Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 8/4/2015, 8 aprile 2015
MAYWEATHER. LO CHIAMANO MONEY?
Il denaro non è tutto nella vita. Ma è l’unica cosa che conta. Paperon de’ Paperoni mentre nuota tra le monete d’oro del suo Deposito numero uno? No, Floyd Mayweather Jr. in una delle perle di saggezza distribuite al mondo attraverso i social network, di cui è avidissimo utente. L’ultima prodezza? Un’istantanea dal letto della magione da 6 milioni di euro nei sobborghi più chic di Las Vegas, circondato da decine di mazzette con sonanti bigliettoni verdi (tutti da 100 dollari) e perfino rosa, il colore della banconota da 500 euro.
In questi casi, bisognerebbe dire che non c’è neppure la notizia, perché non manca giorno in cui il più forte pugile pound for pound di oggi, guarda caso soprannominato Money, non sbatta in faccia alla povera umanità tutta la sua smaccata ricchezza, dal parco auto degno di uno sceicco al doppio jet privato, fino alla collezione di orologi o al guardaroba esclusivamente grandi firme. Perfino chi non mastica la nobile arte ha ormai messo a fuoco il volto dello sportivo più ricco del pianeta, più di 250 milioni di euro guadagnati in carriera destinati a gonfiarsi a dismisura dopo il «match del secolo» del 2 maggio contro Pacquiao, che muoverà qualcosa come 420 milioni di euro, trasformandolo nell’atleta capace di guadagnare la maggior somma di denaro in una singola annata, 138 milioni di euro, superando Tiger Woods. E le stime sono addirittura per difetto, perché mancano ovviamente i dati degli introiti che potrà generare la pay per view.
Se è vero che ricchezza produce ricchezza, Mayweather rappresenta però un brand del tutto particolare nello show business delle sponsorizzazioni: semplicemente, nessuna grande azienda si è ancora legata al suo nome e i suoi guadagni sono quasi tutti sostanzialmente legati all’attività sul ring e alle vittorie (47 e senza alcuna sconfitta, a due dal record di Marciano). Da una parte, sottovoce ma neppure troppo, qualcuno fa notare che sarebbe assai pericoloso per una multinazionale affidarsi a un testimonial che è stato in galera per percosse alla fidanzata e che non ha mai lesinato commenti razzisti su molti casi di attualità. Dall’altra, ci sono le profonde convinzioni dello stesso pugile, che in un’intervista dell’anno scorso a Sports Illustrated affermò che i marchi più prestigiosi avrebbero dovuto sborsare fior di milioni per accaparrarselo, senza possibilità di trattative al ribasso.
In fondo, considerato il conto in banca, può anche permetterselo, ma la sfida con Pacquiao, talmente ricca e talmente attesa da cambiare la percezione dell’evento sportivo in sé e forse perfino le regole più consolidate del marketing, potrebbe segnare un cambio di rotta. Anche perché Mayweather sarà indubbiamente uno spendaccione senza ritegno, ma ha dimostrato di saper fare di conto quando le circostanze lo richiedevano. Innanzitutto, è stato lui in persona a condurre le trattative che lo hanno portato a firmare con la tv via cavo Showtime dopo che la prima parte della carriera era stata seguita da Hbo. Risultato, 220 milioni di euro garantiti per sei match. Con l’amico 50 Cent, poi, ha creato una società che avrebbe dovuto occuparsi di gestire la scuderia dei pugili di Mayweather (sì, è anche organizzatore) e quella degli artisti del rapper, prima che i due litigassero pare per una questione di scommesse. E un paio di altri segnali, seppur minori, si legano nello specifico proprio al match con Pacquiao. Innanzitutto, la battaglia tra due marche di birre assai popolari in Messico e in tutti i paesi di madrelingua spagnola, la Tecate e la Corona, per avere il logo sulla locandina ufficiale: l’ha spuntata la prima, che aggiungerà altri 5 milioni di euro al giro d’affari della sfida. E poi, ben più recente (è notizia di lunedì), la commercializzazione del paradenti che Floyd utilizzerà la sera del match di Las Vegas.
In realtà, la storia è un po’ più complessa: il campione del mondo dei welter ha pagato 22.000 euro al dottor Lee Gause, dentista di New York tra i più famosi per la creazione di questi oggetti, per avere un paradenti personalizzato. E ne ha ottenuto in cambio una sorta di opera d’arte costosissima, con l’inserimento di scaglie d’oro, di diamanti e anche di un bigliettone da 100 dollari: «Combatto da 19 anni e il mio sorriso si è mantenuto perfetto, quindi non vedo cosa ci sia di male», ha detto Mayweather con la consueta tracotanza. Il particolare, però, è che il dottor Gause venderà a 200 euro una copia perfetta del paradenti, immaginiamo senza quei tocchi immaginifici che hanno impreziosito gli accessori del pugile più forte del mondo. Siccome però pure nelle copie resterà inciso il nome di Money, è difficile pensare che non riceverà le royalties. Perché il denaro non ha odore. E lo sapevano pure i nostri antenati a Roma.