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 2015  aprile 04 Sabato calendario

SEA, CONTI IN REGOLA PER L’IPO: IL BOND RILANCIA LA SFIDA-BORSA

Per la retorica nazionalista, soprattutto per qualla dell’ultima ora, l’ingresso di Etihad in Alitalia ha tolto al Paese la possibilità di ricreare una grande compagnia aerea a controllo italiano. Poco importa se finalmente, grazie ai capitali esteri e a un socio arabo difficilmente condizionabile dalle lobby e dalla politica, Alitalia sia ora parte di un network mondiale e non sia finita in bancarotta: quando si parla di industria, trasporti o telecomunicazioni, recriminare è più facile che guardare alla realtà, continuando così a illudersi che il nostro sistema economico sia una sorta di variabile indipendente nel grande gioco della globalizzazione. E chi gestisce le grandi infrastrutture su cui si gioca davvero il futuro del Paese - porti, ferrovie e soprattutto aeroporti - lo sa meglio di chiunque altro.
La competitività è il risultato di un impegno di sistema, di investimenti e programmazione, della disponibilità di capitali e soprattutto della capacità di essere credibili sul mercato. La regola è sempre la stessa: i capitali, come i passeggeri o i vettori aerei, vanno solo dove trovano le migliori condizioni.
Per Milano, capitale industriale del Paese e baricentro del nostro commercio internazionale, ma soprattutto per il suo sistema aeroportuale, la sfida non è di poco conto. La crisi economica si è aggiunta ai danni provocati dalla perenne ristrutturazione di Alitalia, e l’opportunità creata dall’Expo non è certamente risolutiva per rilanciare l’economia lombarda e in generale il sistema economico dell’intera Italia settentrionale. E alla Sea, la società che gestisce la rete aeroportuale lombarda, sembra essere proprio questa, oggi, la preoccupazione maggiore: poter contare su un sistema-Paese in grado di aiutare la crescita delle infrastrutture strategiche e la loro integrazione in un’ottica sinergica, e soprattutto su azionisti dotati delle risorse necessarie per rendere i due grandi aeroporti di Milano, Linate e Malpensa, un hub internazionale moderno e attraente per i grandi vettori mondiali.
Se qualcuno pensa che si tratti solo di ambizione, il caso di Firenze parla da sé. Pochi mesi fa, la multinazionale General Electric ha deciso infatti di spostare a Londra la sede legale della Nuovo Pignone di Firenze, asse portante e quartier generale dell’intera divisione energia della più grande multinazionale americana. Il motivo? Al contrario di altri casi più discussi, General Electric non ha traslocato a Londra per pagare meno tasse o per la farraginosità della giustizia civile: l’ha fatto - dichiarandolo pubblicamente - perché l’aeroporto di Firenze non era all’altezza delle esigenze di una multinazionale, sia per strutture e servizi che per frequenza e destinazione dei voli.
La lezione di Firenze non è una sorpresa per Pietro Modiano, l’ex banchiere di Unicredit e Sanpaolo passato due anni fa alla guida della Sea, la società di gestione del sistema aeroportuale lombardo, il secondo per importanza nazionale dopo Aeroporti di Roma: con l’apertura dell’Expo universale del 2015 ormai alle porte, il manager milanese è ben consapevole dell’importanza che sarà attribuita alla qualità e all’efficienza di Linate e Malpensa nel giudizio finale dei 20 milioni di visitatori che arriveranno a Milano da oltre 130 Paesi. «Non sapevo di questa storia - spiega Modiano al Sole24Ore - ma la sua morale non mi sorprende affatto: considerare gli aeroporti come un monopolio naturale o trascurare investimenti e nuova concorrenza, significa perdere competitività sia come territorio che come sistema-Paese. Un aeroporto è lo specchio del ruolo e delle ambizioni di una città e di una nazione: la posta in gioco non è solo l’investimento degli azionisti, ma anche il sostegno e lo sviluppo del tessuto economico circostante, in una logica che coinvolge amministrazioni locali, nazionali e capitali privati».
Una sfida non da poco, questa, soprattutto per un sistema aeroportuale che per crescere può solo investire, ma che si trova spesso a fare i conti con una compagine azionaria divisa da una sorta di muro di Berlino: da una parte c’è il Comune di Milano, con il suo 54,81% del capitale, dall’altro c’è il fondo infrastrutturale F2I, che pur avendo il 44,3% del capitale non ha alcun ruolo nella gestione operativa degli scali. I due grandi soci si considerano come dei separati in casa da ben prima dell’arrivo di Modiano alla Sea (2013) e di Renzo Ravanelli in F2I (2014).
È una storia di incomprensioni a lungo raggio, quella tra Sea e F2I, che ha di fatto al centro dello scontro non solo le regole di governance della holding, ma soprattutto l’impegno tradito proprio dallo scontro tra Comune di Milano e F2i di quotare in Borsa la Sea e completare così la privatizzazione: oggi F2I ha solo due rappresentanti in cda, ma non è un segreto che vorrebbe prenderne l’intero controllo o trovare - anche con la quotazione di Sea - il modo di uscirne. Modiano, da ex banchiere, conosce bene la finanza e le sue regole, e sa bene che la quotazione della Sea è una delle strade che potrebbe sbloccare l’impasse e dare un nuovo corso societario agli aeroporti lombardi: «È un tema delicato - conferma Modiano - ma non posso negare che la quotazione è uno dei momenti chiave nella vita di un manager: la decisione finale però spetta agli azionisti. Da parte mia posso dire che la Società è pronta, qualora venisse deciso, per un percorso di quotazione. Sarebbe una bella operazione».
Modiano non vuole gettare benzina sul fuoco, ma sia il grande successo di mercato del recente bond Sea da 300 milioni - che ha avuto una domanda pari a due volte l’offerta - sia i risultati del bilancio 2014, rappresentano un ottimo passaporto per una società che vuole sbarcare sul listino di Piazza Affari: «I risultati sono la cartina di tornasole di una società sana e ben gestita: i ricavi sono balzati a 685,1 milioni , in crescita del 6,1% rispetto al 2013, l’EBITDA è salito a 205,9 milioni, in aumento del 12,6% rispetto al 2013, mentre l’utile netto si è collocato a 54,9 milioni, il 62,7% in più dell’anno precedente. In termini di traffico, la Sea ha servito 27, 7 milioni di passeggeri, il 3,3% in più, e la sola Malpensa ha registrato una crescita del 5%. I passeggeri intercontinentali sono cresciuti del 12%. Vorrei anche evidenziare che il ruolo di Malpensa come hub merci per le imprese lombarde cresce ogni anno di più: con 460 mila tonnellate di merci trattate, Malpensa è oggi il primo scalo cargo italiano, con oltre il 50% del traffico aereo merci del Paese».
Modiano non nega la sua soddisfazione per i risultati ma aggiunge: «Ho avuto una prova della qualità dell’azienda e della sua gente, già nel maggio scorso, quando abbiamo dovuto far fronte alla chiusura della pista di Orio al Serio: mezzo milione di passeggeri in più in tre settimane per il Terminal 1 di Malpensa, e questo, proprio mentre eravamo nella fase più calda della vertenza dell’handling, che un mese dopo avrebbe dato luogo alla sconfitta del referendum, e poi all’accordo. Lì si è vista la qualità del management e dei lavoratori della SEA, che nonostante le tensioni, anche comprensibili, hanno organizzato e fornito un servizio di grande qualità. »
Quando si parla di aeroporti e di vettori aerei, un settore in cui le regole nazionali e quelle europee non solo sono in continuo divenire ma si intrecciano e si sovrappongono creando crisi e opportunità spesso difficilmente prevedibili dalle società di gestione, il risk management, la finanza, il lavoro di pianificazione e investimenti non è certamente un lavoro facile. Nel caso di Sea Milano, allo stato di emergenza provocato dalla ritirata dell’ex compagnia di bandiera da Malpensa si aggiunge un problema che non è di poco conto: il ruolo di Malpensa, lo scalo più discusso e controverso d’Italia in continua competizione con Linate, il «city airport» tanto amato dai milanesi. Ma Modiano ha ben chiara la strategia: «Se Linate andava chiuso, bisognava farlo nel ’98, all’apertura di Malpensa, ma oggi i due aeroporti devono e possono convivere. E l’equilibrio è delicatissimo. Ogni decisione che sposta i voli a breve e medio raggio da un aeroporto all’altro - spiega il manager - compromette le prospettive per entrambi gli aeroporti. Linate non è in grado di accogliere più voli di quelli che già ha e Malpensa rischierebbe di perdere le opportunità di crescita nella fascia più redditizia del mercato aereo, quella dei voli intercontinentali a lungo raggio». Lavorando di cesello, Modiano è riuscito finora a garantire a Malpensa non solo 44 destinazioni intercontinentali, ma anche la permanenza di Easyjet, che dopo l’uscita di scena della vecchia Alitalia è diventata il primo operatore del sistema aeroportuale milanese.
Tra gli addetti ai lavori e nella dottrina corrente, la correlazione tra crescita del Pil e crescita del sistema del trasporto è diretta e universalmente accettata. Ma più degli effetti negativi della perdurante crisi economica italiana, sono chiaramente altri i fattori che preoccupano oggi la gestione-Modiano degli scali di Milano: «Con un mercato domestico stagnante e con il traffico europeo che cresce a malapena - spiega il presidente della Sea - i gestori aeroportuali devono avere certezza sugli investimenti e mano libera per stringere alleanze su nuovi mercati attraverso la ridefinizione dei Patti Bilaterali e la concessione dei diritti di quinta libertà: alla Sea stiamo provando a fare l’uno e l’altro, stringendo alleanze con i nuovi protagonisti del trasporto aereo mondiale - da Dubai a Singapore, dal Qatar alla Cina - e investendo sull’ammodernamento delle strutture di Linate, di Malpensa e persino dell’ex Ata, diventata SeaPrime, la società che gestisce la sezione executive dell’aeroporto di Linate».
L’obiettivo di fondo, insomma, va ben oltre l’utile nei risultati di bilancio: in gioco con i voli di Malpensa e Linate c’è infatti non solo la capacità concorrenziale di Milano sulla scena internazionale, ma soprattutto il contributo che il suo sistema di aeroporti potrebbe dare alla ripresa del più importante tessuto economico e industriale del Paese. Del resto, è difficile negare che la Lombardia e il Centro Nord abbiano pagato più di altre regioni non solo un’insufficiente dotazione infrastrutturale, ma anche il prezzo degli errori nelle scelte strategiche di Alitalia prima e dopo la privatizzazione. «Milano - dice Modiano - deve difendere non solo il ruolo di secondo aeroporto intercontinentale nazionale. Il mio sogno è quello di far partire voli per le più importanti destinazioni internazionali senza costringere i viaggiatori a cambiare aereo nei grandi aeroporti europei per poi raggiungere la destinazione finale. È umiliante non poter offrire oggi ai milanesi un volo diretto tra Milano e Chicago». Per quanto ottimista sui risultati degli investimenti varati per Malpensa e Linate, Modiano è ben consapevole che il futuro di Milano sul mercato aereo internazionale non dipende solo dalla Sea: «La nuova Alitalia-Etihad ha ridotto ulteriormente i voli domestici in partenza da Milano per le destinazioni nazionali - spiega il manager - e il Governo ha già spostato via decreto un numero consistente di voli europei da Malpensa a Linate: il danno c’è stato, ma oggi guardo al futuro con più fiducia grazie ai migliori rapporti con la nuova proprietà di Alitalia e all’impegno concreto del Governo nel sostenere i nostri rapporti con i Paesi delle compagnie che ci interessano. In questo senso, è stato già di fondamentale importanza che Emirates abbia vinto la battaglia sui voli in partenza da Malpensa per gli Stati Uniti, come motivo di orgoglio è veder oggi atterrare i giganteschi Airbus A380 delle grandi compagnie straniere sulle nostre piste».
Sul piano degli investimenti, fondamentali per chiudere nuovi accordi con i vettori - la Sea ha ottimizzato l’allocazione delle risorse da investire - 140 milioni di euro nel solo 2015 - dando attenzione all’ammodernamento dei terminal quanto alla dotazione di nuove tecnologie, soprattutto al servizio dei passeggeri: «Malpensa è stata rinnovata ed è oggi pronta per la sfida dell’Expo, mentre per Linate partirà presto un progetto che avrà come sottoprodotto una sorprendente accessibilità dei cittadini milanesi alla splendia area verde che c’è alle spalle dell’aeroporto. E come tutti i nostri grandi concorrenti esteri, stiamo dedicando risorse crescenti alla tecnologia per i processi di gestione dei passeggeri e ai servizi dedicati all’informazione. Come le compagnie aeree, anche noi dobbiamo offrire valore ai nostri passeggeri, e la tecnologia è estremamente funzionale in questo senso: parlo delle applicazioni mobili per fornire informazioni in tempo reale sullo stato dei voli e sull’aeroporto, oltre che per orientarsi all’interno dello scalo. Di qui ai prossimi anni, i grandi scali internazionali punteranno sulla diffusione massiccia di nuove tecnologie in ogni attività, dal check in all’imbarco dei bagagli, dai social media alle «app» a disposizione dei viaggiatori. La nuova sfida si chiama business intelligence, cioè l’elaborazione di dati in informazioni utili e fruibili per il passeggero: «in aeroporto - dice Modiano - misurare la qualità erogata è importante quanto verificare la qualità percepita».
Turismo, affari, sicurezza, regole, qualità, terrorismo, contratti, sindacati, scioperi, concorrenza, ospitalità, servizi, manutenzione, ristorazione, commercio, strade, autostrade, collegamenti ferroviari, investimenti... Che cosa conta di più quando si giudica la qualità di un aeroporto? Dal lato del passeggero, la risposta è relativamente facile: la distanza dalla città, la spesa per il taxi o per il bus, i parcheggi, il tempo perso nell’ attesa dei bagagli o nelle interminabili file al controllo documenti sono i fattori che contano di più. Per chi vola per affari, la categoria più contesa da scali e compagnie tra i 3 miliardi di viaggiatori che l’anno scorso hanno preso un aereo, il gradimento varia lungo una scala di percezioni più complessa: nell’ordine, frequenza dei voli e destinazioni intercontinentali dirette, negozi griffati, corsie preferenziali per l’imbarco, applicazioni digitali, ristoranti, lusso e qualità delle salette Vip. Per i gestori aeroportuali, e in particolare per gli aeroporti in cui transitano i grandi flussi mondiali di passeggeri e di merci, la sfida è soddisfare entrambe le esigenze. Non farlo o farlo male, pensando forse che un monopolio naturale non sia esposto a concorrenza, è invece la strada per il danno garantito: al declino di un sistema aeroportuale, regionale o nazionale, si associa il declino di un’intera economia.
Alessandro Plateroti, Il Sole 24 Ore 4/4/2015