Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 4/4/2015, 4 aprile 2015
L’AMORE FINITO CON IL POETA SANDRO CHE CELEBRAVA NEI VERSI LA «VITA NOVA» ASSIEME AL CAPO
Non è facile capire gli amori degli altri. Anche in politica, quando due si lasciano, noi lì a chiederci: ma che ci trovava di così speciale?
Un giorno Sandro Bondi gli dedicò una poesia.
«A Silvio».
Vita Assaporata
Vita preceduta
Vita inseguita
Vita amata
Vita vitale
Vita ritrovata
Vita splendente
Vita svelata
Vita nova
Adesso finisce come finiscono, a volte, le storie d’amore forti e travolgenti, irrazionali e struggenti.
Uno, Silvio Berlusconi, nella parte dell’offeso: «Anche chi, per ragioni personali, ha abbandonato Forza Italia, venendo meno al mandato degli elettori, dovrebbe fare i conti con la propria coscienza restando almeno in silenzio».
L’altro, Bondi — accentuata la sua aria un po’ curiale, la voce non più soffice ma quasi tremante — risponde in un miscuglio di stizza e delusione, dice di essere stato linciato e umiliato, usa parole zuppe di rammarico e gelosia; perché politicamente — certo — puoi e anzi devi sempre aspettarti tutto: ma scoprire di non poter più salire a Palazzo Grazioli, perché su ci sono Giovanni Toti e Maria Rosaria Rossi, no, è troppo.
È inutile chiedere a Bondi di sfogliare insieme l’album dei ricordi: «Non è il momento, mi creda. Soffro troppo». Però tutti ricordiamo bene la prima pagina, il colpo di fulmine, ad Arcore, autunno del 1994, quando Sandro Bondi, all’epoca trentacinquenne, già ex sindaco comunista di Fivizzano, accompagna lo scultore Pietro Cascella che sta lavorando alla cappella funeraria della famiglia Berlusconi.
S’incontrano e subito si scatena, scoppia, divampa qualcosa destinato a durare negli anni (Berlusconi — con la consueta delicatezza — spiegherà poi di aver trovato piuttosto eccitante l’idea che un bolscevico, al suo cospetto, si convertisse così in fretta).
Anni intensi: a Bondi viene affidata la direzione del Dipartimento dei beni culturali del centro studi di FI, poi comincia a curare la corrispondenza del Cavaliere, coordina la stesura del libro fotografico sulla vita pubblica e privata del capo — Una storia italiana — spedito, per propaganda elettorale, a milioni di famiglie italiane. Nel 2001 è eletto alla Camera, quindi diventa coordinatore nazionale del Pdl, assume il ruolo del mediatore, della colomba, e Gianfranco Fini ci casca: una sera sbaglia aggettivo nei confronti di Berlusconi a Ballarò , su Rai3, e dopo nemmeno dieci secondi si ritrova Bondi (a quel tempo ministro per i Beni culturali) mezzo sollevato dalla poltroncina, i tratti del viso stretti in un ghigno terribile.
Sabina Negri, già moglie di Roberto Calderoli, una volta lo fotografò così: «Sono sicura che se Bondi rinascesse, vorrebbe essere Veronica». Quando però Veronica avverte preoccupata gli amici del marito e parla di «vergini che si offrono al drago» e di «divertimento dell’imperatore», Bondi racconta di non aver mai visto niente di scabroso a Villa Certosa, in Sardegna, e giura che l’unica «situazione piccante a cui mi è capitato di prendere parte è stata una cena a lume di candela in una notte tempestosa con Cicchitto. Io e lui, soli».
Nelle storie d’amore, anche dentro un partito politico, è sempre così: tra i due c’è uno che ama di più. Bondi paragona Berlusconi a Enrico Berlinguer (non risultano, in proposito, querele), tiene la sua foto dentro una cornice d’argento sulla scrivania, lo sveglia con una carezza quando s’addormenta al Senato, entra in sciopero della fame per fornirgli complicità e a chi gli fa notare che continua a dargli del Lei, risponde: «Ma dentro il mio cuore il Lei si trasforma in Tu, si fa sentimento che oltrepassa questa vita...».
È un lago di miele, le ironie si sprecano, ma su un punto è necessario essere seri: Bondi era sincero. E non solo: politicamente, in un partito che ormai somiglia sempre di più al Bounty, è sempre stato leale al comandante. Sempre.
Ci sono state notti di burrasca, quando venti di giustizia tiravano minacciosi e Berlusconi aspettava tremende sentenze: allora i colonnelli lasciavano Palazzo Grazioli dicendo prima una cosetta di solidarietà ufficiale alle telecamere e poi andavano a spifferare veleni e a organizzare congiure nella penombra dei vicoli.
Lui, Sandro Bondi, no, mai.
Purtroppo, in amore, come sappiamo, essere fedeli non basta.