Luca Gualtieri, MilanoFinanza 7/4/2015, 7 aprile 2015
POPOLARI, SI MUOVONO I DIPENDENTI
I dipendenti-soci sono stati tra gli stakeholder fondamentali delle banche popolari. In alcuni casi il contributo dato agli assetti di governo è stato determinante, anche se la Banca d’Italia ne ha criticato le ingerenze eccessive, come accaduto in passato alla Popolare di Milano. Oggi la riforma Renzi-Padoan rischia di mettere in discussione questo storico legame, ragion per cui c’è chi sta studiando nuove forme di partecipazione, in linea con il modello delle società per azioni.
Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, in alcuni istituti gruppi organizzati di dipendenti e sigle sindacali interne sarebbero intenzionati a prendere parte al riassetto societario. L’idea allo studio sarebbe quella di dar vita a un contenitore, magari nella forma di cooperativa, che sia eticamente e socialmente utile ai dipendenti e che partecipi all’azionariato della futura spa. Si tratterebbe insomma di una riedizione del progetto elaborato per la Banca Popolare di Milano sotto la presidenza di Andrea Bonomi, a cui oggi molti in Piazza Meda guardano con un pizzico di rimpianto. Oggi la discussione su un progetto di questo genere potrebbe trovare terreno fertile anche in altri gruppi, da Ubi Banca alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna, passando anche per il Banco Popolare dove storicamente il peso dei dipendenti è sempre stato piuttosto limitato. Il tema della partecipazione dei dipendenti al governo societario del resto è molto caro ad alcune sigle sindacali, ed è recentemente tornato in auge nel dibattito parlamentare. Il disegno di legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese (recentemente adottato dalla commissione Lavoro del Senato su iniziativa dell’ex ministro Maurizio Sacconi) prevede infatti che il coinvolgimento dei dipendenti nella governance sia legato alla contrattazione aziendale. Se il provvedimento entrasse in vigore, i lavoratori delle popolari riceverebbero insomma un assist di non poco conto. Tanto più che «l’aggregato dipendente» potrebbe contribuire alla costituzione di quello zoccolo duro di azionisti su cui si fonderà la governance delle future società per azioni. «È certo che il coinvolgimento diretto dei dipendenti nel processo di trasformazione delle popolari sarebbe utile e necessario», spiega a MF-Milano Finanza Agostino Megale, segretario generale della Fisac-Cgil, sulla stessa lunghezza d’onda di Giulio Romani, numero uno della Fiba-Cisl: «Saremo in prima fila in questa partita. Un coinvolgimento diretto dei lavoratori potrebbe creare la coesione necessaria per affrontare la trasformazione e le tappe successive senza tensioni e rotture». Al momento comunque sul tema non ci sarebbe ancora una posizione unitaria a livello nazionale, e anzi in alcuni ambienti regnerebbe un certo scetticismo sull’esito dell’iniziativa. I dubbi non sono legati soltanto alla traduzione pratica del progetto, ma anche alla disponibilità di amministratori, soci esterni e organi di vigilanza ad avallare un’iniziativa senza dubbio insolita per una società quotata.
Di certo nei prossimi mesi le ambizioni dei dipendenti-soci potrebbero giocare un ruolo determinante nel definire la governance delle ex popolari. Già oggi, alla vigilia delle assemblee di bilancio, la priorità per gli amministratori è soprattutto quella di stabilizzare la governance, raccogliendo gli azionisti forti attorno a noccioli duri il più possibile stabili nel tempo. Un’operazione che potrebbe procedere in parallelo con l’individuazione di partner con cui convolare a nozze durante o subito dopo la trasformazione in società per azioni. Una governance stabile potrebbe infatti rivelarsi doppiamente vantaggiosa per gli attuali amministratori delle popolari. Se infatti da un lato patti di voto o di blocco delle quote potrebbero sbarrare la strada agli eventuali scalatori, dall’altra una base di azionisti amici potrebbe favorire soluzioni di continuità al vertice.
Nella maggior parte degli istituti infatti la trasformazione in spa sarà accompagnata dalla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione, con conseguenze potenzialmente assai destabilizzanti per i gruppi di potere che hanno finora guidato le popolari. Con l’abolizione del sistema del voto capitario e senza una salda presa sui grandi azionisti, gli attuali gruppi dirigenti rischiano insomma di essere spazzati via. Per ovviare a questi rischi le grandi manovre sarebbero già cominciate, soprattutto nelle popolari di dimensioni maggiori. I contatti tra i grandi soci sarebbero in corso già da qualche settimana e interesserebbero principalmente imprenditori, grandi famiglie, dipendenti, ex dipendenti, soggetti finanziari e qualche fondazione di origine bancaria come la Cariverona (sul Banco Popolare) o l’Ente Banco di Sardegna (per la Bper).
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 7/4/2015