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 2015  aprile 08 Mercoledì calendario

CIALENTE, IL CAPO POPOLO DA FARSA

Dei protagonisti di quella che fu la narrazione politico mediatica del terremoto aquilano, è rimasto solo Massimo Cialente. Sparito il Berlusconi di governo, ora sulla zattera sconnessa di un partito in disfacimento; evaporato il Bertolaso della Provvidenza, adesso in Africa per progetti umanitari; sostituito il governatore Gianni Chiodi. Cialente invece resiste. Ora come allora Sindaco (riconfermato) dell’Aquila. Che occhieggia, tra interviste e dichiarazioni, con la verve tragica del capo popolo, smanioso di condividere il dramma dei suoi cittadini alle prese con una faglia di dolore che corre lungo sei anni, quattro governi e una ricostruzione lumaca. Ma attenzione, perché a camminare sul ciglio dell’ enfasi si rischia di scivolare nella farsa. E Cialente questo rischio lo rappresenta tutto. Di indizi ve ne sono a iosa. A partire dalle due dimissioni. Annunciate e mai date, da italianissima prassi. Prima volta nel 2011, a seguito di problemi interni alla maggioranza e nel difficile percorso della ricostruzione. La seconda agli inizi dello scorso anno, per un’inchiesta sulla ricostruzione che toccò alcuni esponenti della sua giunta. In quest’ultima occasione, dopo il reinsediamento dichiarò a Repubblica: «sono pronto a dimettermi ancora». Certo, tanto che costa? Ma era un momento difficile, quello, anche segnato da patemi familiari. Per via di una causa intentata al Comune dalla cognata che non riteneva congruo il rimborso per l’abitazione distrutta. «Per tre mesi lei non mi ha rivolto la parola» (Repubblica, 23 Gennaio 2014). E non solo: per lo stesso motivo, «mio fratello non m’ha parlato per mesi» (il Fatto, 12 gennaio 2014). Chiaro che, quando ne capitano di tutti i colori, l’umore sia nero. «Eh, sto piegato», ammise all’Unità. Non mancano, nell’antologia cialentiana, i continui strali sul post terremoto, mostrando una vena poliedrica. Da politico assume il ruolo di pungolo costante che denuncia la carenza dei fondi e ritardi, nella logica del «sempre colpa degli altri». E non solo. La sua gittata verbale colpisce anche la resa televisiva e cinematografica della tragedia. Ne ebbe per Forum: «Mi aspetto che Rita Dalla Chiesa venga a L’Aquila a dare un’occhiata: la vera ricostruzione non è mai partita» (Terra, 29 Marzo 2011). E persino per Draquila, documentario di Sabina Guzzanti: «Ne esco un po’ così (…) come un cretino che pensa solo a cercare la sua gatta nera» (Sette, 2 Giugno 2011). Per fortuna la vicenda della gatta ebbe lieto fine. E la ricostruzione? Ne parla alla Stampa, 5 aprile scorso. «Solo quest’anno abbiamo un miliardo e duecento milioni.(…) Il problema è che non riesco ad avere i progetti». Motivo? «Il ministro Barca non mi diede retta quando gli dissi che 60 persone, a processare i progetti (…) sarebbero state insufficienti». Al solito, colpa degli altri.