Luca Mazza, Avvenire 7/4/2015, 7 aprile 2015
LA RICETTA ANTI-CRISI DI BARILLA
Sostanziale tenuta dei livelli occupazionali in Italia, mantenimento della leadership mondiale per la pasta, aumento del numero dei Paesi in cui operare. Sono i motivi principali per cui si può tranquillamente affermare che il gruppo Barilla ha resistito ai violenti colpi inferti all’economia – e, nello specifico, all’industria italiana – dalla Grande Crisi. Il triennio 2008-2010 è stato caratterizzato da disinvestimenti che hanno comportato una riduzione del fatturato globale, ma la concentrazione sul core business ha permesso a quest’ultimo di crescere comunque, nonostante il periodo di ciclo economico negativo. La solidità finanziaria dell’azienda e una strategia imperniata sul costante sviluppo internazionale dell’impresa hanno consentito di attutire al massimo gli effetti negativi della crisi.
Altro merito importante di Barilla è stato quello di aver salvaguardato quasi tutta la sua forza lavoro impiegata in Italia. A fronte di circa 8mila persone che lavorano per il gruppo nel mondo, il numero di dipendenti sul territorio nazionale al 31 dicembre 2013 è di 4.134 unità. Cioè 532 in meno rispetto al periodo pre-crisi (erano 4.666 nel 2008). Si è trattato, insomma, di un calo ’fisiologico’. Il mantenimento della competitività è figlio di una politica di investimenti portata avanti su più fronti. Nel 2009, ad esempio, è stato aperto il ’Barilla Center for Food and Nutrition’, un centro di pensiero indipendente, riconosciuto nel panorama internazionale, che lo scorso anno si è trasformato in Fondazione. Oggi questa struttura è considerata un luogo di considerevole importanza a livello istituzionale. Gestita da un apposito cda composto da personalità di spicco a livello internazionale ed esperti in diversi ambiti, la Fondazione affronta in modo propositivo tematiche legate al mondo della nutrizione e dell’alimentazione. Tra le attività della Fondazione è fondamentale ricordare il Protocollo di Milano: un’iniziativa attraverso la quale si propongono soluzioni concrete su questi temi. Il Protocollo di Milano, con i suoi contenuti, ha ispirato la Carta di Milano, ovvero il documento che il governo italiano sta portando avanti come vera eredità dell’Expo. Si tratta di una proposta di accordo mondiale per garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti e che sarà consegnata al segretario generale delle Nazioni Unite il 16 ottobre, in occasione del World Food Day.
Come ha spiegato il presidente dell’azienda, Guido Barilla, sono tre gli obiettivi principali del Protocollo: «Abbattimento del 50% entro il 2020 dell’impressionante cifra di 1.3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato nel mondo, attraverso campagne mirate ad accrescere la consapevolezza del fenomeno e accordi di lungo termine che coinvolgano l’intera catena alimentare a partire dalla filiera agricola; attuazione di riforme agrarie e lotta alla speculazione finanziaria (con limitazioni all’utilizzo di biocarburanti a base alimentare); lotta all’obesità, con il richiamo all’importanza dell’educazione in materia sin da bambini e alla promozione di stili di vita sani».
Comunque, negli anni di crisi, Barilla ha impiegato ingenti risorse in vari ambiti: dalle attività di ricerca e sviluppo (oltre 80 milioni di euro solo nel biennio 2009-2010), fino agli investimenti complessivi da 55 milioni di euro per aprire nel 2012 lo stabilimento per i sughi pronti a Rubbiano e per inaugurare, nel 2013, il più grande magazzino automatizzato del mondo nel polo storico di Parma-Pedrignano. Ci si è concentrati, in sostanza, soprattutto sul core business dell’azienda. Negli ultimi due anni, infatti, Barilla è uscita da certi settori considerati non strategici, in modo da focalizzare gli investimenti sulla pasta, sui sughi e (soprattutto all’estero) sui piatti pronti. In questa politica industriale rientra pure la cessione (ultimata nel 2013) del gruppo tedesco Lieken, che produce e commercializza pane e prodotti da forno per la grande distribuzione e il dettaglio in Germania.
La semina ha iniziato a portare i primi frutti sui conti negli ultimi due anni. Nel 2012 si è registrato un +2% del fatturato, che è proseguito l’anno successivo con un altro aumento del 2,5% (è stata superata la quota di 3,5 miliardi di euro). Dall’ultimo bilancio, risulta un aumento dei volumi prodotti del 4% (dell’1% in Italia contro un dato di mercato del -3%) e anche l’utile netto è in rialzo (da 60,22 a 109,09 milioni di euro). La crescita sui nuovi mercati è molto robusta, specie in Brasile, Russia e Cina. Da segnalare, inoltre, i passi da gigante compiuti per ridurre l’indebitamento: dai 688 milioni di euro del 2011 nel giro di due anni si è scesi a 347 milioni (e la previsione è di un’ulteriore diminuzione nel prossimo esercizio). Ai risultati nuovamente positivi in campo economico, si aggiungono quelli particolarmente brillanti a livello ambientale. Nell’ultimo quinquennio, infatti, c’è stato un risparmio del 27% delle emissioni di C02 nelle fabbriche del gruppo e del 25% sul consumo totale d’acqua degli stabilimenti.