Sergio Rizzo, Corriere della Sera 10/4/2015, 10 aprile 2015
COSÌ IN SICILIA I GATTOPARDI SILURANO LE RIFORME NOTTETEMPO. L’ISOLA DIVISA TRA IL PASTICCIO DELLE PROVINCE E L’AUTONOMIA REGIONALE
L’opposizione dice che era soltanto un pasticcio, e ha fatto la fine che meritava. In Sicilia la riforma delle Province fortemente voluta dal presidente della Regione Rosario Crocetta è stata affondata nottetempo dall’assemblea regionale con la complicità del voto segreto. Il siluro è partito dal Movimento 5 Stelle con un emendamento che ha però invitato a nozze anche i franchi tiratori della maggioranza. Al di là del merito di quella legge regionale, sulla quale ognuno è libero di avere l’opinione che crede, l’episodio dice tutto sulle difficoltà che incontra ogni tentativo di cambiamento in questo Paese. Dove puntualmente i Gattopardi entrano in azione per sabotare nel segreto dell’urna i progetti di riforma dei loro stessi colleghi di partito e schieramento. Soprattutto in certe Regioni, nelle quali l’impasto fra politica e interessi particolari ha contorni radicati e indecifrabili. Dopo quello che è successo l’altra notte a Palermo la proroga dei commissari delle Province siciliane si renderà inevitabile, con il risultato che quegli enti continueranno a sopravvivere. Senza trascurare una sgradevole appendice: per il momento si congelano anche i tagli delle indennità dei consiglieri comunali. Intendiamoci, non che nel resto del Paese il partito delle Province sia sconfitto. Tutt’altro. Quegli enti continuano ancora di fatto a sopravvivere grazie a una metamorfosi che ha evitato loro la sepoltura definitiva. Non senza problemi. Ma la vicenda siciliana suggerisce innanzitutto un’altra riflessione, che riguarda l’autonomia regionale di cui ancora gode quella Regione. Una prerogativa antica, che finora sembra aver favorito l’azione dei Gattopardi di cui sopra piuttosto che le riforme. E la cosa non riguarda soltanto la Sicilia. Tanto da chiedersi se nel 2015 certi statuti regionali speciali abbiano ancora un senso. O non sia arrivato invece il momento di archiviarli: per conclamato anacronismo.