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 2015  aprile 11 Sabato calendario

PIÙ CONTANTI, PER FAVORE

Iin pole position per la lotta al contante, l’Italia arriva ultima in Europa per efficacia contro l’economia sommersa. Con in più l’effetto collaterale di mettere in affanno pezzi pregiati del made in Italy. La Penisola è infatti l’unico Paese europeo ad avere abbassato fino a 999,99 euro il tetto ammesso per l’utilizzo del denaro contante (con un decreto varato nel 2011), senza che questa mossa abbia portato significativi vantaggi nella lotta all’evasione o al riciclaggio.
Anzi nella Ue, dove le limitazioni all’uso delle banconote sono un’eccezione, spiccano per la bassissima percentuale di economia sommersa sul totale del pil proprio alcuni grandi Paesi che non prevedono alcun tetto ai contanti, come la Gran Bretagna, la Germania, la Svezia e molti altri. E anche quando sono presenti limiti, come per Francia, Grecia, Spagna o Belgio, questi sono meno pesanti rispetto a quelli italiani e vanno dai 1.500 ai 3 mila euro. Fa eccezione il Portogallo che si colloca praticamente sullo stesso livello dell’Italia con il limite fissato a 1.000 euro (vedere tabella in pagina).
Ma a guardare all’incidenza dell’economia sommersa sul totale del pil, al 21% per l’Italia e al 19% per il Portogallo, non pare che questa misura sia troppo adatta a contrastare l’evasione fiscale. E anche per la lotta al riciclaggio, altra ragione alla base dell’introduzione del tetto di 1.000 euro al contante, non sembra che la scommessa possa dirsi vinta: «È facilmente dimostrabile che il limite dell’utilizzo del contante a 999,99 euro non è utile per combattere né l’evasione né il riciclaggio», taglia corto Ranieri Razzante, docente di legislazione antiriciclaggio all’università di Bologna e consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Di contro, la misura sembra efficacissima nell’allontanare i clienti, italiani e stranieri, dai negozi di lusso e non solo. Non meraviglia, quindi, che il governo guidato da Matteo Renzi abbia deciso di affrontare la questione con l’obiettivo di rialzare la soglia a 3 mila euro. Ad assicurarlo è stato lo stesso premier, alla fine dello scorso febbraio, subordinando però l’intervento all’avanzamento della delega fiscale: «Quando avremo sistemato con i decreti fiscali la fatturazione elettronica, potremo riportare i limiti del contante a livello europeo: da 1.000 a 3.000 euro». E ormai dovremmo esserci, visto che, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, la gran parte dei tanto attesi decreti attuativi della delega, compreso quello sulla fatturazione elettronica, dovrebbero essere portati in Consiglio dei ministri nelle prossime settimane e comunque entro il mese di aprile. A quel punto il dossier contanti potrebbe essere effettivamente aperto, visto che, assicurano fonti governative, la questione non è ancora in agenda.
D’altronde, già con il governo guidato da Enrico Letta, c’era stato un tentativo di mettere mano alla questione, con un disegno di legge messo a punto dagli uffici del ministero dello Sviluppo, che però non vide mai la luce a causa, pare, della contrarietà proprio dell’allora premier. E che ci sia un’ala del Partito Democratico ostile a un intervento di questo genere, e anzi semmai favorevole a un ulteriore abbassamento del limite, è cosa risaputa. Forse anche per questo Renzi si è premurato di subordinare l’innalzamento a 3 mila euro per l’utilizzo delle banconote alla approvazione dei decreti fiscali, che proprio grazie alla tracciabilità telematica dovrebbero dare maggiori strumenti per la lotta all’evasione fiscale.
Ipotizzare la tempistica di un eventuale provvedimento in materia sarebbe azzardato, ma è certo che anche questa misura potrebbe essere un altro piccolo aiuto alla ripresa, che Renzi intende favore il più possibile.
In particolare il comparto della moda e dei preziosi è stato fortemente penalizzato dalla norma sul tetto ai contanti e potrebbe trarre giovamento da una sua revisione. A dimostrare di quanto la limitazione abbia penalizzato l’alto di gamma, c’è anche un recente studio realizzato da Format Research per Federpreziosi Confcommercio, in collaborazione con Assocoral, Fiera di Vicenza e Assorologi. La ricerca, condotta su un panel di 400 negozi di orologi e gioiellerie, evidenzia un calo significativo dei ricavi nel biennio 2013-2014, mediamente intorno al 26%. E se al primo posto tra le ragioni di questa contrazione c’è la crisi economica, al secondo si piazza proprio la norma sull’utilizzo del contante, indicata come una causa del restringimento del giro d’affari dal 21% degli intervistati. E se questo vale per le gioiellerie, per il settore degli orologi l’obbligo di comunicazione alla Agenzia delle Entrate di tutti gli acquisti sopra i 3.600 euro, è addirittura al primo posto tra le cause di riduzione dei ricavi, prima ancora della crisi economica. Non solo, gli operatori di settore sottolineano che a diminuire è stata sia la clientela storica che quella occasionale e la cosa ha riguardato sia gli italiani che gli stranieri, e tra questi ultimi, in particolare i russi. Anche questo dato non stupisce troppo, perché da tempo i commercianti, anche nel settore dell’alta moda, denunciano come le norme sul contante spingano spesso i turisti stranieri più facoltosi (che se extracomunitari possono comunque spendere fino a 15 mila euro) a fare i loro acquisti in altri Paesi, magari vicini come la Svizzera, dove questi vincoli semplicemente non ci sono. La ricerca quantifica poi anche i possibili guadagni che verrebbero alle aziende del comparto dei preziosi se questi lacciuoli fossero eliminati: il giro d’affari tornerebbe ad ampliarsi di almeno il 13% se il tetto fosse portato a 2.500 euro, del 16% con l’ipotesi dei 3 mila euro, e addirittura del 21% (vedere tabella in pagina) se la soglia fosse completamente eliminata.
Così come l’abolizione dell’obbligo di segnalazione alle Entrate, che peraltro non è previsto negli altri Paesi Ue, potrebbe portare, secondo gli intervistati, a ricavi più robusti in media del 22% (vedere altra tabella in pagina). «Abbiamo già strumenti ottimi per combattere l’evasione fiscale, senza bisogno di misure come l’obbligo di comunicazione, che è poco efficace e finisce solo per ingorgare di informazioni l’Agenzia delle Entrate, che ne ha già a disposizione a sufficienza», commenta dal canto suo l’esperto di antiriciclaggio. Insomma al momento pare proprio che così com’è congegnato, l’ incastro di misure sull’utilizzo dei contanti (soglia a mille euro per residenti e cittadini europei e a 15 mila euro per gli extra Ue, più obbligo di segnalazione) non sia utile ai fini per i quali era stato introdotto. «Il riciclaggio e la grande evasione non si fanno con i contanti. E poi oggi le carte di credito sono molto più utilizzate per riciclare il denaro sporco rispetto alle banconote. Stiamo demonizzando il contante, ma la mafia non va a fare la spesa al supermercato, la mafia lo compra il supermercato», rincara Razzante. Infine, l’esperto di antiriciclaggio vede positivamente ipotesi di portare il tetto a 3 mila euro: «È una soglia media nella Ue e se da un lato non inonda di liquidità difficile da controllare, dall’altro consente alle persone normali che vanno a fare un acquisto un po’ più impegnativo di non sentirsi trattate come dei potenziali delinquenti».
Luisa Leone, MilanoFinanza 11/4/2015