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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

QUEL GIUDICE INTRANSIGENTE UCCISO PER UN CASO NON SUO

Era un uomo colto, un appassionato linguista: parlava inglese, francese e tedesco, leggeva opere in latino e greco. Era sempre il primo ad arrivare nel suo ufficio al secondo piano, alle sette e mezza era del mattino era al suo tavolo intento a studiare i fascicoli. «Era puntiglioso e aveva una memoria eccezionale, difficile coglierlo impreparato», lo ricordano i colleghi raccolti in un capannello a pochi metri dalla stanza in cui Fernando Ciampi è morto colpito da due proiettili. Uno gli ha trapassato la spalla ed è uscito dal collo, l’altro gli ha perforato l’anca. La moglie, una signora minuta dalla chioma rossa, è impietrita dal dolore: «Fategli pure l’autopsia, non troverete niente. Nessuna malattia», dice ai Ris impegnati nei rilievi.
SEVERO MA GIUSTO
Il giudice Ciampi, 71 anni, è stato ucciso alla sua scrivania, mentre tentava di riparare una stampante inceppata. Da sei anni era alla seconda sezione civile, incaricata dei fallimenti, prima ha guidato l’ottava sezione civile e, nel 2009, è stato presidente pro tempore della fallimentare. Un periodo delicato per quel settore, nel pieno dello scandalo che aveva coinvolto il giudice fallimentare Maria Rosaria Grossi, finita sotto accusa dalla procura di Brescia per tentata concussione e abuso d’ufficio. Ciampi ha sostituito lo storico presidente Bartolomeo Quatraro e ha retto l’ufficio fino alla nomina di Filippo Lamanna. La sua sventura è stata finire nel mirino di Claudio Giardiello: è stato citato come testimone per il fallimento della Magenta, pur non essendo il titolare del fascicolo, ma per aver emesso una sentenza di una società legata alla bancarotta dell’immobiliare del killer. Un impegno affrontato da Ciampi con il rigore che era il suo tratto caratteristico: era conosciuto per l’austerità e l’intransigenza con cui per decenni ha coperto diversi incarichi. «Era brusco, rude, spesso non era amato nemmeno dai colleghi. Era un giudice scomodo. Intelligente e incorruttibile», racconta in lacrime l’avvocato Francesca Varone, amica di famiglia. «Con la sua preparazione metteva alle strette gli avvocati, con polso fermo trattava cause milionarie. Amava il suo lavoro e aveva ancora molto da dare prima di andare im pensione. Per questo è tornato alla fallimentare». Qui in molti lo dipingono come un «giudice anglosassone», rifacendosi allo stile con cui il magistrato scriveva i provvedimenti: concentrava la sua decisione in poche pagine o addirittura in una manciata di righe, con uno stile asciutto ma sempre «pregnante» grazie alla spiccata capacità di cogliere il fulcro della questione.
RIFLETTEVA NELLA NATURA
Autore di numerosi testi sul diritto societario e i fallimenti, la sua azione negli ultimi anni si è concentrata soprattutto nel campo dei brevetti, dei marchi, della concorrenza sleale e del diritto d’autore. «E quando aveva una sentenza difficile, si rifugiava a riflette nel suo orto», ricorda Francesca Varone. Gli piaceva coltivare la terra: aveva un appezzamento nella periferia milanese che curava con costanza e dove si occupava anche di apicoltura. Ha due figli, il maggiore fa il commercialista, il minore è ingegnere nucleare e vive negli Stati Uniti. Da poco è diventato nonno. Da bambino, Ciampi aveva perso la mano sinistra nell’esplosione di un residuato bellico, giocando sul greto di un fiume.