R.Es., Il Sole 24 Ore 5/4/2015, 5 aprile 2015
«IL KENYA FERMERÀ IL CALIFFATO»
Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha assicurato che reagirà nel modo più duro: gli al-Shabab somali non riusciranno a instaurare un «califfato» islamico nel Paese. Il governo del Kenya ha comunque proclamato tre giorni di lutto nazionale per le vittime dell’eccidio.
Intanto gli jihadisti somali di al-Shabab hanno minacciato il Kenya di un «altro bagno di sangue», dopo il massacro di 150 persone compiuto due giorni fa nell’Università di Garissa, a soli 150 chilometri dal confine somalo. Colpiremo ancora, hanno aggiunto, «scuole, università, luoghi di lavoro e anche le vostre case».
«Non solo state tollerando le politiche repressive del vostro governo senza protestare, ma le state anche rafforzando eleggendolo - si legge in una dichiarazione diffusa via email dagli islamisti - quindi ne pagherete il prezzo con il vostro sangue».
E poi ancora: «Con la benedizione di Allah non ci fermeremo davanti a niente per vendicare la morte dei nostri fratelli musulmani, fino a quando il vostro governo non metterà fine alla repressione e fino a quando tutte le terre musulmane non saranno liberate dall’occupazione keniana – si legge ancora nel comunicato – fino ad allora nelle città keniane scorrerà il sangue... questa sarà una guerra lunga e terribile di cui voi, cittadini keniani, sarete le prime vittime».
Nella nota gli islamisti hanno quindi riferito che nell’attacco di due giorni fa «i mujahedeen hanno fatto irruzione nell’Università e sono subito andati nei dormitori dove hanno radunato tutte le persone presenti. Dal momento che l’attacco era solo contro i non musulmani, a tutti i musulmani è stato consentito di lasciare l’edificio, quindi sono stati giustiziati i miscredenti».
Al-Shabab ha poi denunciato le «indicibili atrocità commesse contro i musulmani dell’Africa orientale» dalle forze di sicurezza keniana. I responsabili dell’attacco a Garissa volevano «vendicare la morte di migliaia di musulmani uccisi dalle forze di sicurezza keniane».
Tra i cinque arrestati, sospettati di aver a che fare con la strage, due lavoravano all’interno del campus. Lo riferiscono le autorità keniane sottolineando che uno dei due è un guardiano «keniano di origini somale» di nome Osma Ali Dagane. L’altro èun tanzaniano, Rashid Charles Mberesero, e aveva nascosto nel soffitto dell’università delle bombe.
Infine il presidente americano Barack Obama ha confermato il suo viaggio in Kenya. «Il futuro del Kenya non sarà determinato dalla violenza e dal terrore, ma sarà disegnato dai giovani come quelli dell’Università di Garissa. Questo è il messaggio che porterò in luglio». In merito alla strage, la Casa Bianca difende la sua strategia anti-al Shabab. Washington non è intervenuta sul terreno, preferendo condurre attacchi con i droni contro i leader del gruppo islamista somalo – due sono stati uccisi il mese scorso – e sostenere le truppe dell’Unione Africana, fra cui quelle del Kenya, impegnate in Somalia.
Gli Stati Uniti hanno affidato agli uomini delle Operazioni Speciali il compito di condurre raid mirati e consigliare le truppe somale e dell’Unione Africana, le quali hanno ricevuto fin dal 2007 un miliardo di dollari di equipaggiamento, addestramento e a assistenza.
La strategia adottata ha effettivamente prodotto risultati: il gruppo islamista affiliato ad al-Qaeda controllava praticamente tutto il sud della Somalia ma ora ha perso il 75% del suo territorio, compreso il porto di Chisimaio che produceva importanti profitti. Tuttavia il massacro di Garissa mostra i limiti di questo approccio, anche se una fonte dell’Amministrazione afferma che si tratta di attacchi di “disperati” costretti ad agire «in piccoli gruppi per realizzare operazioni di grande impatto».
R.Es., Il Sole 24 Ore 5/4/2015