Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 4/4/2015, 4 aprile 2015
TAGLI VERI PER EVITARE L’AUMENTO DELLE TASSE
Nel Documento di economia e finanza che sarà varato venerdì prossimo dal Consiglio dei ministri si conferma l’obiettivo di evitare che dal 2016 scattino le «clausole di salvaguardia» già iscritte in bilancio. Obiettivo sacrosanto, a patto che il mancato gettito venga interamente sostituito da tagli strutturali alla spesa corrente.
Si punta a scongiurare una nuova impennata della pressione fiscale, dopo il picco del 50,3% registrato negli ultimi tre mesi del 2014. Effetto pressoché inevitabile qualora – come previsto dalle varie clausole introdotte per rassicurare Bruxelles e blindare i saldi di finanza pubblica – l’Iva salisse entro il 2017 dal 10 al 13%, e dal 22 al 25,5% entro il 2018, con le accise su benzina e gasolio in aumento di 10 centesimi. Il tutto, per un totale di 17 miliardi nel 2016 e 22 miliardi nel 2017.
Nella bozza del «Programma nazionale di riforma» si legge che il governo punta a rimuovere la restante parte delle clausole di salvaguardia» con interventi «anche di riduzione delle spese» e delle agevolazioni fiscali, per almeno 10 miliardi nel 2016. Il che lascerebbe intendere che la via del finanziamento attraverso la «spending review» non sia l’unica.
Di certo va scongiurato fin d’ora il rischio che, qualora i tagli alla spesa non riescano a conseguire gli obiettivi programmati, si decida di farvi fronte anche con aumenti di entrata. Opzione che sarebbe teoricamente accettabile solo se le maggiori entrate fossero il risultato di una incisiva lotta all’evasione. Tuttavia, se pur non mancano esempi in questa direzione, un mancato gettito (certo) non potrebbe essere coperto con maggiori entrate (ipotetiche), quantificabili solo a consuntivo.
Il ricorso a maggiori entrate è già avvenuto con l’attuale legge di Stabilità, che si affida per 3,3 miliardi dalla lotta all’evasione e a 1,7 miliardi dalle nuove norme in materia di giochi (il bonus Irpef con i 9,5 miliardi di minori entrate è conteggiato tra le maggiori spese). Nel 2014, il taglio dell’Irap è stato finanziato con l’aumento dal 20 al 26% della tassazione sulle rendite finanziarie, in vigore dal 1° luglio. Ora si riapre la partita con i tagli selettivi alla spesa, per importi finora mai realizzati. Vi è da augurarsi che l’impresa giunga a buon fine. Per l’anno in corso, la manovra sulla spesa è passata da un originario apporto dei ministeri di 2,3 miliardi nel 2015, di circa 2,4 miliardi nel 2016 e 2,5 miliardi nel 2017, a 1,5 miliardi nell’anno in corso, 2,2 e 2,3 miliardi rispettivamente per il 2016 e 2017. Buona parte dei tagli (5,2 miliardi) si è concentrata su Regioni ed enti locali.
Ora nel dossier entra anche il capitolo delle agevolazioni alle imprese e quello delle «tax expenditures», già oggetto di accurate analisi e proposte nel 2012-2013 da parte della Commissione Giavazzi e della Commissione Ceriani. Ipotesi di intervento che finora però non sono mai state realizzate.
Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 4/4/2015