Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/4/2015, 7 aprile 2015
PERISCOPIO
Il povero Bersani ogni giorno spinge al rimpianto della pompa di benzina di famiglia di Bettola (oh ragassi, putòst che gnente l’è mei putòst!). Stefano Di Michele. Il Foglio.
La giustizia tardiva è sempre una giustizia negata, come recita una massima della Corte suprema statunitense. Michele Ainis, giurista. Corsera.
La Lega è un partito di destra e non da oggi. E quella di piazza del Popolo è stata una manifestazione di destra. Una destra non moderata, ma nemmeno così estremista come si dice in questi giorni. L’intesa con CasaPound con loro non mi scandalizza e liquidarli come fascisti è sommario. Tuttavia, e non voglio mancare di rispetto alle loro idee (mi hanno pure difeso per i miei libri revisionisti sulla Resistenza), mi pare contino poco. Insomma, secondo me, vedendo il comizio di Salvini nella Capitale, nell’entourage del presidente del consiglio si fregavano le mani perché, con un’ opposizione fatta così, Renzi ha davanti un ciclo. Lui è sicuro di sé, ha anche una gran faccia di tolla e in questo momento può dire tutto e il contrario di tutto. Certo poi può sempre succedere l’imponderabile... Giampaolo Pansa (Massimo Rebotti). Corsera.
Non basterebbe certo un buon ministro per salvare quel poco che resta della cultura italiana. Quel che manca è un ceto intellettuale di riferimento. Non ci sono più le élite, nel senso di gente in possesso sia di buoni strumenti intellettuali sia del potere per usarli. Infatti oggi in Italia si può dire impunemente qualsiasi cosa. Non esiste più la sanzione intellettuale per le stronzate. E le garantisco che se ne sentono moltissime. Philippe Daverio. Critico d’arte. La Stampa.
Scrissi io il necrologio pubblicato dal Corriere dell’editore Angelo Rizzoli senior. Quando morì, non c’era niente di pronto nell’archivio del suo giornale. Misteri del Corriere. Dall’archivio di via Solferino sono sparite anche tutte le cartoline. In tempi lontani, i giornalisti che andavano in viaggio o in vacanza avevano l’obbligo di spedire un souvenir alla redazione, da utilizzarsi in caso di calamità naturali in quel luogo o per altri usi iconografici. Comunque poi di coccodrilli (pezzi biografici che i giornali tengono sempre pronti in caso di morte improvvisa dei personaggi famosi, ndr) ne ho compilati almeno 200. La Rai li aveva commissionati a un portaborse della Confindustria in quota al Pli. Non sapendo scrivere, li subappaltò a me: 20 mila lire (d’allora) l’uno. Guido Vigna, giornalista (Stefano Lorenzetto). Il Giornale.
Il nome del figlio è uno dei miei film preferiti. Non so neanche quante volte l’ho rivisto. Siamo tutti debitori a Ettore Scola. Alla sua ironia. Al suo saper costruire meccanismi comici e feroci che sfiorano e a volte superano la perfezione. In Francia, la commedia alla Scolà è un genere. Un genere molto riconoscibile. Imitato, studiato, rispettato. Un genere che ha precisi pilastri narrativi. Francesca Archibugi, regista. Il Fatto.
La grandezza di Carlo Emilio Gadda è stata di aggirare in letteratura i suoi limiti psicologici. O servirsene come fondo oscuro di nevrosi capace di alimentare la sua creatività. Ma a un certo punto la vena si inaridì. L’ultima grande cosa fu la riscrittura del Pasticciaccio. Il suo dramma, secondo me, è che quando divenne famoso esaurì la sua forza creativa. È una questione irrisolvibile. Perché Verdi a ottant’anni scrive il Falstaff e Rossini a 35 è un artista finito, un sopravvissuto? Non ho risposte convincenti. Piero Gelli già editor Garzanti, Einaudi e Rizzoli (Antonio Gnoli). la Repubblica.
S’era trovato largamente d’accordo con le affermazioni fatte da Mussolini nel discorso di Pesaro, dove il capo del governo aveva dichiarato di voler difendere fino all’ultimo sangue la lira che, uscita decisamente malconcia dall’inflazione del dopoguerra, faticava a riprendere dignità davanti alle altre divise. Andrea Vitali, La Figlia del Podestà. Garzanti, 2005.
Don Alfonso saliva i gradini dell’altare, estate e inverno, alle sei precise. Le sette nere Ermenilde, annidate nel tenebrore della navata, lo salutavano con minuscoli colpi di tosse e raschi di seggiole sul pavimento. Mentre il mondo giaceva ancora nelle caverne del sonno, quel prete, già rasato e abbigliato di splendidi panni, apriva il tabernacolo. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.
Quel giorno, avevo vent’anni, non avrei saputo dire perché mi aveva tanto sedotto, il Matteo di Caravaggio in San Luigi dei Francesi, a Roma. Ma da allora, per tutta la vita, se passavo da Roma tornavo a San Luigi dei Francesi. Dapprima, non sapendo perché; così come non si sa perché una faccia, fra mille altre, ci innamora. Poi con gli anni, crescendo, cambiando, ho cominciato a capire. Quel dito puntato, quella chiamata, mi dicevano di un mio nemmeno cosciente desiderio. Che accadesse anche a me. Quando i figli sono cresciuti, li ho portati a Roma, dal «mio» Matteo. Non ho detto niente. Soltanto: «Guardate». E ora anche loro, quando passano dalla capitale, tornano a San Luigi dei Francesi. Che ora è un po’ affollata. Ma ci andrò di novembre, in una mattina di pioggia, senza turisti, e saremo di nuovo soli: il ragazzo dei inutili denari, quella mano che chiama, e io. Marina Corradi. Tempi.it.
Con il tempo le favole anni 80 sono evaporate e i produttori di reality hanno cominciato a usare vecchie celebrità in cerca di una seconda possibilità, attori, cantanti, campioni sportivi, ingaggiati su set piuttosto avventurosi, per mimare una lotta per la sopravvivenza utile a vendere negli intervalli saponi alla papaya, fuoristrada e barrette dietetiche. Curzio Maltese. ilvenerdì.
Il più terribile dei miei mali è la predisposizione alla monogamia; c’è una sola donna con la quale posso fare tutto quello che gli uomini fanno con le donne: Maria. E da quando lei se ne è andata, vivo come dovrebbe vivere un monaco, con la differenza che io non sono un monaco. Heinrich Böll, Opinioni di un clown. Mondadori, 1963.
Ti sembra giusto che l’Unione europea impedisce alle nostre porcilaie di dare il Fernet alle ghiande ai nostri suini? Ma è anni che lo diamo, perché dovremmo cambiare? Perché lo dice un burocrate, anche se per me ha ragione? Maurizio Milani. Il Foglio.
Mi piacciono le donne che arrossiscono solo quando si rivestono. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/4/2015