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 2015  aprile 04 Sabato calendario

GOLF, CRISI E RADICI MANASSERO RIPARTE “SONO UN RAGAZZO VOGLIO UNA VITA MIA”

[Intervista] –
SOIANO DEL LAGO
Cinque anni possono essere un’eternità, specie per chi non ne ha ancora 22. Cinque anni fa, in questi giorni, un ragazzetto «irritantemente giovane» (parola di Lee Westwood) coi suoi 16 anni, 11 mesi e 22 giorni, superava il taglio al Masters di Augusta, il più precoce golfista di sempre a riuscirci, e con una spavalderia e una padronanza che conquistavano. Era nata una stella, Matteo Manassero, «il ragazzo destinato a cambiare la storia del golf» (questa è del New York Times). Invece è cambiato lui, tanto che giovedì, invece che al Masters sarà sul green del Gardagolf, il club di Soiano del Lago, nel Bresciano. Ci era entrato nel 1998, quando andava ancora all’asilo, e c’era stato fino al 2012, quando si spostò al Royal Park I Roveri di Torino. Adesso è giunto il momento di tornare a casa. E di tornare se stesso: dopo Augusta la carriera era stata un crescendo spettacolare fino alla vittoria del Pga Championship di Wentworth, nel 2013. Ma da lì Matteo è caduto in una buca, proprio come se fosse una pallina. Errori banali e continui nei colpi che hanno reso inesorabili i tagli nei tornei e il crollo nel ranking. Ora ha scelto la soluzione di tanti che sono in crisi, «il ritorno alle radici».
Golfistiche e anagrafiche, visto che è nato a Negrar, nel Veronese, 50 km in linea d’aria da qui.
«C’è gente che conosco da sempre per cui sono Matteo, non il campione. Non c’entra Torino, ci sono stato benissimo. Beh a parte che sono tutti juventini e io milanista. Col cuore però non mi sono mai allontanato da qui, e qui è l’ideale per ricostruirmi».
Addirittura ricostruirsi?
«Ho affrontato il peggior momento della mia carriera, è innegabile. Ora so che ne sono uscito. Ripartirò a breve: prima l’Open di Cina, poi quello di Spagna, quindi Wentworth. L’obiettivo a breve termine è ritrovarmi sul green. Quello a lungo termine, per novembre, è qualificarmi al World Tour Championship di Dubai, cioè tornare nei primi 60 del tour europeo. Adesso non so esattamente neanche che posto occupo».
L’ultima classifica mondiale dice 231.
«Dopo Wentworth ero il numero 11 d’Europa. Ho tutto per farcela e ce la farò. Qui sto ritrovando la tranquillità».
Resta solo da spiegare cosa le è successo.
«Tutto è iniziato con problemi tecnici: ho dovuto cambiare lo swing per allungare la gittata dei tiri, ho iniziato a sbagliare qualcosa di troppo e ho perso in sicurezza. E questo è uno sport nel quale la testa conta almeno quanto la tecnica. Devi avere la freddezza di saper fare ogni colpo sempre allo stesso modo. Se invece una cosa non ti viene bene e ti incaponisci, ingigantisci l’errore. E da lì è venuto il calo».
Non la fa troppo facile? Fosse stato così, le sarebbe bastata una vacanza.
«Beh, è vero. C’è anche altro. Ho scoperto di essere un ragazzo».
Scusi, non le bastava guardare la carta di identità?
«Ma no. È che io sono cresciuto, sia chiaro per mia scelta, a pane, acqua e golf. Quando avevo tre anni per calmarmi i miei genitori dovevano mettermi una videocassetta di colpi di Severiano Ballestreros, il mio idolo. Poi ho iniziato i tornei e ho girato il mondo. Adesso ho capito tante cose della vita e del golf».
Ad esempio?
«Appunto che la vita non è il golf. Il golf ne è una buona parte, che continuo ad amare alla follia, ma c’è anche altro da fare. Non ho avuto un’adolescenza: non andavo in discoteca, vedevo pochissimo gli amici, la fidanzata era una golfista. Adesso sono single, sono andato a vivere da solo, e a ballare ci vado. Faccio anche cose che forse avrei dovuto fare anni fa. Anche per questo ho molta fiducia nel mio prossimo ritorno, l’approccio più rilassato mi aiuterà. Sì, sono maturato. Ma tornando giovane».
Luigi Bolognini, la Repubblica 4/4/2015