Guido Andruetto, Rolling Stones 4/2015, 10 aprile 2015
JAMES ELLROY – [UNA STORIA DI 900 PAGINE CHE DURA SOLO 23 GIORNI...]
A un certo punto tira su con il naso e sbuffa. Poi si alza, prova inutilmente ad aprire una finestra e chiede a una cameriera di abbassare la temperatura nella saletta ovattata dell’hotel di Torino dove mi ha dato appuntamento. James Ellroy, il maestro del crime contemporaneo, alla fine si siede esausto su una poltrona in pelle e allarga le braccia corpulente incrociando le mani dietro la nuca. Per Ellroy anche la scrittura è un atto fisico. La stesura del suo ultimo capolavoro, Perfidia, pubblicato in Italia da Einaudi nella collana Stile Libero Big, ha richiesto uno sforzo sovrumano di energie. In quasi 900 pagine lo scrittore californiano – autore della “Tetralogia di Los Angeles” (Dalia Nera, Il grande nulla, LA. Confidential, White Jazz) e della “Trilogia Americana” (American Tabloid, Sei pezzi da mille, Il sangue è randagio) – ci porta nel 1941 per rivivere le persecuzioni realmente subite da 120mila cittadini di origine nipponica in tutta l’America e in particolare a Los Angeles, nei giorni drammatici e folli che seguirono il terribile attacco giapponese del 7 dicembre alla base navale Usa di Pearl Harbour.
RS Il tuo ristorante preferito di Los Angeles ha un motto: “Excellence is the enemy of mediocrity”. Anche tu sei ossessionato dalla perfezione?
ELLROY Sì, sono un perfezionista. Mettiamola così, non voglio deludere Dio e so che mi devo migliorare ogni giorno come essere umano, ma sono anche uno scrittore e quindi più scrivo e più cerco di essere meticoloso, fino alla pignoleria. Sono diligente e accurato. Mi impongo di scrivere sempre meglio. Ho l’ambizione di scrivere libri sempre migliori. RS Perfidia rispecchia tutto ciò?
ELLROY È il mio libro più voluminoso, più lungo, è quello che ha lo spazio temporale più compresso, solo 23 giorni, ed è quello che ha più a che fare con la geopolitica tra tutti quelli scritti finora. E anche quello in cui ho fatto lo sforzo consapevole di ampliare la portata dei sette romanzi precedenti, perché Perfidia è il primo di una nuova quadrilogia. È la testimonianza parlante di un’ambizione immensa e al tempo stesso è il libro in cui, da Dalia Nera in poi, ho aperto di più il mio cuore ai lettori.
Perfidia è il titolo di una bellissima canzone d’amore (di Alberto Domínguez, ndr), perfetta nel suo titolo, perché è l’equivalente spagnolo di tradimento. È stata scritta durante la Seconda Guerra Mondiale e rispecchia alla perfezione le vite dei quattro personaggi principali di questa storia. È una canzone con una tensione molto romantica, quella dell’amore tradito, e tutti i personaggi sono sia traditori che traditi. Descrive le vite individuali che sono anche lo specchio della vita collettiva nella città di Los Angeles alla fine del 1941.
RS Perché hai focalizzato la tua attenzione su un arco di tempo così breve? ELLROY Mentre scrivevo mi sono automiposto dei limiti temporali invalicabili: 23 giorni. Ma tieni presente che avevo a che fare con una città che non andava più a letto, che stava in piedi tutto il giorno e tutta la notte incessantemente, che era inondata da alcol, droga, sigarette e sesso per la paura di possibili attacchi aerei e navali da parte dei giapponesi. RS Non leggi i giornali e non guardi la tv, non hai un cellulare né un computer. Tutto questo fa bene alla tua creatività? ELLROY La condizione di isolamento acuisce la mia capacità di concentrazione, che è già buona. Mi permette di stare seduto alla scrivania senza essere interrotto da stimoli esterni. Mi piace lavorare fino allo sfinimento. Quando non ne posso più mi butto sul letto e mi riposo. Magari mangio un boccone e poi mi addormento. Non m’importa che Los Angeles sia una città che non si ferma mai. Prima di tutto, pace e tranquillità, fratello.