pensava di compiacere il Dux) e scagionò il sicario Amerigo Dumini, testimoniando il falso, al processo per l’assassinio di Giacomo Matteotti. Diego Gabutti. Sette.
Nel racconto La solita zuppa, compreso nella raccolta L’arte di amare, Luciano Bianciardi immagina un mondo invertito dove il tabù è il cibo; e il sesso si pratica liberamente. Antonio Armano. il Fatto.
Francesca Archibugi non lo dice, la prima regola non scritta è: mai lamentarsi, la seconda è: lavorare sodo, la terza: non farne mai una questione femminile. Francesca Archibugi (Annalena Benini). Il Foglio.
Mi guardo intorno. Il refettorio dell’ospizio per vecchi che puzza disinfettante, mi sembra già un’anticamera d’oltretomba. Walter Siti, Exit strategy. Rizzoli.
Il passato mi fa sognare; il presente sperare; il futuro temere. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/4/2015