Francesca Paci, La Stampa 4/4/2015, 4 aprile 2015
OGNI GIORNO DIECI UCCISI PER LA FEDE IL BOLLETTINO DELLA GUERRA AI CRISTIANI
L’eco del massacro di Garissa, con i carnefici che selezionano le vittime in base al loro credo, rimbalza al di fuori del Kenya in guerra a bassa intensità con i fondamentalisti somali e, senza perdere d’intensità, risale verso la Repubblica Centrafricana, la Nigeria, il Sudan, su e su ancora fino a investire la Libia, il Sinai egiziano, la Siria, l’Iraq, quell’inquieta mezzaluna allargata in cui i cristiani conoscono oggi il peggiore dei mondi possibili.
Martiri del nuovo secolo
Indipendentemente dall’orientamento politico gli indicatori internazionali concordano sul quadro generale: i cristiani sono sotto attacco e il fenomeno è in crescita. Secondo l’organizzazione Open Doors International nell’ultimo anno la pressione sulle chiese è diminuita in 11 Paesi ma è rimasta stabile in 7 ed è aumentata in 29. Gli osservatori del World Watch Monitor concordano sul fatto che il 2014 sia stato un anno tragico con almeno 4334 persone ammazzate nel nome di Gesù e oltre mille luoghi di culto distrutti per la stessa ragione.
L’offensiva è globale, se tra i primi 5 Paesi nemici dei cristiani compare la Corea del Nord, lontanissima geograficamente e ideologicamente dall’epicentro del neo jihad. Eppure, le altre 4 maglie nere sono Nigeria, Siria, Repubblica Centrafricana e Kenya, vale a dire Stati in cui a bersagliare i preti e le loro comunità sono gruppi come Boko Haram o Isis che, piaccia o meno alla stragrandissima maggioranza delle moschee, rivendicano la loro identità di musulmani modello.
È scontro con l’islam?
La paura mangia l’anima e quella dei cristiani di Medioriente e pendici sembra oggi particolarmente vorace. Siamo di fronte alla riedizione dello scontro tra islam e cristianesimo? All’indomani dell’attentato al settimanale francese Charlie Hebdo molti imam, come il parigino Hassen Chalghoumi negarono la nuova guerra santa sottolineando come il 95% dei caduti del terrorismo fossero musulmani. Il dato deriva da uno studio del 2011 dell’americano National Counter-Terrorism Center secondo cui quando è possibile determinare la fede delle vittime degli attentati degli ultimi 5 anni la percentuale dei musulmani si attesta tra l’82% e il 97%. Il problema è però nella difficoltà di stabilire in cosa credessero i morti, obietta chi, come il centro Pew, stima che tra persecuzioni fisiche e marginalizzazione politica e culturale i cristiani rappresentino al momento almeno il 70% dei casi di discriminazione religiosa.
L’emorragia infinita
«Noi cristiani di Aleppo abbiamo paura» scrive sull’ultimo numero della rivista «Tempi» il medico Nabil Antaki chiedendo al mondo ma anche a se stesso se restare nella Siria stritolata tra l’irriducibilità del regime di Damasco e i macellai dello Stato Islamico sia un gesto da eroi oppure da stupidi (il bel documentario di Elisabetta Valgiusti, «Syria’s Christians Exodus», racconta l’esodo di una comunità che un tempo rappresentava il 10% della popolazione e oggi affolla una su due delle tende dei campi profughi).
Al Cairo, il cattolico Francis M., minoranza della minoranza copta, spiega il sostegno dei suoi correligionari al presidentissimo Sisi con il panico sperimentato in prima persona tra il 2012 e il 2013, durante il governo di Morsi e dei Fratelli Musulmani: «Anche gli amici scherzando avevano preso a dirci che dovevamo essere pronti perché prima o poi ci avrebbero espropriato di tutti nostri beni».
In Iraq, dove l’esodo iniziato nel 2003 ha ridotto la presenza cristiana a meno dell’1,5%, alcune settimane fa è nata Dwekh Nawsha, la milizia cristiana della piana di Ninive che avendo finito le guance da porgere si è armata fino ai denti e combatte accanto ai peshmerga curdi per frenare l’avanzata dello Stato Islamico. La prospettiva è a dir poco plumbea a giudicare dal precedente della Repubblica Centrafricana dove nel 2013 la reazione dei cristiani anti-balaka alla guerra civile ha prodotto quella che le Nazioni Unite hanno definito «la pulizia etnica» di circa 6 mila musulmani.
I cristiani vivono guardandosi le spalle in molte parti del mondo ma moltissimi, troppi, lo fanno in quello musulmano. C’è certamente una componente anti-occidentale nell’attacco alle chiese percepite come il simbolo eterno del potere bianco, eppure oggi almeno un cristiano su quattro non è occidentale.
Francesca Paci, La Stampa 4/4/2015