Pietro Minto, Corriere della Sera - La Lettura 5/4/2015, 5 aprile 2015
TWITTER, LA GUERRA DELLE DUE APP
Da sempre il live streaming è la diretta di internet, il sistema con cui è possibile guardare — da un computer o un dispositivo mobile — un evento dal vivo da siti come Livestream.com e Ustream.tv. Nel corso dello scorso marzo, però, tutto è cambiato: nel giro di poche settimane il mondo tecnologico è stato scosso dall’avvento di un’app, anzi due. La prima è stata Meerkat, un’applicazione creata da una squadra di programmatori guidata dallo statunitense Ben Rubin e lanciata il 27 febbraio: uno strumento con cui gli utenti di Twitter possono mandare in diretta video un qualsiasi filmato semplicemente riprendendolo con la fotocamera di cui sono dotati smartphone e tablet. I primi giorni sono stati di gloria: a inizio marzo Meerkat è stata consigliata da Product Hunt, comunità che condivide e consiglia le ultime novità digitali, e a metà mese era già la novità del momento alla fiera tecnologica South by Southwest di Austin, una sorta di Woodstock in cui Silicon Valley e industria dell’intrattenimento si fondono e decidono cosa funziona e cosa no. Meerkat sembrava destinata a essere la regina dell’evento. Tutto sembrava andare bene.
Proprio il primo giorno della fiera, il 14 marzo, ad Austin è successo però qualcosa: prima Meerkat ha annunciato di aver ricevuto 14 milioni d’investimenti da diversi imprenditori; poche ore dopo Twitter — il social network su cui l’app basava la sua stessa esistenza — ha cambiato le carte in tavola escludendo il servizio dalla sua social graph , ovvero la possibilità data a un’applicazione di estrapolare le informazioni dell’utente e il suo giro di amici e follower per utilizzarle esternamente. In parole povere, un nuovo utente Meerkat non aveva più automaticamente le informazioni riguardo i suoi seguaci e le persone seguite; inoltre, Twitter aveva limitato anche la quantità di notifiche che l’app poteva mandare agli utenti. Meno informazioni, meno network, meno voce, in appena poche ore. Alla notizia se ne è accompagnata un’altra, che sembrava una vera dichiarazione di guerra: Twitter aveva appena acquistato per 100 milioni di dollari Periscope, un’app progettata per fare esattamente quello che fa Meerkat: portare il live streaming nelle tasche di tutti, renderlo divertente e facile. Forse persino utile.
Fondata da Kayvon Beykpour e Joe Bernstein, Periscope è da allora dilagata, forte dell’enorme promozione offerta dalla casa madre Twitter, e se Meerkat aveva fatto breccia perlopiù tra addetti ai lavori e geek in generale, la nuova arrivata si è subito presentata come uno strumento pop con cui è possibile riprendere tutto: da un barbecue a una protesta di piazza, da una partita di basket alla propria scrivania. E mandarla in diretta.
All’app di Twitter sono bastate un paio di settimane per entrare, venerdì 27 marzo, tra le 30 più scaricate dall’App Store, un piazzamento durato poco ma che la sua concorrente non aveva mai raggiunto (la posizione più alta mai raggiunta finora da Meerkat è la centoquarantesima). La piccola applicazione sembra destinata a scivolare in un abisso, a diventare «quell’altra cosa», la seconda scelta; la stampa di settore, poi, la stessa che l’aveva portata in gloria gonfiandone la bolla, si è già convertita al servizio di Twitter: The Verge, Cnet e The Next Web, siti specializzati e seguitissimi, hanno già scelto Periscope, lodandone soprattutto la possibilità di salvare i video una volta trasmessi.
Se guerra è stata, Meerkat sembra averla persa. O, nella migliore delle ipotesi, ha perso alcune importanti battaglie cruciali dalle quali potrebbe in qualche modo riprendersi, anche se è ancora troppo presto per dirlo.
Ma cosa ha indotto il gigante Twitter a sfidare apertamente una piccola startup? Il live streaming . O meglio: una nuova idea di live streaming su cui molti scommettono e di cui molti parlano in questi giorni. Il potenziale di queste nuove app è enorme e ancora inespresso ma giovedì 26 marzo, quando un’esplosione ha distrutto tre edifici di New York, lo si è visto all’opera per la prima volta: con lo sforzo di un tweet alcuni utenti hanno ripreso tutto, documentando la tragedia da un punto di vista personalissimo e mettendola online. Non è necessario avere molta fantasia per immaginare l’impatto che Periscope avrebbe potuto avere, per esempio, durante la Primavera araba, che all’epoca si avvalse di Twitter come mezzo di comunicazione «scritta». Oppure possiamo tornare a quanto è successo lo scorso agosto a Ferguson, la cittadina del Missouri attraversata da violente proteste dopo l’omicidio di Michael Brown, afroamericano, da parte della polizia. Il giornalista statunitense Adrian Chen si trovava proprio lì qualche mese fa, a raccontare le storie di cittadini che avevano scelto il live streaming come strumento di informazione. Secondo lui la fase 2 del live streaming , quella di queste app, potrebbe aiutare anche l’informazione: «Di solito, dopo eventi come l’attentato alla maratona di Boston o i disordini di Ferguson circola un eccesso di video amatoriali e spesso è difficile capire se siano finti o veri», ha spiegato Chen a «la Lettura». «Al prossimo evento, non necessariamente disastroso, servizi come Periscope o Meerkat diventeranno una fonte importante di racconti da parte di testimoni oculari».
Al di là dell’attivismo politico, i due prodotti sono simili anche nel pubblico a cui puntano, quello dei teenager, particolarmente interessanti per gli investitori pubblicitari. Per questo brand come Red Bull e Starbucks e stelle come il comico Jimmy Fallon e Madonna si sono già imbarcati nell’avventura di Meerkat e Periscope, che rappresentano per loro un ottimo modo per entrare in contatto con il pubblico utilizzando il video e rivolgendosi personalmente a una platea enorme. Su Periscope gli utenti hanno anche avuto modo di osservare il chirurgo Sanjay Gupta (che interviene spesso in materie mediche sulla Cnn) praticare un intervento in un ospedale e chiacchierare con il comico John Hodgman mentre era bloccato in aeroporto. Ci sono poi giornalisti che trasmettono rubriche d’approfondimento dall’ufficio o dal taxi, mentre la lista di personaggi noti iscritti a uno dei due servizi continua ad allungarsi, da Arnold Schwarzenegger a Jeb Bush.
Se Twitter ci ha abituato ad avere brevi aggiornamenti da chiunque — dal nostro compagno di classe a Barack Obama — la nuova leva del live streaming è pronta ad aggiungere audio e video all’esperienza, compresa quella frivolissima di feste di compleanno in diretta, gite in barca, scampagnate, chiacchiere amene... È per questo che Twitter ha dichiarato guerra a Meerkat: l’app era diventata troppo potente e «calda» e — con le quotazioni vertiginose tipiche della Silicon Valley — ha dovuto rispondere subito. Con «soltanto» 100 milioni di dollari s’è portata a casa «la vita in diretta».