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 2015  aprile 04 Sabato calendario

VIVERE IN DIRETTA VIDEO CHI HA PAURA DI PERISCOPE?

Come esordio, poteva andar peggio. Ho filmato Mirta, giovane labrador tuffatrice, mentre recupera un bastone in un laghetto (due minuti). Poi, nel pomeriggio, diretta dal mio studio (sei minuti): libri, vecchi Macintosh e un ritratto di Montanelli, per ricordare i vent’anni dallo splendido naufragio della nostra Voce . Infine, in serata, terza uscita su Periscope: questa volta per capire meglio come funziona, con l’aiuto di chi già lo frequenta.
«Aiuto! La vita trasmessa in diretta!» scrivono, allarmati, gli allarmisti. In verità Periscope è solo l’ultimo anello di una catena. La nostra vita la raccontiamo, la fotografiamo e la condividiamo da tempo. Ora è possibile trasmetterla, ognuno di noi una microstazione televisiva. Ma solo se e quando scegliamo di farlo. Com’è accaduto in passato, impareremo a metabolizzare la novità. Se qualcuno usa Periscope al gabinetto è un imbecille. E state certi: riuscirà a far danno con qualsiasi strumento.
Come funziona? Semplifico al massimo: si scarica l’app, ci si iscrive via Twitter, si preme «start broadcast» (inizia trasmissione) e si è in diretta. Ho 680.000 follower, avrei potuto avvertirli con un tweet, ma ho avuto pietà di loro. Ma chi stava su Periscope ha potuto seguirmi, osservare, domandare, prendermi in giro (rivedere il video più tardi, volendo). A parte la discutibile pioggia di cuoricini colorati — prodotti dagli utenti toccando lo schermo — sono arrivati i seguenti commenti:
Ehilà Beppe!
Dov’è?
Forza Inter
Bsev non hai messo il titolo
Così no, mi fai venire il mal
di mare
Verticale, Beppe, verticale!
Crema? Ci abita mio zio
Vieni in teatro a Roma?
Fatte vede’!
Parli?
Sembra un film
Pochi libri ahahaha
Devi interagire
Ma quello è un Macintosh
Classic!
Apple vintage
Divertente, certo. Non innocuo. Una diretta video è invadente, e va gestita con buon senso. Ma non è così diversa dalla possibilità di condividere fotografie su Facebook o video su WhatsApp. Da quando esistono gli smartphone, si tratta di abitudini diffuse, che hanno portato molta gioia e alcune complicazioni. Per ogni bullo che umilia un compagno timido — è appena accaduto in un liceo scientifico di Cuneo in gita a Roma — ci sono mille mamme che mostrano un bambino che sorride.
Gli integrati non siano superficiali; ma gli apocalittici si diano una calmata. Non ci aspetta, come mi scrive un lettore (rinaldocrespi@yahoo.it) «un futuro, in buona parte già presente, distopico, totalitario, dominato dalla tecnologia basata sull’accesso pubblico in tempo reale ai nostri dati condivisi sui social». Ripeto: impareremo a gestire la novità, come stiamo facendo da qualche millennio. Le prime pergamene, i primi incunaboli, le prime fotografie, i primi dischi, le prime telefonate, le prime immagini in movimento. C’era sempre qualcuno che gridava: «Dove andremo a finire?».
Avanti, è la risposta.
Certo: oggi le novità sono incalzanti, e la velocità spaventa. La letteratura è arrivata a immaginare un mondo in cui chiunque, in nome dell’assoluta trasparenza, sarà costretto a trasmettere in diretta la propria vita. Leggete Il cerchio di Dave Eggers, appena pubblicato in Italia. È giusto essere cauti, obbligando — per esempio — Google, Facebook & C. a spiegare come usano i nostri dati personali. Ma internet è il genio uscito dalla bottiglia: ricacciarlo dentro è impossibile. Dobbiamo conviverci, e farcelo amico.
Affacciatevi alla finestra. La ragazzina che gioca col telefono giù in strada ha in mano un computer più potente del presidente degli Stati Uniti d’America, trent’anni fa. Lei non ha paura di un’app: la usa. Esagera, com’è inevitabile. Ma dipende dall’età, non dallo strumento a disposizione.
Conclusione? È presto per giudicare Periscope. Certo la tecnologia è interessante, ma — per ora — legata solo a Twitter. Richiede una buona connessione perché sfrutta molta banda. I punti forti sembrano l’immediatezza e l’interazione. Per il resto, c’è YouTube. Potrebbe diventare una rivoluzione (come Skype) o una moda (come Vine): è presto per dirlo, ma è tardi per lamentarsi.
Periscope è uno strumento nuovo, ma noi non siamo sommergibili. Abbiamo altri strumenti per osservare il mare del mondo. Basta restar calmi. Se scambiano ogni onda in arrivo per uno tsunami, andiamo a fondo di sicuro.

(Ha collaborato Stefania Chiale)