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 2015  aprile 05 Domenica calendario

PETROLIO E AUTO, LE IMPRESE ITALIANE PRONTE A TORNARE IN IRAN

Le aziende italiane tornano a guardare all’Iran. Specie i grandi della meccanica e dell’energia, dato che l’ex Persia è un paradiso degli idrocarburi dimenticato, con il 10% delle riserve mondiali di greggio e il 15% di gas. Oggi l’Iran produce 2,8 milioni di barili al giorno, circa metà del potenziale, e ne potrebbe esportare un milione in più senza le sanzioni occidentali. Per gli stranieri si può aprire un mercato da 700 miliardi di euro, e l’Italia spera di intercettarne inizialmente 8, metà di quanto perso dal 2006 quando le sanzioni commerciali di Usa e Ue tornarono dure. «Va recuperato un export da 8 miliardi l’anno che ora s’è praticamente azzerato - ha detto Licia Mattioli, gioielliera e vicepresidente di Confindustria - l’Iran è da sempre un paese molto attento ai nostri prodotti». Dopo anni di merci asiatiche c’è da sospettarlo.
Ma il piatto forte è energetico. Ieri il vice ministro del Petrolio Hossein Zamani-Niya ha evocato le major straniere: «Sono già state inviate proposte da un certo numero di compagnie e paesi- ha detto a Press Tvle stiamo valutando, in attesa di poter intensificare l’attività una volta che le sanzioni saranno rimosse, in un nuovo contesto internazionale ». L’Eni, che pure in Iran andò con Enrico Mattei nel 1957 e tra alcune vicissitudini c’è ancora, non sembra sia nel novero citato da Zamani-Niya. Ma l’azienda di San Donato è spettatrice interessata degli sviluppi del caso, ed è facile prevedere che nei prossimi mesi intensificherà le ambascerie per non perdere un posizionamento storico a Teheran. L’ad Vittorio Mincato vi investì qualche miliardo, a cavallo del nuovo secolo, per avere quattro concessioni concentrata nel Golfo persico. Ma presto arrivarono i problemi: l’escalation nucleare dei governi iraniani peggiorò le sanzioni, e i contratti che l’Iran riserva a tutte le major- chiamati buy back perché ripagano in barili - si sono rivelati penalizzanti perché gli extra costi e i rischi sono tutti in capo agli stranieri. L’Eni da allora sta rimpatriando poche migliaia di barili iraniani, a storno del monte debiti di quei lavori. L’interesse per l’Iran dell’azienda comunque è intatto, a patto di rimodernare le forme contrattuali: Teheran ci sta lavorando, ma prima vuole la fine delle sanzioni.
Anche Fca, Edison, Ansaldo Energia guardano al Golfo. La ex di Finmeccanica - oggi in capo al Fondo strategico della Cdp, ma con soci cinesi al 40% - fu tra i maggiori produttori di centrali elettriche in Iran. «È un paese molto interessante nel quale crediamo ancora dicono fonti di Ansaldo Energia - c’è grande interesse per quel che succede, ma è ancora presto». Alla finestra restano anche i dirigenti del Lingotto, che nel 2005 siglarono un accordo per realizzare un impianto da 275 milioni che producesse la world car Siena. Anche per le quattro ruote, come per il petrolio, i rivali temibili sono francesi: Total aveva fatto la “prima scelta” sui giacimenti locali, Psa e Renault hanno joint venture in essere con i due maggiori produttori di auto iraniani.