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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

SE IL TRENO ITALO FINISCE ALLO STATO

Nel 2013 Ntv, la società del treno Italo, che vede fra i propri soci di riferimento le ferrovie francesi e Intesa Sanpaolo, oltre agli imprenditori Diego Della Valle, Luca Cordero di Montezemolo e Gianni Punzo, triplicò
il fatturato rispetto al 2012, ma registrò perdite identiche, 78 milioni. Queste furono ripianate, e il capitale di rischio restò invariato a poco meno di 110 milioni. L’anno scorso il capitale è stato aumentato a 264 milioni ma oggi potrebbe risultare eroso da perdite 2014 forse anche superiori agli anni precedenti. E in ogni caso i debiti finanziari pare siano tre volte il capitale di rischio. Allarmanti, e onerosi. Tutto ciò, si dice, è dovuto alla posizione pretestuosamente dominante di Trenitalia, concorrente pubblico, spalleggiato da Rete ferroviaria italiana, la società collegata del gruppo Fs che gestisce la rete dei binari. Il fatto che il governo abbia dirottato il numero uno di Ferrovie (Mauro Moretti) al vertice di Finmeccanica dapprima ha fatto sperare gli azionisti di Ntv ma, a giudicare dal loro perdurante nervosismo, si direbbe ancora non basti.
La soluzione che i consiglieri di Matteo Renzi fortunatamente pare non vogliano ascoltare è ricalcata su tre precedenti, collaudati ma anche tragici: Sameton, Enimont, Alitalia-AirOne. Il modello è una joint-venture asimmetrica pubblico-privato, dove il pubblico mette soldi e il privato attività in perdita, corroborata da slogan artificiosi: «valorizzare le sinergie». Il ragionamento suadente è: il mercato ferroviario italiano è modesto, sia Trenitalia che Italo sono piccoli, bisogna superare le incomprensioni, mettere insieme le forze, dar vita a un player di scala internazionale capace di competere con gli altri operatori europei. In genere, in una simile sceneggiata il privato prende l’iniziativa e propone di acquisire il controllo del concorrente pubblico.
Nel 1990 Raul Gardini iniziò dicendo «La chimica sono io» e finì con conferire alcune attività deficitarie di Montedison nell’Enimont, salvo poi non coprirne le ovvie perdite e lasciare tutto nelle mani dello Stato. Personalmente ne pronosticai l’esito fin da subito e Gardini minacciò di querelarmi. Nel 1987 il re del rame privato, Alessandro Tonolli, fece lo stesso con la Samim dell’Eni. Nel 2008 il socio privato di AirOne, Carlo Toto, fece altrettanto con Alitalia, sempre grazie a ministri e banchieri compiacenti.
Ora che ci sono le authority, la soluzione dovrebbe essere invece una sola: l’ex monopolista Ferrovie dello Stato eviti di abusare della posizione dominante, i soci privati di Ntv continuino a investire soldi fino
a far decollare definitivamente la loro impresa. Se cambiano idea, mettano Ntv in liquidazione. Ma basta con le sceneggiate tragiche del passato lontano e recente.