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 2015  aprile 05 Domenica calendario

TELEFONIA MOBILE, PERSI 1,6 MILIARDI

MILANO
Ci mancava anche Whatsapp. Ora che anche la app della galassia Facebook (a febbraio 2014 è stata comprata per 19 miliardi di dollari) consente di effettuare telefonate (per ora solo su dispositivi Android), per gli operatori mobili si pone, innegabilmente, una questione da monitorare con grande attenzione. In realtà, che si tratti di problema oppure di opportunità sarà da verificare sul campo. La cannibalizzazione del traffico voce sarà maggiore o minore dell’aumento del consumo di dati da parte degli utenti? Del resto il Voip, alla base delle telefonate tramite Whatsapp, altro non è, in estrema sintesi, che lo sfruttamento di connessioni internet anche per il traffico voce. In questo senso, dove non c’è il Wi-fi c’è il traffico dati. E quindi entrate per le telco.
È innegabile, però, che lo sbarco nella telefonia di quel Whatsapp che, più di ogni altro servizio di messaggistica, ha letteralmente ucciso gli sms (che nelle casse delle telco portavano, eccome ricavi) certo non fa dormire sonni tranquilli agli operatori telefonici. Perché se è vero che gli abbonamenti mobili sono oltre il 50% in più della popolazione in Italia (94,65 milioni di Sim secondo Agcom a settembre 2014, a fronte di 60,8 milioni di italiani secondo Istat), è altrettanto vero che gli operatori di telefonia mobile continuano a perdere ricavi su ricavi.
Infatti anche nel 2014, secondo i calcoli fatti dal Sole 24 Ore sui bilanci delle aziende, sono andati persi 1,6 miliardi di euro di “ricavi da servizi”. Una voce, questa, che rappresenta senz’altro un termometro per misurare lo stato di salute “industriale” del comparto mobile. E così, nella loro attività “caratteristica” (quindi tralasciando correttivi finanziari, efficienze sui costi, ecc), i quattro principali operatori mobili (Mno) – Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia – hanno realizzato ricavi da servizi scesi complessivamente da 15 miliardi di euro a 13,4. Una bella botta, che fa ancora più male se si considera che nell’anno precedente gli stessi operatori hanno lasciato sul tappeto 2,7 miliardi di euro di ricavi da servizi mobili. Andando nel dettaglio, i ricavi da servizi di Tim in un anno sono scesi di 530 milioni (a quota 4,6 miliardi di euro); quelli di Vodafone Italia di 801 milioni (a 4,4 miliardi di euro); quelli di Wind di 307 milioni di euro (a 2,98 miliardi). Solo 3 Italia ha invece chiuso in positivo sia gli ultimi tre mesi (+7,5%) sia tutto il 2014 (+1,8%), chiudendo a ricavi da servizi pari a 1,376 miliardi.
Certo, a guardare bene all’interno dei numeri, un barlume di speranza c’è, e arriva dall’analisi del trend. Nel corso dei vari trimestri del 2014 la flessione è andata perdendo consistenza. Per Tim si è passati da un -14,9% del primo trimestre a un -5,7% dell’ultimo nel 2014. Allo stesso modo per Vodafone la flessione su base annua registrata a gennaio-marzo (che rappresenta l’ultimo trimestre dell’anno fiscale che la multinazionale inglese chiude il 31 marzo) è passata dal -20,2% al -9,6%, come per Wind dal -10,6% del primo trimestre al -6,8% dell’ultimo. Che cosa è successo? In questo miglioramento va senz’altro iscritto il time out che gli operatori si sono dati nella scellerata guerra dei prezzi che nel 2013 – e fino alla prima parte del 2014 – ha scosso dalle fondamenta un settore in cui analisti e osservatori da tempo evidenziano le necessità di ridurre il numero di operatori esistenti. Occhi e orecchie sono al momento puntati su un eventuale matrimonio fra Wind e 3 Italia, anche se il tema è più volte apparso e scomparso nel corso degli anni.
Allo stop nella guerra dei prezzi si è inoltre unito un cambiamento che sta impattando e che in prospettiva potrebbe impattare ancora maggiormente. L’ultimo studio trimestrale dell’Agcom sul settore della telefonia (aggiornato a settembre), riporta di un aumento del traffico dati del 45% in un anno, anche più di quanto era successo nei primi sette mesi del 2013 (+33%). Se si considera che le sim che hanno effettuato traffico dati sono salite al 44% della customer base complessiva (dal 29%), il combinato disposto fa molto ben sperare gli operatori. Insomma, se la voce appare sempre di più una commodity, forse con i dati si può ancora fare molto business. Anche perché, considerando che i dati Agcom indicano ancora più della metà di schede solo voce nei telefonini degli italiani, la sostituzione potrebbe condurre all’acquisto di smartphone, magari andando direttamente al 4G: telefonia mobile di ultima generazione fatta di reti più efficienti su cui far passare voce, ma anche più dati. Ricavi che servono come il pane.
Andrea Biondi, Il Sole 24 Ore 5/4/2015