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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

CON L’IRAN, GREGGIO MENO CARO

L’accordo fra Iran e potenze occidentali sull’energia nucleare porterà a un calo del prezzo del petrolio. E questo grazie alla ripresa della produzione che, pur non essendo immediata, avrà come conseguenza un incremento di quantità di oro nero in circolazione a livello globale, una volta che le esportazioni da parte di Teheran saranno entrate a regime.
Se l’accordo quadro siglato con Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia e Germania diverrà operativo entro la fine di giugno, gli effetti benefici sul mercato dell’energia potranno farsi sentire nel corso del secondo semestre dell’anno.
Si parla dell’ingresso sui circuiti internazionali, a termine, di circa un milione di barili di greggio al giorno. E questo avviene in un contesto già caratterizzato da un eccesso di offerta, che ha provocato da diverso tempo un crollo delle quotazioni.
Gli esperti stimano che Teheran abbia accumulato uno stock considerevole di petrolio negli ultimi anni e che esso sia destinato a invadere il mercato. Si parla di almeno 30 milioni di barili che si troverebbero a bordo di una quindicina di grandi petroliere. Sulla carta la nazione mediorientale rimane al terzo posto per riserve di greggio a livello mondiale. Non solo: è in seconda posizione, dietro la Russia, per riserve di gas convenzionale.
I numeri sono impressionanti. Prima della rivoluzione islamica del 1979 venivano estratti 6 milioni di barili di petrolio al giorno, la maggior parte dei quali era destinata all’estero. Nel 2008 la produzione era scesa a 4 milioni di barili fino ai 2,8 mln dell’anno scorso. L’export è limitato a pochi paesi autorizzati dagli Usa: Cina, India, Turchia e Sudafrica. Difficilmente l’Iran riuscirà a tornare ai tempi d’oro, almeno a beve termine: alcuni analisti ritengono che possa raggiungere a fine anno la quantità del 2012 a quota 3,6 milioni di barili.
Così sono partiti gli inviti dei vertici politici alle multinazionali del settore oil a tornare a operare nel paese. Quello che manca attualmente, e che potrebbe pesare anche in futuro, è tuttavia la mancanza di fiducia degli imprenditori occidentali: il clima di instabilità politica rischia di portare in qualunque momento a un rimescolamento delle carte e l’insicurezza è il nemico numero uno di chi vuol fare affari. Ciononostante i colossi europei come Shell, Bp, Eni e Total sono pronti al gran ritorno. I capiazienda hanno continuato a coltivare relazioni con i vertici economici e politici iraniani negli ultimi anni. Essi sono avvantaggiati rispetto ai concorrenti americani, che a causa delle limitazioni imposte da Washington sono rimasti ai margini negli ultimi decenni.
I gruppi stranieri, comunque, sono disposti a collaborare con l’Iran a condizione che vengano migliorate le forme contrattuali. Finora le major petrolifere erano remunerate per i loro investimenti nelle installazioni, ma il ricavato della vendita di greggio andava interamente alla società pubblica iraniana.
Ettore Bianchi, ItaliaOggi 10/4/2015