VARIE 7/4/2015, 7 aprile 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - IL DEF
REPUBBLICA.IT
MILANO - Il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame del Documento di economia e finanza: si è tenuta una prima riunione del governo, ma il varo definitivo del Def e del Piano nazionale di riforma arriverà soltanto venerdì. Stessa data per la nomina del sottosegretario (o della sottosegretaria) alla Presidenza del Consiglio, dopo il passaggio di Graziano Delrio al dicastero delle Infrastrutture.
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è comunque presentato in conferenza stampa dopo l’esecutivo e ha detto del documento: "Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse. Capisco che non ci siate abituati, ma è così". Il premier ha anche voluto quantificare l’effetto della riduzione delle tasse, cercando di rispondere alle polemiche degli ultimi giorni: "Nel 2015 abbiamo ridotto tasse per 18 miliardi di euro: 10 dagli 80 euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro. Dobbiamo aggiungerci anche i 3 miliardi di clausole di salvaguardia disinnescati: 21 miliardi in totale". Parole che non placano le reazioni delle opposizioni, Renato Brunetta in testa, ma anche di fette del Pd: per Stefano Fassina si prospetta una manovra "recessiva e iniqua".
I numeri delle stime. Quanto ai contenuti delle stime sulla crescita, Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, hanno confermato la previsione per una crescita dello 0,7% quest’anno, dallo 0,6% precedentemente stimato ma in linea con le indiscrezioni della vigilia. Padoan, ricordando il quadro internazionale macroeconomico positivo, ha parlato di "prudenza" del governo. Per quanto riguarda gli anni seguenti, il ministro dell’Economia ha dettagliato che nel 2016 si prevede una crescita all’1,4% e quindi all’1,5% nel 2017. Per quanto riguarda il deficit, si conferma un livello al 2,6% del Pil per l’anno in corso, poi la discesa all’1,8% nel 2016 e allo 0,8% nel 2017. Sull’obiettivo dell’anno prossimo, per altro, le ricostruzioni della vigilia ricordavano la possibilità di alzare l’asticella - in sede di definizione della Legge di Stabilità in autunno - per dare più respiro all’economia e sfruttare la flessibilità concessa da Bruxelles. In quest’ottica, molti hanno ricordato la possibilità che il pareggio strutturale di bilancio slitti al 2018. Per il momento, chiarisce il comunicato di Palazzo Chigi, il punto di pareggio resta fissato nel 2017, sebbene il quadro tendenziale aggiornato (cioè l’evoluzione senza cambiamenti di legge) permetta di vedere l’obiettivo già nel 2016.
PIL (VAR % SU ANNO PRIMA) 2015 2016 2017 2018
Stime aprile 2015 +0,7 +1,4 +1,5 +1,4
Stime autunno 2014 +0,6 +1 +1,3 +1,4
QUADRO PROGRAMMATICO
Deficit nominale/Pil -2,6% -1,8% -0,8% 0
Deficit strutturale/Pil -0,5% -0,4% 0 0
Debito/Pil 132,5% 130,9% 127,4% 123,4%
Padoan ha sottolineato che, con questo quadro, il Def ha un "profilo di aggiustamento importante" dei conti pubblici, "ma allo stesso tempo è di natura espansiva, perché permette di utilizzare misure per la crescita. Rispetta poi la regola del debito, fondamentale per un Paese come l’Italia. Se dovessimo applicarla domani, costerebbe oltre due punti percentuali di Pil". Il rapporto tra lo stock di indebitamento e il Prodotto è visto al 132,5% quest’anno, poi nel 2016 al 130,9%, per poi scendere al 123,4% nel 2018, ha spiegato ancora Padoan ricordando l’impatto positivo, in questo percorso, delle privatizzazioni: Poste Italiane e Ferrovie le prossime operazioni nell’azienda del governo, che nel complesso si aspetta dalle dismissioni un impatto tra l’1,7 e l’1,8% del Pil da qui al 2018. "Nel 2018 la regola del debito sarà pienamente soddisfatta, l’incubo della montagna del debito che può attivare la ghigliottina delle regole sarà finalmente via", ha chiosato ricordando l’obbligo per i Paesi Ue di far scendere l’indebitamento verso l’obiettivo del 60% del Pil.
Spending review e clausole. Illustrando il documento, il premier ha detto che il governo ha "disattivato 3 miliardi di clausole che avevano previsto i governi precedenti". Si tratta delle ipotesi che Iva e accise subissero un nuovo incremento: pesano per 16 miliardi nel 2016 e salgono a 23 miliardi nel 2017 e per Federconsumatori potrebbero costare oltre 800 euro a famiglia. Per farvi fronte, serve quindi il taglio delle spese, insieme alla crescita economica. Uno dei grandi temi attesi, proprio quello della spending review, è stato così affrontato dal premier: "Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini, ma c’è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca un pò e se i sacrifici li fanno i politici o salta qualche poltrona nei consigli di amministrazione, male non fa". La cabina di regia dei tagli, passata dall’ex commissario Carlo Cottarelli al tandem Yoram Gugteld-Roberto Perotti, dovrebbe portare al governo 10 miliardi di risparmi nel corso di quest’anno. "Se la crescita sarà migliore delle attese - ha aggiunto Padoan - le clausole di salvaguardia si disinnescheranno automaticamente".
La vigilia del Cdm aveva portato un nuovo scontro con i Comuni italiani, rappresentati da Piero Fassino, che hanno alzato la protesta contro l’ipotesi nuovi tagli importanti, fieno in cascina da affiancare ai risparmi mirati della spending review. "Incontrerò i comuni prima di venerdì, se serve anche le Regioni. Ma ribadisco: non ci sono tagli per il 2015, punto", ha detto Renzi sulle lamentele di Fassino.
Per quanto riguarda invece l’aspetto delle riforme, come ricostruisce Repubblica in edicola, entro venerdì si dovrebbe definire un cronoprogramma con 12 aree d’intervento per il 2015-216, che è tutto in salita. Accanto al Def dovrebbe procedere anche un pacchetto di decreti urgenti. Nel menu ci sono i temi dell’assistenza e della riorganizzazione della sanità, insieme alle pensioni di invalidità che subiranno una stretta anti-abusi.
da repubblica di oggi
NAZIONALE - 07 aprile 2015
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ECONOMIA
Dodici riforme in due anni l’Italia si impegna con la Ue ma è corsa contro il tempo
Ecco il piano per avere più flessibilità da Bruxelles Misure anche nella sanità. Decreto sulle città metropolitane
ROBERTO PETRINI
ROMA .
Corsa contro il tempo a Palazzo Chigi e al Tesoro per varare Def e Programma nazionale di riforme. Oggi prima riunione del Consiglio dei ministri, in vista di quello decisivo di venerdì: accanto ai documenti di finanza pubblica avanza anche un pacchetto di decreti urgenti, mentre sembra tutto in salita il percorso stabilito dal cronoprogramma che prevede 12 aree di intervento nel biennio 2015-2016. Tutte misure indispensabili per contrattare una nuova flessibilità sui conti pubblici con Bruxelles. Flessibilità possibile che vale tra i 7 e gli 8 miliardi.
Nel menù si affacciano tagli e riorganizzazioni di sanità e assistenza. Il Def nelle bozze circolate negli ultimi giorni parla esplicitamente di un intervento sulle pensioni di invalidità per eliminare abusi che si riscontrano in alcune regioni e di una revisione del sistema dell’assistenza oggi diviso tra Inps, Comuni e Asl. Nel mirino anche la sanità con un «monitoraggio» dei livelli essenziali di assistenza e l’esigenza di «ridisegnarne il perimetro» in relazione alle innovazioni cliniche e tecnologiche. Prevista inoltre la rivisitazione del sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie.
La questione più urgente - il decreto è pronto sul tavolo del governo - riguarda i vecchi tagli, quelli previsti dalla Stabilità 2015 per Comuni e città metropolitane: si tratta complessivamente di 2,2 miliardi che devono essere distribuiti tra piccoli municipi e città metropolitane sulla base di criteri contestati soprattutto dai sindaci dei grandi centri (Roma, Firenze e Napoli). «Il governo ci incontri prima del varo del Def», ha chiesto ieri il presidente dell’Anci Piero Fassino che vedrà i suoi colleghi a Roma giovedì.
Oltre alla partita dei dirigenti dell’Agenzia delle entrate e ai riflessi sul gettito del rientro dei capitali dalla Svizzera, per la quale il decreto sarebbe imminente, altre misure sul piano fiscale sono in cottura: la settimana successiva al varo del Def dovrebbero arrivare i decreti di attuazione della fatturazione elettronica e del catasto. Attesa anche per i restanti decreti attuativi del Jobs Act.
Nel frattempo l’intenzione del governo resta quella di varare una manovra da 10 miliardi sul 2016, senza aumentare le tasse e procedendo con la spending review per scongiurare l’aumento dell’Iva. Resta in ballo anche lo sfoltimento delle agevolazioni fiscali che il nuovo Mr.Forbici Yoram Gutgeld non ha escluso indicando che si agirà su «duplicazioni e voci inutili».
Cruciali le scelte che si faranno sul quadro di previsione di crescita, fissata per quest’anno allo 0,7%, mentre per il 2016 potrebbe essere stimata all’1,5% (dall’1 dei vecchi documenti) consentendo così maggiori margini di manovra al governo. Occhi puntati anche sul deficit: se il rapporto con il Pil resterà all’1,8% la manovra potrebbe essere più pesante, ma è assai probabile che salirà al 2,2% o oltre.
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NAZIONALE - 07 aprile 2015
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ECONOMIA
L’intervista
Il presidente dei sindaci: “Incontro prima del Def Negli ultimi 6 anni si è chiesto troppo ai Comuni e poco a altre amministrazioni pubbliche Noi abbiamo contribuito al risanamento con oltre 17 miliardi di euro. E i ministeri?”
Fassino: Renzi ci riceva subito siamo stufi di tagli da dirigenti che non hanno amministrato neanche un condominio
DIEGO LONGHIN
TORINO .
«Dopo sei anni in cui si è chiesto molto a noi e poco agli altri è giunto il momento che si chieda molto agli altri e meno a noi». Il presidente dell’Anci e sindaco di Torino, Piero Fassino, sul Documento economico finanziario gioca d’anticipo, chiedendo al governo un incontro prima del varo definitivo.
Sindaco Fassino, siamo al solito balletto tra governo ed enti locali su tagli e spesa?
«Io non voglio aprire alcun balletto. Con il governo è necessaria una discussione a monte, prima che decisioni e cifre diventino immodificabili. Anche perché in questi anni sono stati i Comuni i primi ad aver contribuito al risanamento del Paese».
Ci dia le cifre?
«Dal 2010 i Comuni hanno contribuito al risanamento con oltre 17 miliardi, di cui 8,5 miliardi per il Patto di Stabilità e altri 8,5 come riduzione della spesa. Sforzo mai chiesto in uguale misura a nessuna altra amministrazione pubblica, partendo dai ministeri, mentre l’incidenza dei Comuni sul debito e sulla spesa pubblica è molto bassa».
Vuol dire che i Comuni sono i più “vessati” anche se sono i più virtuosi dell’intera macchina pubblica?
«Voglio dire che alle amministrazioni che hanno la maggiore responsabilità del debito e della spesa pubblica non è stato chiesto un sacrificio pari a quello che hanno dovuto sopportare i sindaci. Facendo cento il debito, solo il 2,5% è imputabile agli enti locali. Facendo cento la spesa, solo il 7,5 si può attribuire ai Comuni. Dopo sei anni diciamo basta. Quando si parla di spesa nei Comuni bisogna sapere che cosa significa: asili nido, scuole materne, assistenza domiciliare, riassetto del territorio e promozione cultura. Siamo stufi di sentirci spiegare come bisogna gestire i Comuni da dirigenti ministeriali che un Comune non lo hanno mai visto. E non hanno mai amministrato nemmeno un condominio».
Insomma, volete più soldi?
«No, non vogliamo neanche un euro in più. Vogliamo che la forbice si fermi. I trasferimenti di fondi ai territori ormai sono a zero, gli unici quattrini che lo Stato dà sono per la Sanità e il Trasporto Pubblico, in misura insufficiente. Tutto il resto i Comuni se lo pagano già da soli. Nel momento in cui noi ci paghiamo i servizi è paradossale che qualcuno ci dica come spendere i soldi».
Nel 2016 debutterà la “local
tax”. È d’accordo con l’impostazione del governo Renzi?
«Della local tax eravamo già pronti a discutere a novembre. Vorremmo che sia introdotto un principio semplice: i tributi locali siano di competenza esclusiva della città. Oggi non è così, ci sono quote di compartecipazione dello Stato, come sull’Imu seconde case: il 50% va nelle casse dello Stato. Tocca al sindaco calibrare le “sue” tasse, rispondendo ai cittadini. Basta con l’invasione di campo dello Stato su come si governano le città: vincoli di spesa, di personale, sul fisco e sugli investimenti ».
Volete avere mano libera?
«Chiediamo una svolta basata sul binomio responsabilità e autonomia. Lo Stato ha il diritto e il dovere di stabilire ogni anno i macro- obiettivi. Come realizzarli lo si lasci all’autonomia dei sindaci. Si fissa un risparmio di spesa dell’1%? Bene, deciderà ogni Comune come fare. Misure utili a Torino non è detto che siano opportune a Napoli o a Venezia. La pretesa che un burocrate di un ufficio romano sappia come intervenire nella gestione di 8 mila Comuni è piuttosto presuntuosa e velleitaria ».
Cosa chiederete in prima battuta al governo?
«Un decreto enti locali che contenga la ricostituzione di un fondo perequativo sulla Tasi di 625 milioni per evitare che 1.800 Comuni nel passaggio dalla vecchia Imu alla Tasi abbiano un minore gettito. Va affrontato il tema fiscalità sui terreni agricoli e montani e si devono trovare soluzioni per dare risorse alle Città metropolitane».
Alle Città metropolitane si vogliono ridurre i fondi. Cosa risponde?
«Non si possono tagliare le gambe ad enti che hanno iniziato a muovere i primi passi: le Città metropolitane vanno messe nelle condizioni di rispondere alle aspettative dei cittadini. Il governo sottovaluta la situazione. Si tratta di enti che hanno ereditato competenze importanti come la manutenzione scuole e strade, oltre alle politiche di sostegno ai piccoli Comuni».
Il sindaco di Roma Marino propone 2 euro di tassa sui transiti aeroportuali per sostenerle. È d’accordo?
«È una nostra proposta già prevista nel decreto legislativo sul federalismo fiscale. Un contributo minimo che non influisce né sui cittadini né sul settore trasporti. Un modo per risolvere parte dei problemi senza chiedere allo Stato soldi in più».
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Altri hanno maggiore responsabilità sul debito e sulla spesa pubblica I trasferimenti di fondi dallo Stato ai territori ormai sono a zero
PIERO FASSINO
PRESIDENTE DELL’ANCI