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 2015  aprile 11 Sabato calendario

MARCO GIALLINI: «SULLA MIA MOTO MI SENTO LIBERO»

«Li conosce?». Marco Giallini cerca su YouTube i Massive Attack e fa uno sguardo sornione da gatto al sole: «Questa sì che è musica». L’attore che dal ruolo del “Terribile” in Romanzo criminale La serie, negli ultimi anni è diventato il re della commedia (Io, loro e Lara, Posti in piedi in Paradiso di Verdone, Una famiglia perfetta, Tutta colpa di Freud, nell’ultima Se Dio vuole di Edoardo Falcone in coppia con Alessandro Gassmann sacerdote, è un primario alle prese con un figlio che decide di farsi prete), è un uomo dalle molte passioni.
Orgogliosamente romano e romanista, «nato ai bordi di periferia», ha una collezione di dischi: «Il mio preferito è John Miles, che gli vuoi dire?
Quando cucino metto Coltrane, Gerry Mulligan, mi piace Mark Lanegan, l’ex cantante degli Screaming Trees. Non parliamo degli AC/DC, la band più rock di tutti i tempi a prescindere dai Led Zeppelin. Suono la chitarra, un po’ il basso e un po’ la batteria». Nella migliore tradizione del duro da cuore tenero, si sente felice in moto.
«Quella è veramente la passione di una vita», racconta fumando una sigaretta dietro l’altra, «l’ho scoperta da piccolissimo perché mio padre non aveva la patente e aveva solo la motocicletta perché era povero, aveva un’Agusta 350. Adesso che gliene potrei comprare una bellissima, lui non c’è più perché la vita è così: i tempi non li decidi tu». Da ragazzino faceva motocross senza mani: «La sensazione di libertà che ti danno le due ruote l’ho scoperta da piccolo».
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SUL SET
Marco Giallini con Alessandro Gassmann, al cui fianco recita nell’ultimo film di Edoardo Falcone, “Se Dio vuole”
FOTO © FABIO LOVINO/CONTRASTO
CONTINUA DA PAGINA 37
«LAMOTOè un mondo, sono più che motociclista, un customizzatore di moto, mi piace immaginarla e costruirla. Ci sono officine a Roma, vicino a Guidonia e a Pietralata, gli dici come la vuoi, e sulla tua base fanno capolavori, quello è un mondo a parte di appassionati. Ci vuole stile, i ragazzi hanno travisato, ho visto in giro tatuaggi, baffi, barba, capelli ai lati e sopra il ciuffo». Ride. «Ci vuole rispetto per la moto». Il vero amore di “Giallo” come lo chiamano gli amici, sono le Triumph. «Vede, ci sono gli appassionati e ci sono i motociclisti: per me esiste solo la moto, non la prendo solo per le gite della domenica. Ora vado piano, ho avuto incidenti molto gravi, qualche anno fa mi sono fratturato le ossa del bacino, del polso e della mascella, per farla breve stavo più di là che di qua: 52 fratture. Stefano Sollima mi ha aspettato, dovevo girare Acab. Mi ricordo ancora la scena: ho aperto gli occhi ed ero circondato da Alessandro Roja, Francesco Montanari, Vinicio Marchioni. “Come stai?”. Non li potevo deludere. Tutti pensavano che sarei stato fermo un anno: dopo cinque mesi ho ripreso la moto, non posso farne a meno ».
Ma l’automobile, no? «Mai. La passione è talmente forte, so che non mi può capire. Una volta inseguivo il vento, mi alzavo in piedi e strillavo, una sensazione di felicità. I miei figli vanno in motorino e sono prudenti, si ricordano bene come mi hanno visto in ospedale… Prima facevo lo scemo, pensi sempre che non ti possa succedere niente. Quando cadevo pensavo: sono io quello per terra?».
Comico, malinconico e delinquente, i registi lo hanno messo alla prova nei ruoli più diversi: da Castellitto ( Non ti muovere) a Sorrentino ( L’amico di famiglia). In Se Dio vuole , appena uscito, è un primario ateo che, grazie al figlio deciso a farsi prete, dopo l’incontro con Gassmann, un sacerdote speciale, cambia prospettiva. «È una commedia che parla dei pregiudizi, sono il classico uomo tutta scienza poca coscienza che cambia prospettiva. Tra un figlio gay e un prete» dice Giallini, «per me va bene tutto tranne che laziale », dice scherzando.
Ha girato Storie sospese di Stefano Chiarini con Alessando Tiberi, Maya Sansa, Giorgio Colangeli e Antonio Gerardi, «la storia di un paesino di montagna, Villa Santa Maria in provincia di Chieti: hanno costruito un cavalcavia alto cento metri che passa in mezzo alle montagne, ci sono stati smottamenti. Interpreto un operaio rocciatore» racconta «che segue i lavori, ho fatto un po’ di pratica e un corso. Non dico che voglio fare le cose all’americana ma se devo girare solo primi piani me ne sto a casa. Mi sono buttato da quattromila metri, nella vita ho paura solo delle femmine». Ha un sacco di fan, non li ha mai delusi. «Mi fa piacere quando mi dicono che sono bravo, oggi ci credo di più. Nel cinema, come in altre cose, tutto sta nel trovare qualcuno che ti dia fiducia. Il talento? Mah, è una cosa misteriosa. Facevo l’imbianchino, avevo la passione del cinema, vorrei fare più teatro e impegnarmi di più ma non ce la faccio. Mio padre aveva la terza elementare, gli piaceva il cinema francese, Michel Piccoli, Delon e Belmondo, ma si dimenticava i nomi degli attori… Però mi ha trasmesso la sua passione. Li vedevo sullo schermo e sapevo che nella vita avrei voluto fare qualcosa del genere ma non pensavo mai di arrivare fin qui. Se mio padre avesse potuto vedere che ero nella cinquina con Piccoli ai David di Donatello… Sì la vita è ingiusta». Ha perso la moglie Loredana, l’amore di una vita. Abbassa lo sguardo: «C’è un prima e un dopo. Io ho due figli, avevano bisogno di un padre ma ci sono momenti nella vita in cui pensi di non farcela a andare avanti».
Sigaretta. «Ma stavamo parlando della recitazione, no? Fare il cialtrone mi viene molto naturale, pure troppo. Il mio mito è I vitelloni , il massimo è Vittorio Gassmann nel film di Dino Risi Il tigre, era un genio. Essere diventato amico di Alessandro Gassmann è un onore. Solo da adulto ho scoperto Tognazzi, Manfredi. Sordi? Guardi, Alberto Sordi lo tolgo dalla lista perché per me è di un altro pianeta, come Totti».
Della nuova generazione, cita gli amici a cui è più legato: «Valerio Mastandrea, che è padrino di mio figlio, Pierfrancesco Favino, Alessandro Gassmann, con cui ormai mi è capitato di fare coppia al cinema, sono tutte persone a cui voglio bene, tutti amici. Sono molto legato a Marco Risi, che mi fece il provino dopo avermi visto a teatro: facevo lo spettacolo di Angelo Orlando, lottando contro i produttori, la prima svolta grossa la devo a Carletto, il buttafuori del locale dove recitavo perché mentre Chicca D’Aloja aveva convinto Marco a andare a mangiare, lui aprì di botto la porta e disse: “Allora entrate?“. Così dopo chiesi a Marco di farmi un provino. Mi ha chiamato per L’ultimo Capodanno e abbiamo girato insieme Tre tocchi, in cui mi sono vestito da donna con Santamaria e Argentero».
«A me», prosegue, «non sembra ancora vero che ormai vivo di cinema, sarà che nella vita ho faticato tanto. A casa mia non c’erano soldi. Ho costruito tutto pezzo per pezzo, ho lavorato tanto e, a 52 anni, oggi posso dire che era la mia strada e la scoperta più bella è stata l’affetto del pubblico. Non so cosa voglia dire “essere famosi” ma la popolarità, il fatto di ispirare simpatia, mi gratifica. Non si vive di solo pane, quando ti dicono: “Marco, quanto m’hai fatto ridere”, mi sembra che quello che faccio abbia un senso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Per me esistono solo le due ruote, non le uso certo per la gita della domenica. L’auto? non la prendo mai
FOTO © GIANLUCA SARAGÒ
NELLE SALE
Marco Giallini è protagonista, con Alessandro Gassmann, di “Se Dio vuole”, il nuovo film di Edoardo Falcone, da poco uscito al cinema. Nella pellicola interpreta la parte di un primario, padre di un ragazzo che ha deciso di diventare prete. E si confronta, tra mille dubbi, con un sacerdote, il cui ruolo è affidato a Gassmann
me», prosegue, «non sembra ancora vero che ormai vivo di cinema, sarà che nella vita ho faticato tanto. A casa mia non c’erano soldi. Ho costruito tutto pezzo per pezzo, ho lavorato tanto e, a 52 anni, oggi posso dire che era la mia strada e la scoperta più bella è stata l’affetto del pubblico. Non so cosa voglia dire “essere famosi” ma la popolarità, il fatto di ispirare simpatia, mi gratifica. Non si vive di solo pane, quando ti dicono: “Marco, quanto m’hai fatto ridere”, mi sembra che quello che faccio abbia un senso».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Per me esistono solo le due ruote, non le uso certo per la gita della domenica. L’auto? non la prendo mai
FOTO © GIANLUCA SARAGÒ
NELLE SALE
Marco Giallini è protagonista, con Alessandro Gassmann, di “Se Dio vuole”, il nuovo film di Edoardo Falcone, da poco uscito al cinema. Nella pellicola interpreta la parte di un primario, padre di un ragazzo che ha deciso di diventare prete. E si confronta, tra mille dubbi, con un sacerdote, il cui ruolo è affidato a Gassmann
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«LAMOTOè un mondo, sono più che motociclista, un customizzatore di moto, mi piace immaginarla e costruirla. Ci sono officine a Roma, vicino a Guidonia e a Pietralata, gli dici come la vuoi, e sulla tua base fanno capolavori, quello è un mondo a parte di appassionati. Ci vuole stile, i ragazzi hanno travisato, ho visto in giro tatuaggi, baffi, barba, capelli ai lati e sopra il ciuffo». Ride. «Ci vuole rispetto per la moto». Il vero amore di “Giallo” come lo chiamano gli amici, sono le Triumph. «Vede, ci sono gli appassionati e ci sono i motociclisti: per me esiste solo la moto, non la prendo solo per le gite della domenica. Ora vado piano, ho avuto incidenti molto gravi, qualche anno fa mi sono fratturato le ossa del bacino, del polso e della mascella, per farla breve stavo più di là che di qua: 52 fratture. Stefano Sollima mi ha aspettato, dovevo girare Acab. Mi ricordo ancora la scena: ho aperto gli occhi ed ero circondato da Alessandro Roja, Francesco Montanari, Vinicio Marchioni. “Come stai?”. Non li potevo deludere. Tutti pensavano che sarei stato fermo un anno: dopo cinque mesi ho ripreso la moto, non posso farne a meno ».
Ma l’automobile, no? «Mai. La passione è talmente forte, so che non mi può capire. Una volta inseguivo il vento, mi alzavo in piedi e strillavo, una sensazione di felicità. I miei figli vanno in motorino e sono prudenti, si ricordano bene come mi hanno visto in ospedale… Prima facevo lo scemo, pensi sempre che non ti possa succedere niente. Quando cadevo pensavo: sono io quello per terra?».
Comico, malinconico e delinquente, i registi lo hanno messo alla prova nei ruoli più diversi: da Castellitto ( Non ti muovere) a Sorrentino ( L’amico di famiglia). In Se Dio vuole , appena uscito, è un primario ateo che, grazie al figlio deciso a farsi prete, dopo l’incontro con Gassmann, un sacerdote speciale, cambia prospettiva. «È una commedia che parla dei pregiudizi, sono il classico uomo tutta scienza poca coscienza che cambia prospettiva. Tra un figlio gay e un prete» dice Giallini, «per me va bene tutto tranne che laziale », dice scherzando.
Ha girato Storie sospese di Stefano Chiarini con Alessando Tiberi, Maya Sansa, Giorgio Colangeli e Antonio Gerardi, «la storia di un paesino di montagna, Villa Santa Maria in provincia di Chieti: hanno costruito un cavalcavia alto cento metri che passa in mezzo alle montagne, ci sono stati smottamenti. Interpreto un operaio rocciatore» racconta «che segue i lavori, ho fatto un po’ di pratica e un corso. Non dico che voglio fare le cose all’americana ma se devo girare solo primi piani me ne sto a casa. Mi sono buttato da quattromila metri, nella vita ho paura solo delle femmine». Ha un sacco di fan, non li ha mai delusi. «Mi fa piacere quando mi dicono che sono bravo, oggi ci credo di più. Nel cinema, come in altre cose, tutto sta nel trovare qualcuno che ti dia fiducia. Il talento? Mah, è una cosa misteriosa. Facevo l’imbianchino, avevo la passione del cinema, vorrei fare più teatro e impegnarmi di più ma non ce la faccio. Mio padre aveva la terza elementare, gli piaceva il cinema francese, Michel Piccoli, Delon e Belmondo, ma si dimenticava i nomi degli attori… Però mi ha trasmesso la sua passione. Li vedevo sullo schermo e sapevo che nella vita avrei voluto fare qualcosa del genere ma non pensavo mai di arrivare fin qui. Se mio padre avesse potuto vedere che ero nella cinquina con Piccoli ai David di Donatello… Sì la vita è ingiusta». Ha perso la moglie Loredana, l’amore di una vita. Abbassa lo sguardo: «C’è un prima e un dopo. Io ho due figli, avevano bisogno di un padre ma ci sono momenti nella vita in cui pensi di non farcela a andare avanti».
Sigaretta. «Ma stavamo parlando della recitazione, no? Fare il cialtrone mi viene molto naturale, pure troppo. Il mio mito è I vitelloni , il massimo è Vittorio Gassmann nel film di Dino Risi Il tigre, era un genio. Essere diventato amico di Alessandro Gassmann è un onore. Solo da adulto ho scoperto Tognazzi, Manfredi. Sordi? Guardi, Alberto Sordi lo tolgo dalla lista perché per me è di un altro pianeta, come Totti».
Della nuova generazione, cita gli amici a cui è più legato: «Valerio Mastandrea, che è padrino di mio figlio, Pierfrancesco Favino, Alessandro Gassmann, con cui ormai mi è capitato di fare coppia al cinema, sono tutte persone a cui voglio bene, tutti amici. Sono molto legato a Marco Risi, che mi fece il provino dopo avermi visto a teatro: facevo lo spettacolo di Angelo Orlando, lottando contro i produttori, la prima svolta grossa la devo a Carletto, il buttafuori del locale dove recitavo perché mentre Chicca D’Aloja aveva convinto Marco a andare a mangiare, lui aprì di botto la porta e disse: “Allora entrate?“. Così dopo chiesi a Marco di farmi un provino. Mi ha chiamato per L’ultimo Capodanno e abbiamo girato insieme Tre tocchi, in cui mi sono vestito da donna con Santamaria e Argentero».