Roberto Giardina, ItaliaOggi 2/4/2015, 2 aprile 2015
LA GERMANIA CELEBRA BISMARCK
Berlino
Tra orgoglio e imbarazzo, la Germania ha celebrato il 1° aprile il duecentesimo anniversario di Otto von Bismarck. Nuove biografie in libreria, come se non si sapesse ancora tutto sul Cancelliere di ferro, e paginate sui giornali. E ci si chiede quanto di «bismarckiano» ci sia oggi nella Repubblica federale di Frau Angela. Che un giorno la sua Deutschland fosse guidata da una signora farebbe rabbrividire il vecchio Junker. Oppure no? In fondo era un ammiratore del gentil sesso, e in famiglia ascoltava il parere della moglie, Johanna von Puttkamer.
A Bismarck si pensa forse più all’estero che a Berlino. Nel bene e nel male, i tedeschi che dominano l’Europa con i loro prodotti vengono identificati con il Cancelliere a cui si deve la nascita del Reich. La strofa dell’inno nazionale (che non viene più intonata), Deutschland über alles, Germania sopra tutti, all’origine non intendeva la Germania sopra di noi europei, ma la patria unita al di sopra dei vari piccoli stati tedeschi, dalla Westfalia alla Baviera. Magari fino all’Adige.
La stella a tre punte della Mercedes come l’elmo chiodato, il Pickelhaube, sono il simbolo, per noi, di tutti i difetti dei crucchi. Per i tedeschi invece sono il simbolo di antiche virtù, che temono siano andate perdute, del tutto o quasi. La parsimonia, la professionalità, l’affidabilità, il senso della comunità e quindi dello stato. Quando, dopo la caduta del Muro (9 novembre 1989) e la successiva riunificazione, si cominciò a temere la forza della nuova grande Germania, i caricaturisti britannici presero a ritrarre Helmut Kohl con l’elmo chiodato, e la stessa sorte è toccata alla Merkel quando l’euro ha cominciato a inquietare i partner europei. Oppure, con i baffetti di Hitler: per alcuni storici ci sarebbe un filo diretto che passando da Hegel a Wagner, attraverso Bismarck, giunge a Adolf Hitler, che era austriaco e, in quanto «meridionale», ben lontano dalla Prussia del Cancelliere.
Quando il nostro Mario Draghi fu scelto per guidare la Banca centrale europea, la popolare Bild Zeitung, per tranquillizzare i 13 milioni di suoi lettori, lo ritrasse con un fotomontaggio mettendogli in testa il Pickelhaube: «È italiano, ma sembra un tedesco», affermava il titolo. La nostra Unione europea è nata da due guerre per scongiurarne di nuove, e si iniziò con l’intesa tra francesi e tedeschi, separati dal Reno. A Parigi, pur dopo due sanguinose vittorie, nel 1919 e nel 1945, bruciava ancora la sconfitta del 1870. Un capolavoro di Bismarck, che provocò il conflitto per unire i vari staterelli tedeschi e giungere al Reich. Un’unità conquistata attraverso i conflitti: nel 1864 Bismarck provocò la piccola e pacifica Danimarca per conquistare le regioni settentrionali dello Schleswig e dello Holstein (il regno danese giungeva alle porte di Amburgo), con l’aiuto degli austriaci.
Quando Francesco Giuseppe chiese aiuto contro il Piemonte nelle guerre di indipendenza italiane, Bismarck era pronto a concederlo. Fu il re di Prussia a fermarlo: neanche un mio soldato sarà sacrificato contro la Lombardia. Il Cancelliere sapeva anche essere realista: nel 1866 si entra in guerra contro l’impero di Austria e Ungheria e gli austriaci, il 3 giugno, vanno incontro alla disfatta a Königkrätz, che noi chiamiamo Sadowa. Il re vorrebbe giungere a Vienna e Bismarck lo ferma: meglio non destabilizzare l’Europa.
Si era tutti convinti che l’esercito francese fosse il più forte al mondo, e ne era convinto Napoleone III che Bismarck mise abilmente nel sacco: i soldati francesi dai calzoni in panno rosso andarono al macello contro le moderne mitragliatrici tedesche. In poche settimane Bismarck poté far sfilare le sue divisioni sotto l’arco di trionfo e pretese un enorme risarcimento di guerra. L’oro francese finanziò lo straordinario sviluppo dell’industria del Reich appena nato. Il made in Germany nasce, per suicida ripicca britannica, nel 1888, quando Bismarck è al tramonto: il giovane Kaiser Guglielmo II non sopporta di restare alla sua ombra e lo costringe al ritiro (1890). E sarà per vendetta nel ricordo del 1870 che, dopo la Grande guerra, i francesi costringeranno la Germania a enormi risarcimenti che, in parte, provocarono la tragica crisi della repubblica di Weimar e l’avvento di Hitler. Sempre colpa di Otto.
Ma a Bismarck si devono le prime misure sociali prese al mondo. In occasione dell’anniversario lo Spiegel è andato a intervistare l’ex cancelliere Gerhard Schröder: Bismarck era soprannominato der Sozialistenfresser, il divoratore di socialisti, eppure il suo ritratto è appeso oggi nel suo studio d’avvocato, gli ha chiesto la rivista. «Lo era», spiega Schröder, «ma fu anche il creatore del sistema sociale. Mutua, pensione furono volute dal vecchio Otto. Se gli operai vivono tranquilli, senza paura per il futuro, lavoreranno meglio. Un pensiero paternalista, comunque sociale». E per finire con i soldi: se volete comprare un autentico Pickelhaube, l’elmo prussiano, dovrete sborsare non meno di mille euro.
Roberto Giardina, ItaliaOggi 2/4/2015