Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore 4/4/2015, 4 aprile 2015
COSÌ L’ITALIA FINANZIA LA RICERCA DEGLI ALTRI
L’Italia dal 2007 ha regalato almeno 300 milioni all’anno agli altri Paesi europei per fare ricerca al posto nostro. Offrendo così ai nostri vicini occasioni di crescita e più competitività. E dall’anno scorso questa cifra rischia di raddoppiare. La colpa è delle nostre performance nella conquista dei fondi europei per la ricerca: troppi progetti bocciati rispetto ai tanti che ne presentiamo e così sui 41,5 miliardi, che sono stati messi sul piatto in 7 anni da Bruxelles con il VII programma quadro e finanziati anche con le nostre casse, il nostro Paese ha conquistato 3,457 miliardi, l’8,3% di tutta la torta. Poco se consideriamo che l’Italia contribuisce al bilancio Ue con una quota superiore al 13% dei fondi complessivi (siamo i terzi finanziatori assoluti). All’appello mancano dunque almeno 2 di miliardi. Fondi che hanno speso in progetti di R&S gli altri Paesi: a cominciare dalla Germania che di miliardi ne ha conquistati il doppio rispetto a noi (6,96), seguita dall’Inghilterra (5,9 miliardi) e dalla Francia (4,6). C’è poi l’Olanda che ha conquistato 3,1 miliardi, il 7,5% dei fondi del piano settennale della ricerca, a fronte di un contributo del 3,3 per cento.
Un trend negativo, quello dell’Italia, che si conferma anche nei primi dati del nuovissimo piano della ricerca Horizon 2020 che di miliardi in palio ne mette il doppio, ben 80 in 6 anni. Dei 2.400 progetti finanziati nel 2014 da Bruxelles con 3,67 miliardi l’Italia ne coordina circa 200 per 289 milioni, il 7,8% dei fondi stanziati finora. Fanno molto meglio di noi la solita Germania (852 milioni), l’Inghilterra (526 milioni), la Francia (345 milioni) e anche la Spagna (326 milioni) che nel VII programma quadro è poco dietro di noi (con 2,9 miliardi) pur contribuendo al bilancio Ue molto meno dell’Italia. Insomma con i nostri soldi stiamo continuando a pagare, almeno in parte, ricercatori, atenei e imprese degli altri Paesi. Una beffa per chi come noi vede spesso fuggire i cervelli migliori.
A dirlo sono i dati definitivi pubblicati nei giorni scorsi dalla Commissione Ue sul VII programma e dai primi su Horizon 2020: siamo terzi tra i 28 dell’Ue per numero di progetti presentati (34.536) e richieste di finanziamento (22,9 miliardi). Ma la stragrande maggioranza di questi viene bocciata: solo poco più di 6mila hanno avuto il disco verde di Bruxelles per 3,4 miliardi di fondi concessi. Il nostro tasso di successo sui progetti è del 18,3% (la media Ue è del 20,5%, in Germania è il 24,1%): in pratica siamo ventesimi nella capacità di vincere i fondi europei nella ricerca. E le ragioni sono diverse: dopo tanti anni di tagli e sottofinanziamento per centri di ricerca, atenei e incentivi alle imprese siamo diventati sì meno competitivi. Ma siamo anche incapaci di fare rete. E le nostre poche eccellenze non riescono a fare abbastanza da traino. Lo dimostrano le classifiche Ue sui top 50 nella conquista dei fondi. In quella delle università - dominata da 14 atenei inglesi - compaiono solo due italiane: Politecnico di Milano al 35° posto (con 248 progetti e 85 milioni) e Almamater di Bologna al 37° posto (con 244 progetti e 80 milioni). Nel ranking dei centri di ricerca andiamo un po’ meglio con il Cnr che conquista un onorevole piazzamento sotto il podio (5°posto con 693 progetti e ben 231 milioni di finanziamenti), seguito da Centro ricerche Fiat (19°), Enea (25°), Iit di Genova (41°), Apre (43°) e Infn (48°). Tra le top 50 imprese si segnalano D’Apollonia spa, Stmicroelectronics, Selex, Telecom e Alenia aermacchi. Ma tra le prime 25 Pmi per numero di progetti non c’è neanche un’italiana, noi che siamo il Paese delle medio e piccole aziende. «L’Italia è in generale ritardo tra i paesi leader in termini di risorse complessive in grado di attrarre», avverte Enrico Wolleb che collabora con la Dg ricerca della Commissione Ue ed è direttore di Ismeri Europa che con la banca dati «Red» monitora i programmi Ue. «Non occupa mai posizioni di vertice - aggiunge -, abbiamo performance discrete solo nei trasporti ed energia in cui siamo il secondo paese dopo la Germania». A livello nazionale - secondo le elaborazioni di «Red» - tra le regioni leader nella ricerca Ue spiccano Lombardia (per manifattura avanzata, scienze della vita, Ict, ambiente e agroalimentare), Piemonte (trasporti), Lazio (aerospazio ed energia), Emilia-Romagna (agroalimentare) e Toscana (scienze della vita e Ict).
Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore 4/4/2015