Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 5/4/2015, 5 aprile 2015
CARLY FIORINA (QUASI CANDIDATA) A TIM COOK «IPOCRITA, NON PROTESTI MAI CON PECHINO»
NEW YORK «Tim Cook? Un ipocrita». Carly Fiorina, ex amministratore di Hewlett-Packard, potrebbe presto aggiungersi alla lista dei candidati repubblicani per la Casa Bianca. Si capisce anche dai toni usati in un’intervista al Wall Street Journal sul caso nazionale più dibattuto negli Usa. Nei giorni scorsi il governatore dell’Indiana, il repubblicano Mike Pence, ha firmato una versione restrittiva del Religious Freedom Restoration act, una legge federale per la tutela delle minoranze religiose varata nel 1993. Il testo dell’Indiana, però, consente ai cittadini di invocare motivi religiosi per rifiutare ogni tipo di servizio in caso di matrimoni gay.
Il ceo di Apple, Cook, ha lanciato una vera campagna contro la legge, seguito poi da altri manager di grandi aziende, da Lewis Strauss a Walmart.
Fiorina, 60 anni, fa parte di quel mondo, anche se ci è arrivata con un percorso atipico. Ha studiato filosofia e storia medievale; ha fatto la segretaria e ha lavorato da una parrucchiera, prima di convertirsi agli studi aziendali fino a conseguire un master in management al Mit di Boston. Arriva al vertice di Hewlett-Packard nel 1999 e ci rimane fino al 2005. In quegli anni venne inserita tra le figure più influenti degli Usa. Ieri sono venute fuori le sue idee texane, prima che repubblicane. Al leader di Apple riserva una sola frase: «Quando Tim Cook si indigna per come vengono trattati i gay e le donne, allora dovrebbe ritirare l’azienda dal 90% dei mercati in cui vende i suoi prodotti, comprese la Cina e l’Arabia Saudita. Ma non l’ho mai sentito lamentarsi di quei Paesi. Ecco perché qui vedo un livello di ipocrisia davvero inopportuno». Per Fiorina, non c’è nulla da «obiettare»
alla legge dell’Indiana. Senonché il governatore Pence ha già provveduto a correggerla e il suo collega dell’Arkansas, Asa Hutchinson, ha rimandato al Parlamento dello Stato un testo simile.
La campagna di Cook e degli altri manager sembra aver ottenuto il risultato. Ma per Fiorina l’esito è disastroso: «Penso si sia sviluppata una controversia fomentata da persone che sollevano questioni di identità politica per dividere la nazione in un modo pericoloso». Il resto, probabilmente, nella campagna elettorale.