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 2015  aprile 11 Sabato calendario

I JEANS GAUDÌ E IL CARPI CALCIO, I DUE MIRACOLI DI STEFANO BONACINI

Dal fashion al Gotha del calcio italiano. Ha creato un marchio, Gaudì, e lo ha portato al successo. Poi ha preso la presidenza del Carpi, su cui neppure lo scommettitore più ardito avrebbe puntato un euro, e lo sta portando in serie A. Stefano Bonacini il prossimo campionato si siederà allo stadio accanto a Silvio Berlusconi (se nel frattempo non avrà venduto il Milan ai cinesi), John Elkann, Diego Della Valle, Urbano Cairo.
Non solo; in questa storia di provincia c’è anche un po’ di competizione campanilistica emiliana, anzi modenese. Qualche anno fa il presidente di Confindustria, Sergio Squinzi, a capo del gruppo Mapei, ha acquisito la proprietà del Sassuolo (41 mila abitanti) e tra la sorpresa generale l’ha portato in serie A. Ora Bonacini, deus-ex-machina di Gaudì, risponde col Carpi (71 mila abitanti). Entrambi assicurano: «Abbiamo trasferito nel calcio le buone regole dell’industria». Ma Bonacini aggiunge: «La squadra è frutto della programmazione e di una strategia societaria che impone regole durissime. Non inseguiamo giocatori di nome e puntiamo su uno stereotipo di calciatore diverso da quelli delle altre società. Cerchiamo giovani bravi, uomini di categorie inferiori che abbiano voglia di sfondare e di sposare la nostra filosofia, che, ripeto, sta in due parole: sacrificio e lavoro». Sei anni fa il Carpi giocava nei dilettanti. Nel 2011 è arrivato Bonacini e quest’anno ha portato la squadra ai vertici della serie B con un campionato trionfale: ha speso 100 mila euro per fare una squadra che ora è valutata 17 milioni. Non è un caso. Il distretto di Carpi continua a sfornare abbigliamento e marchi, nonostante la Cina e l’Asia producano a costi cento volte inferiori. Qualche azienda ha chiuso (in regione anche marchi importanti: Mariella Burani, Omsa, Valleverde e Germano Zama) ma il distretto, che pure ha registrato un calo degli addetti (-44% in cinque anni), ha tenuto e rilanciato. Come ha fatto Bonacini: cinquant’anni, un tempo rappresentante di abbigliamento, prima di lanciare, nel 1995, la sfida alla crisi del comparto. Si mise in società con l’amico Roberto Marani e fondò Gaudì. «Avevamo solo un piccolo magazzino», ricorda Bonacini, «e un furgone usato, dismesso dalle Poste; aveva ancora la scritta Pt sulla fiancata». Dapprima il lavoro per conto terzi, poi il lancio del marchio. «Un po’ ci sentivamo pronti e un po’ siamo stati costretti: i grandi gruppi cominciavano a fare approvvigionamenti in Cina, visti i costi bassissimi. Non potevamo stare più in quel tipo di business». Vent’anni dopo, cioè oggi, Gaudì Trade ha superato i 50 milioni di fatturato, ha 40 punti vendita in Italia, 19 all’estero, dove sono previste altre aperture. Il tutto con tanto ottimismo. «Il nostro distretto», dice Bonacini, «sarà strategico per parecchi anni». Sul distretto di Carpi, che fattura 1,4 miliardi, puntano anche quattro aziende che potrebbero a breve quotarsi: Twin-Set, Blumarine, Liu Jo e Antress. Tra l’altro, Blumarine, concorrente di Gaudì, è main sponsor del Carpi Calcio. Un ulteriore aspetto singolare è che c’è un altro imprenditore carpigiano che ha investito nel calcio: Maurizio Setti, a capo di Antress Industry (tra i brand: Manila Grace ed E-Gò) e presidente dell’Hellas Verona, che milita in serie A e quindi il prossimo campionato si scontrerà proprio col Carpi del collega imprenditore Bonacini. Gaudì sviluppa due collezioni uomo-donna, due collezioni jeans uomo-donna, una collezione per ragazzi e una linea di accessori. Vende oltre 2 milioni di capi l’anno ed è a un passo dal raggiungimento di un obiettivo che fino a poco tempo fa sembrava troppo ambizioso: superare il 40% di export. Dopo l’Europa i principali Paesi di sbocco sono Cina, Emirati Arabi, Vietnam e Giappone. Entro il 2022 il programma di sviluppo prevede l’apertura di 90 store monomarca in Cina, mercato in cui oggi Gaudì conta sei negozi (oltre a quelli plurimarca). Bonacini usa poco internet («preferisco una telefonata a una twittata») ed è allergico alla burocrazia: «In Italia c’è troppa burocrazia, troppi lacci e lacciuoli. Qui ormai sei soffocato, spunta un problema dietro l’altro. Potessi mettere le ruote alla mia azienda e tenerne i 140 dipendenti, la sposterei subito all’estero». Ad alleviargli le sofferenze della burocrazia c’è il calcio: Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio e Fiorentina la prossima stagione dovranno vedersela con lui e con il suo piccolo grande Carpi.
MilanoFinanza 11/4/2015