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 2015  aprile 11 Sabato calendario

QUELLE PISTOLE RADDOPPIATE IN 7 ANNI. COSI’ L’ARMA SI ARMA CON IL TRUCCO

Claudio Giardiello è uno dei 397.384 italiani che oggi possiedono il porto d’armi per uso sportivo. Nel 2007 erano appena 187.000. In meno di un decennio, la diffusione di questo tipo di licenza è raddoppiata. Basta a spiegare quello che è successo giovedì al Tribunale di Milano? Sicuramente no. Però qualcosa, i numeri, dicono.
Non è chiaro quanti siano i fucili e le pistole legalmente detenuti in Italia. Una cifra ufficiale, che pure esiste perché ogni pezzo deve essere denunciato e registrato in Questura, non è mai stata resa pubblica dalle autorità. L’ultima stima attendibile l’ha fatta l’Eurispes, ma risale al 2008: 10 milioni di armi e 4 milioni di famiglie “armate”. Ci sono però le licenze che si possono contare. Ce ne sono di tre tipi: per uso caccia, per uso tiro a volo e per difesa personale. Solo quest’ultima permette di girare in strada con l’arma in tasca e pronta all’uso e viene concessa in casi particolari, a chi ha un bisogno giustificato di difesa: avvocati, gioiellieri, ex militari. La procedura è più complessa delle altre e a rilasciare il permesso non è la Questura ma la Prefettura. Attualmente, ce l’hanno solo 20.162 persone.
Ebbene, secondo i dati del Viminale, mentre il numero complessivo dei cittadini con porto d’armi negli ultimi 4-5 anni è rimasto sostanzialmente invariato se non in leggera diminuzione, attestandosi poco sopra il milione e centomila nel 2014, sono cresciute le licenze per uso sportivo. È il dato da cui siamo partiti: 397.384 oggi, nel 187.000 nel 2007. Un boom che non ha una spiegazione sola.
Lucio Zorzo, il presidente del poligono di Treviso, in pochi mesi ha visto aumentare gli iscritti per i corsi di maneggio dell’arma del 30 per cento. «Un po’ in tutto il Veneto è così», dice. «Questo è dovuto, in parte, anche a chi vuole una pistola da tenere in casa per sentirsi più sicuro. Non è la maggioranza degli iscritti, va detto: abbiamo molte guardie giurate e persone che imparano a sparare per ottenere più punti nei concorsi delle forze armate. Ma quando ci sono casi di cronaca tipo quello del benzinaio Stacchio, notiamo l’aumento delle richieste da parte di chi si sente insicuro». Un altro picco di iscrizioni si è era avuto dopo il delitto di Gorgo al Monticano, nel 2007. «Uomo, tra i 40 e i 50 anni, di classe medio-bassa — dice Zorzo, delineando l’identikit di chi si sente poco protetto dallo Stato — non ha i soldi per farsi l’impianto di sorveglianza a casa, quindi preferisce spendere un centinaio di euro per il corso, che dura una giornata intera, dalle 8 alle 19.30».
Anche Giardiello ha frequentato un corso del genere in uno dei poligoni accreditati, si è sottoposto a due visite (col dottore di famiglia e con un medico legale), ha portato i certificati che ne attestavano la pulizia della fedina penale e ha ottenuto l’autorizzazione dalla Questura per comprarsi la sua semiautomatica 7.65, conservarla a casa e portarla al centro di tiro. Poi però giovedì è entrato in un tribunale e ha premuto il grilletto contro bersagli non più di cartone.
Ogni volta che un cittadino “al di sopra di ogni sospetto” spara e uccide, sotto accusa inevitabilmente finisce anche chi gli ha dato la licenza. Il controllo psico-attitudinale preventivo lo fa, per legge, o il medico legale delle Asl, o il medico militare, o quello della polizia. «Bisogna però standardizzare gli esami richiesti — sostiene Lorena La Spina, segretario dell’Associazione nazionale dei funzionari di Polizia — non sempre sono omogenei. E il monitoraggio del possesso dei requisiti psico-fisici va continuato anche su chi non rinnova la licenza, perché comunque la pistola o il fucile da caccia continua ad averlo in casa ». Lo prevede la normativa del 2010, ma non è ancora entrata del tutto a regime.
Nonostante il mercato delle armi non militari in Italia abbia un fatturato di circa 800milioni di euro e muova un indotto complessivo di quasi 8 miliardi, secondo l’Anpam — l’Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili — la maggiore domanda di semiautomatiche 7.65 e fucili a canna doppia sovrapposta (i modelli più richiesti) non arriva dai connazionali. «Il settore si sta espandendo grazie all’export perché i marchi italiani sono molto quotati, la vendita in Italia invece non cresce come all’estero».