Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  aprile 11 Sabato calendario

UN POLIZIOTTO “BIOLOGO” CONTRO LE FRODI SCIENTIFICHE

Enrico Bucci è un biologo napoletano autore di 70 pubblicazioni scientifiche. Lasciato il Cnr, ha fondato una società specializzata nella elaborazione di dati biomedici e, dopo aver messo punto un software anti copia-e-incolla, si è trasformato in un poliziotto anti-frode scientifica: tramite il sito pubpeer.com tiene sotto controllo la produzione di laboratori di tutto il mondo. A fine marzo l’Accademia dei Lincei ha organizzato un convegno dal titolo «Etica della ricerca scientifica: i principi, i problemi, le soluzioni e le incertezze». Il suo contributo si è rivelato prezioso.
L’etica della ricerca sta diventando un tema centrale. Al Cnr si preparano «linee guida» per salvaguardarla. Non è più il tempo di geni solitari come Leonardo e Galileo. Oggi i ricercatori sono più di 10 milioni, di cui centomila in Italia. Una comunità con le sue regole deontologiche e che, grazie al metodo scientifico, ha in sé gli anticorpi necessari per smascherare errori commessi in buona o cattiva fede. Ma per il resto gli scienziati sono uomini e donne come tutti gli altri ed è fisiologico che anche tra di essi ci siano imbroglioni. Frodi scientifiche ci sono sempre state e alcune sono clamorose: la «memoria dell’acqua» che avrebbe giustificato l’omeopatia, la «fusione fredda» che avrebbe fornito energia pulita e illimitata, la «cura Di Bella» per il cancro, il «caso Stamina» chiuso da Davide Vannoni con il patteggiamento.
Ma ora la quantità sta intaccando la qualità. Esistono 21.100 riviste scientifiche che in un anno pubblicano due milioni di articoli. La corsa ai finanziamenti e alle cattedre costringe i ricercatori ad accelerare: publish or perish, pubblica o muori, è l’imperativo a cui bisogna obbedire. Così impegnati a produrre, non c’è tempo per verificare i lavori altrui e sempre più spesso gli esperimenti non vengono replicati in modo indipendente. Inoltre certi campi sono talmente specializzati che i ricercatori si riconoscono tra loro anche quando devono valutare ricerche di colleghi in modo anonimo, e qui vengono fuori amicizie e rivalità. C’è poi una naturale e umana tendenza a usare un filtro selettivo a favore dei dati utili alla tesi che si vuole dimostrare. Nei laboratori 15 ricercatori su 100 confessano di aver forzato i dati o di aver coperto colleghi che lo facevano. Risultato: si stima che il 5% delle pubblicazioni scientifiche sia taroccato. In testa c’è la Cina, seguita da Stati Uniti, Italia, India.
Il problema della validazione dei risultati scientifici dovuto all’enorme numero di articoli è aggravato dal proliferare delle riviste online e dal fenomeno dell’auto-pubblicazione (senza controlli) in anteprima. «Science» ha fatto un test inviando a 304 riviste online open access un articolo inventato e firmato da un autore inesistente con lo schema «molecola x estratta da una specie di lichene y inibisce la crescita delle cellule tumorali z». Bene: 157 lo hanno accettato e un editore ha persino chiesto 3100 dollari per la pubblicazione. Lo stesso sistema di valutazione basato sull’impact factor si presta a manipolazioni: gli amici si citano tra di loro. Con 7,9 milioni di articoli gli Stati Uniti ottengono 153 milioni di citazioni, la Cina con 3,2 (poco meno della metà) ne ottiene 15 milioni (un decimo). L’H-Index, combinando produttività e impact factor dei ricercatori, è più affidabile ma non infallibile.
Conclusioni? Il fenomeno della frode scientifica esiste, ma la competizione tra ricercatori lo manterrà sempre in confini limitati. Tuttavia la sorveglianza non è mai troppa. In questo anche la divulgazione scientifica ha una responsabilità importante. E tutti i cittadini possono fare la loro parte tenendo d’occhio il sito pubpeer.com