varie 10/4/2015, 10 aprile 2015
ARTICOLI SU DE VINCENTI DAI GIORNALI DEL 10/4/2015
MARCO GALLUZZO, CORRIERE DELLA SERA –
Sa tutto del ciclismo, ama il silenzio della montagna e arrivare sulla vetta: la scalata è una delle sue passioni e «il Monte Bianco è quello che mi ha dato più soddisfazione, arrivare in cima, insieme a mio figlio come guida, è stata una sensazione unica».
Schivo di carattere, mai sopra le righe, spesso dietro le quinte, Claudio De Vincenti è un professore universitario di sinistra prestato alla politica. Macroeconomista, prima pubblicazione su Sraffa e Marx, frequenta le stanze del potere da molti anni e di solito la visibilità è inversamente proporzionale al peso e al merito delle questioni che tratta da vicino. Ieri Matteo Renzi, confermando le indiscrezioni dei giorni scorsi, lo ha spostato su una delle vette più alte della macchina dello Stato, quel posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio che sino alla settimana scorsa era ricoperto da Graziano Delrio e che per antonomasia equivale al ruolo di braccio destro del premier. Un caso classico, pluriennale: Gianni Letta al fianco di Silvio Berlusconi, la conoscenza e la trattazione di ogni dossier di governo al fianco della decisione finale, politica.
Emozionato per la promozione, classe 1948, romano, unico sopravvissuto del governo Monti, transitato per il governo Letta, stimato come tecnico, da ieri Claudio De Vincenti è nel ruolo forse più delicato dell’esecutivo. Oggi presiederà il suo primo Consiglio dei ministri, per il varo del Def. Ritornerà a lavorare nelle stanze di Palazzo Chigi dopo gli anni trascorsi al ministero dello Sviluppo economico: un ritorno che richiama gli anni in cui era consulente del primo governo Prodi — è stato anche consulente di Vincenzo Visco —, nel gruppo di economisti che in quel periodo facevano capolino a piazza Colonna.
Economisti di varia estrazione: alla fine degli anni ‘60, fra gli altri, lui si era formato anche alla scuola fondata da Claudio Napoleoni e Franco Rodano. Allora, con una sintesi che oggi sembra di altri tempi, li chiamavano i catto-comunisti, anche se oltre a Marx studiavano Keynes e frequentavano premi Nobel americani.
Del rapporto fra Delrio e Renzi, mesi fa, si erano occupati alcuni retroscena, puntualmente smentiti: si diceva che oltre alla stima e alla pluriennale amicizia, fra i due, ci fosse anche qualche divergenza caratteriale di troppo. Di sicuro la consuetudine con il premier in questo caso è minore, e un rapporto di stretta fiducia sarà anche da costruire. Ma Renzi e De Vincenti hanno già imparato a conoscersi in questi mesi di governo, soprattutto nel corso della tante visite ad aziende compiute dal presidente del Consiglio. Chi lavora con il secondo definisce «ottimo» il rapporto fra i due.
Nel puzzle di posti da occupare, rimasti vacanti, la scelta non sembra a somma zero per le aspirazioni del partito di Angelino Alfano: per compensare la perdita di Maurizio Lupi a questo punto al Nuovo centrodestra potrebbe andare, oltre al ministero degli Affari regionali, anche il posto di viceministro che De Vincenti lascia vacante. Si vedrà nelle prossime settimane.
Appassionato di Verdi e di Brahms, che tradisce quasi esclusivamente per il jazz, di De Vincenti si ricorda anche un aneddoto ai tempi del governo Monti: il professore che viene dalla Sapienza fu fra gli autori del decreto sulle liberalizzazioni; al Senato furono giorni di grandi confusione e di sotterranei scontri di potere. Le cronache raccontarono dell’assalto dei lobbisti e alla fine il governo decise di lasciarli fuori, transennando le entrate a Palazzo Madama. Sembra che l’idea fu proprio dell’appena nominato sottosegretario di Palazzo Chigi.
Ieri Renzi ha anche deciso un’altra promozione: sarà Paolo Aquilanti il nuovo segretario generale di Palazzo Chigi. La partenza di Delrio verso le Infrastrutture ha comportato infatti anche il trasloco di Mauro Bonaretti, l’ex city manager di Reggio Emilia che aveva seguito Delrio come suo braccio destro a Roma. Aquilanti l’ha spuntata anche su Raffaele Tiscar, oggi vicesegretario, già direttore generale di Aler Milano, in precedenza della giunta regionale lombarda.
Classe ‘60 Aquilanti era sino a qualche mese fa un funzionario della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. È stato fra i tecnici che ha affiancato il ministro Maria Elena Boschi al ministero delle Riforme. Sembra che in questo periodo al governo Aquilanti si sia guadagnato la piena fiducia non solo del ministro ma anche del presidente del Consiglio.
Sarebbe stato lui ad ideare quell’emendamento particolare che ha permesso di approvare la legge elettorale, almeno in un ramo del Parlamento, vincendo le resistenze di tanti membri del Partito democratico. E sempre lui sarebbe stato il suggeritore del cosiddetto «canguro», quel meccanismo parlamentare che è assurto alla ribalta delle cronache e che alcuni mesi fa ha consentito di tagliare in un colpo solo le migliaia di emendamenti presentati proprio sul testo di riforma delle nuove norme elettorali.
Marco Galluzzo
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SANDRO IACOMETTI, LIBERO -
Chi ha lavorato al suo fianco lo definisce serio, preparato e competente. Anche se il biglietto da visita più recente del successore di Graziano Delrio è legato ad una clamorosa gaffe sulle partecipate. «Il governo metterà sul mercato una quota di Eni seguendo la stessa procedura adottata per Enel», ha annunciato il viceministro dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, lo scorso 17 marzo. Una dichiarazione al fulmicotone, che non ha intralciato una buona giornata di Borsa del Cane a sei zampe, ma ha costretto il ministero dell’Economia ad una repentina smentita. Poco dopo è tornato sui suoi passi pure De Vincenti. «Intendevo riferirmi alle quote Enel già messe sul mercato», si è giustificato, lasciando il dubbio che dietro lo scivolone ci fosse un’ipotesi di lavoro sfuggita più che una semplice confusione. Del viceministro ieri promosso da Matteo Renzi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, nessuno ricorda la sbadataggine. Semmai la puntigliosità con cui da anni segue i dossier più spinosi del ministero, quelli relativi alle vertenze industriali. Una mole sterminata di tavoli (149 quelli ancora aperti fino allo scorso febbraio) su cui i funzionari del ministero si giocano spesso il sonno, con estenuanti trattative notturne, i dipendenti il posto di lavoro e i premier la popolarità. Basti pensare alla quantità di tweet e hashtag con cui la scorsa primavera Renzi ha inondato il web per sbandierare l’accordo chiuso con Electrolux. Ma non è solo un debito di riconoscenza quello che ha consentito a De Vincenti di conquistare la delicata poltrona che fu del fedelissimo di Renzi. L’ex viceministro che già oggi, come ha annunciato il premier, parteciperà al suo primo Consiglio dei ministri, è allo Sviluppo dalla fine del 2011, come sottosegretario nel governo di Mario Monti. E lì è rimasto con Letta e lo stesso Renzi. Classe 1948, docente di Economia politica alla Sapienza, studioso di Marx e Sraffa collaboratore de Lavoce.info (fondata dal neo presidente dell’Inps Tito Boeri), De Vincenti è stato spesso definito un tecnico puro, ma la sua fede politica è granitica. In un’intervista radiofonica del giugno 2012 confessò di avere la tessera del Pci dal 1972 e di avere poi confermato la sua appartenenza con il Pds, i Ds e il Pd. «A cui sono iscritto e che voto», disse. Il problema del premier era, però, quello di rompere lo schema del «giglio magico», della truppa tosco-renziana sulla tolda di comando. E qui il neo sottosegretario ha tutte le carte in regola. Fu Pier Luigi Bersani a segnalarlo a Monti e all’ex segretario Pd andò il voto alle primarie del 2012. Una vicinanza coltivata anche negli anni successivi con un’intensa collaborazione alle attività del Nens, il think tank gestito da Bersani e Vincenzo Visco. Nelle ultime settimane, per mettere le mani avanti, i bersaniani hanno disconosciuto qualsiasi legame con De Vincenti. Ma non al punto di definirlo un renziano dell’ultima ora, come invece qualcuno ha sostenuto per Valeria Fedeli, la vicepresidente del Senato, anche lei di origini bersaniane, fino a due giorni fa in ballottaggio con De Vincenti. Qualcuno, come i grillini, ha già puntato il dito sul nuovo arrivato per un incontro, emerso dalle carte giudiziarie, con i vertici della cooperativa Concordia. Circostanza ammessa dall’interessato e senza alcun risvolto penale. C’è chi teme, piuttosto, un ritorno dello stile Fornero a Palazzo Chigi. Lo scorso dicembre, dopo la chiusura di una vertenza con la ex Iribus con 300 posti salvati, il viceministro si presentò in conferenza stampa e non riuscì a trattenere le lacrime. In pieno area giglio magico invece resta l’altra nomina del minirimpasto. Il nuovo segretario generale di Palazzo Chigi è infatti Paolo Aquilanti, capo di gabinetto e fedelissimo del ministro Maria Elena Boschi.
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EMILIA PATTA, IL SOLE 24 ORE -
È Claudio De Vincenti, attuale viceministro allo Sviluppo economico, il nuovo sottosegretario alla Presidenza del?Consiglio che oggi prenderà il posto del neo ministro alla Infrastrutture e ai Trasporti Graziano Delrio. La scelta di Matteo Renzi, che sarà ufficializzata nel Consiglio dei ministri di stamattina dedicato al Def, è alla fine ricaduta come da previsioni della vigilia su un fidato conoscitore della macchina (De Vincenti è stato sottosegretario, sempre allo Sviluppo, sia nel governo Monti sia nel governo Letta) estraneo al cosiddetto “giglio magico” renziano: De Vincenti proviene infatti dall’area bersaniana.
Romano, 66 anni, è professore di economia politica alla Sapienza di Roma e collabora con il sito di economia Lavoce.info. Tra il 1998 e il 2001 è stato consulente economico per i governi di centrosinistra guidati da Massimo D’Alema e Giuliano Amato. E nel suo curriculum spicca la presenza nel comitato esecutivo della fondazione Nens, che fa capo all’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani e all’ex ministro Vincenzo Visco. Un modo per “addolcire” la minoranza interna in vista della votazione alla Camera sull’Italicum? Certamente c’è anche questo elemento, ma il nuovo Renzi è intenzionato ad aprire “il giglio magico” a tutto il partito con una strategia il più possibile inclusiva a prescindere dall’Italicum. Oggi sarà confermata anche la scelta di Paolo Aquilanti, una grand commis dello?Stato che ha lavorato a lungo come funzionario del Senato, come segretario generale di Palazzo Chigi. Aquilanti è stato voluto da Maria Elena Boschi come suo braccio destro al ministero per le Riforme, dove si è occupato del dossier della legge elettorale aiutando la giovane ministra a evitare le insidie delle aule parlamentari.
Resta ancora un stan by, invece, il nodo del ministero da assegnare al Nuovo centrodestra dopo il “sacrificio” di Maurizio Lupi dimessosi dalla Infrastrutture. È noto che il partito di Angelino Alfano ha chiesto una compensazione adeguata con l’assegnazione di un ministero di peso. Per questo si era parlato nelle scorse settimane della trasformazione del vacante ministero degli?Affari regionali in un ministero del Sud rafforzato con la delega ai fondo Ue finora nelle mani di?Delrio. Ma i fondi Ue rimarranno a Palazzo Chigi: su questo Renzi non ha voluto sentire ragioni. La compensazione potrebbe dunque comportare l’assegnazione di due caselle: il ministero appunto degli?Affari regionali che però resterebbe senza portafoglio e in più il ruolo di viceministro lasciato libero da De Vincenti allo?Sviluppo economico. Qui potrebbe essere promossa l’attuale sottosegretaria alfaniana Simona Vicari, mentre agli Affari regionali potrebbe andare un’altra donna (si fa il nome di Dorina Bianchi, ma restano in pista anche Federica Chiavaroli, Rosanna Scopelliti, Erminia Mazzoni e Valentina Castaldini.
La novità, in ogni caso, è che con l’offerta della casella lasciata libera da De Vincenti ci potrebbe essere un’accelerazione e il quadro potrebbe completarsi prima delle elezioni amministrative del 31 maggio. Un modo per presentarsi davanti agli elettori senza questioni sospese all’interno della maggioranza dando una maggiore immagine di compattezza.
Emilia Patta
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CARLO BERTINI, LA STAMPA -
Non è un fedelissimo del cerchio stretto, né un quarantenne, ma un economista di solida esperienza e di età matura, per di più di area bersaniana: con una delle sue mosse spiazzanti, Matteo Renzi sostituisce Graziano Delrio con Claudio De Vincenti, viceministro allo sviluppo Economico - unico ancora in carica del governo Monti, passato per il dicastero Letta. Accompagnando la sua nomina con quella del nuovo segretario generale di Palazzo Chigi: Paolo Aquilanti, capo dipartimento dei Rapporti col Parlamento, grand commis oggi braccio destro della Boschi. Scegliendo De Vincenti, docente di scienza delle Finanze, membro del comitato esecutivo della Fondazione Nens che fa capo a Vincenzo Visco e Bersani, consulente economico dei governi D’Alema e Amato, il premier intende dimostrare che «non è rinchiuso nel bunker di Palazzo Chigi con gli amici degli amici», spiega Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, «ma che punta su una persona seria e leale».
Rimpasto incompiuto
Ma il puzzle di governo non sarà completato a breve e non ci sarà una compensazione automatica con l’Ncd che ha perso le Infrastrutture. Tradotto, al partito di Alfano non è detto che verrà offerta la carica di De Vincenti oltre a quella del dicastero agli Affari regionali prenotata da Dorina Bianchi. Se ne riparlerà dopo le regionali e nel frattempo il posto di viceministro potrebbe restare al Pd, «perché al ministero dello Sviluppo economico non abbiamo più nessuno dei nostri», spiega un dirigente di alta fascia.
La minoranza spiazzata
Neanche a dirlo, alla vigilia di un tornante scivoloso come quello della riforma elettorale che spacca il Pd, il gesto di piazzare nel crocevia di Palazzo Chigi un esponente di sinistra esterno al renzismo spiazza la minoranza. «La scelta ricade nelle facoltà del premier, è una figura di sua totale fiducia. Renzi mi aveva informato, ma non è stata una mia richiesta, non mi fa nessun favore, anche perché noi non ne facciamo una questione di poltrone, tanto che io ho messo a disposizione la mia», spiega Roberto Speranza, capogruppo e capo corrente di Area Riformista. «De Vincenti è un tecnico di area, non è un rappresentante della minoranza Pd», tiene a precisare Stefano Fassina che con Letta fu collega di governo del neosottosegretario. «Piuttosto ora si porrà il problema di chi gestirà i 150 tavoli di crisi del Mise, per i quali lui aveva accumulato esperienza, relazioni e capacità». Dunque la strategia di Renzi non è quella di blandire gli oppositori interni ma di aprire il perimetro superando gli steccati in base al requisito dell’affidabilità. Che è ciò che si chiede in queste ore a tutti i parlamentari, come ha fatto il capogruppo Luigi Zanda con una lettera ai senatori Pd, invitandoli a garantire le presenze, dopo che ieri per due volte è mancato il numero legale e in vista del voto decisivo sul Def che il 21 aprile richiederà una maggioranza di 161 senatori presenti e votanti.
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LUISA GRION, LA REPUBBLICA -
ROMA .
È stato l’uomo dei «tavoli », delle trattative estenuanti per cercare di tenere in piedi aziende in crisi e posti di lavoro in pericolo. Le Acciaierie di Terni, l’Alcoa, Irisbus, Lucchini sono alcuni dei tanti dossier impilati sul tavolo di Claudio De Vincenti, fino a ieri viceministro dello Sviluppo economico. Oggi esordirà al Consiglio dei ministri come sottosegretario della Presidenza, al posto di Graziano Delrio che ha sostituito Maurizio Lupi al ministero delle Infrastrutture. Paolo Aquilanti sarà il nuovo segretario generale di Palazzo Chigi, prendendo il posto di Mauro Bonaretti.
Renzi ha riempito la casella rimasta vuota sciogliendo un toto nomine che durava da giorni, e nel farlo ha scelto quello che un tempo si sarebbe definito un «tecnico di area». De Vincenti, infatti, è da sempre legato e iscritto al Pd, ma non è mai stato eletto nelle file del partito. Di sicuro è uomo abituato a trattare e in realtà la stessa scelta del premier è vista da molti come una sorta di mediazione, di apertura che Renzi avrebbe fatto alla minoranza del Pd. Il lungo curricudella lum di De Vincenti si snoda infatti attraverso collaborazioni con uomini che non fanno parte del cerchio del presidente del Consiglio: da Bersani a Vicenzo Visco, (è nel comitato esecutivo della fondazione Nens). Fra il 1998 e il 2001 è stato consulente economico per gli esecutivi D’Alema (è stato anche articolista sua “Italianieuropei”) e Amato. Nella squadra di governo c’era già - da sottosegretario allo Sviluppo economico - con Monti e Letta. Un professore indubbiamente di sinistra (ha esordito nel 1978 con una pubblicazione sull’influenza di Marx nel pensiero di Piero Sraffa, l’economista amico di Gramsci e portetto da Keynes) che ha messo, per una volta, d’accordo tutto il Pd. Anche perché al partito De Vincenti si dedica e non fa storie, quando può, per partecipare alle iniziative alle quali lo invitano.
Tanto si sa della carriera pubblica del professore di economia politica alla Sapienza di Roma, quanto poco trapela della sua vita privata. De Vincenti è nato e cresciuto nella capitale, classe 1948, è sposato e ha due figli, un maschio e una femmina. Oltre alla macroeconomia e alla politica industriale le sue passioni sono sopra tutte - l’alpinismo (è iscritto al Cai da anni) seguito dal ciclismo. Cerca di non perdersi una tappa del Tour o del Giro, ma in questi ultimi quattro anno al governo, pare che scalate e corse in bici le abbia riservate alle vacanze, accontentandosi di fare jogging a Villa Borghese, a Roma. Gli piace Brahms, ama Verdi e ascolta volentieri musica jazz.
Nel ministero condotto dalla Guidi il suo ruolo è stato quello di trattare ai tavoli delle grandi crisi, compito per il quale ora si sta cercando in fretta un sostituto. Anche ieri pomeriggio, a nomina ufficializzata, ha partecipato ad un lungo incontro sul piano industriale della Lucchini dopo l’acquisizione da parte degli algerini della Cevital. Che quelli del lavoro siano i temi che gli stiano più a cuore lo si era già capito un paio di anni fa, quando fu colpito da un malore dopo un acceso scontro ai tavoli della vertenza sulla Thyssen di Terni. E lo scorso dicembre, parlando dei 310 posti salvati per gli operai della Irisbus il riservato professore versò lacrime di stanchezza e commozione.