Mara Monti, Il Sole 24 Ore 11/4/2015, 11 aprile 2015
CRACK CIRIO, CONDANNE CONFERMATE IN APPELLO
Milano
Una vicenda dimenticata e che torna a rivivere nelle aule di un Tribunale. E’ quella della bancarotta Cirio da 1,125 miliardi di euro e del suo ex patron Sergio Cragnotti tornato agli onori delle cronache dopo la conferma della condanna di primo grado da parte della Corte di Appello di Roma. Il crack Cirio risale al 2003 coinvolgendo decine di migliaia di risparmiatori. Secondo i giudici che ieri hanno depositato il dispositivo della sentenza, all’ex raider della finanza sono stati inflitti 8 anni e 8 mesi ridotti dai 9 anni della sentenza di primo grado. Accanto all’imprenditore, anche il banchiere ed ex presidente dell’allora Banca di Roma Cesare Geronzi a cui i giudici hanno confermato la condanna a 4 anni.
Per altri imputati pene ridotte, in particolare al figlio di Cragnotti Andrea ( 2 anni e 4 mesi). Il genero dell’imprenditore Filippo Fucile a 3 anni 10 mesi mentre sono state dichiarate prescritte le accuse per gli altri due figli di Cragnotti, Massimo ed Elisabetta, che in primo grado avevano avuto 3 anni ciascuno. Altre condanne anche se minori rispetto a quelle di primo grado quelle degli ex funzionari dell’allora Banca di Roma, Ettore Quadrani, a Piero Locati e Antonio Nottola. Locati e Nottola hanno avuto 2 anni ciascuno mentre Quadrani 3 anni e 4 mesi mentre è stato assolto Michele Casella. Confermate le assoluzioni decise in primo grado per altri 13 imputati. Tra questi l’ex ad della Banca Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani «per non avere commesso il fatto» e per la moglie di Cragnotti, Flora. Assoluzione con formula piena anche per Franco Scornaienchi, Gianluca Marini e Annunziato Scordo, di fatto l’ex collegio sindacale di Cirio Holding, che in primo grado erano stati condannati a tre anni di reclusione.
La sentenza della corte di appello di Roma, oltre alla conferma delle condanne dei principali imputati, ha confermato anche 13 assoluzioni, come quella dell’avvocato Riccardo Bianchini Riccardi, uno dei consulenti legali del gruppo. Il suo avvocato Cataldo Intrieri, commentando la sentenza ha detto che «Riccardi, coinvolto in tre diversi procedimenti e ben quattro processi, è sempre stato assolto con ampia formula». Di altro tenore gli avvocati di Sergio Cragnotti secondo i quali «l’impianto accusatorio è suggestivo, ma poco credibile. Una persona, Sergio Cragnotti, secondo la Procura dovrebbe mettere a segno una serie di bancarotte e coinvolgere tutta la famiglia nella gestione delle società. Non si è mai visto. Cercheremo di ottenere ragione in Cassazione». Contattati gli avvocati di Geronzi non hanno risposto.
La bancarotta della Cirio arrivò pochi mesi prima rispetto a quella della Parmalat, ma nei processi di primo grado Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti vennero condannati entrambi nel 2011. Con la differenza che la sentenza definitiva della Cassazione per l’ex patron di Collecchio è arrivata nel marzo 2014 condannando Tanzi a 17 anni e 5 mesi. I due gruppi saltano perché le banche non fornirono nuovi finanziamenti per ripagare le rate di un prestito in scadenza, 150 milioni di euro per la Cirio, 60 milioni di euro per la Parmalat. Spiccioli per chi dichiarava miliardi di fatturato e abbondanti disponibilità liquide, ma solo sulla carta.
Un crack, quello della Cirio, da 1,125 miliardi di euro che spazzò via i risparmi di oltre 35mila investitori (erano 150 mila quelli della Parmalat), anche se appena 13mila hanno voluto costituirsi parte civile, una parte dei quali hanno accolto la transazione con UniCredit.
Mara Monti, Il Sole 24 Ore 11/4/2015