Mauro Romano, MilanoFinanza 2/4/2015, 2 aprile 2015
BANCARI, UN CONTRATTO PER IL RISIKO
La firma è arrivata alle cinque di mattina, mentre fuori da palazzo Altieri, sede dell’Abi, albeggiava. Solo a quel punto Alessandro Profumo, presidente del Casl (Comitato per gli affari sindacali e del lavoro) dell’associazione bancaria e i segretari dei sindacati presenti al tavolo (Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Unisin, Dircredito, Sinfub e Ugl credito), hanno potuto tirare un sospiro di sollievo e mettere le loro firme in calce alle otto pagine che compongono l’ipotesi d’accordo di rinnovo contrattuale, che diventerà contratto nazionale dei bancari dopo le ratifiche del comitato esecutivo dell’Abi e soprattutto della base sindacale. Un sospiro di sollievo dovuto non solo alla scongiurata disapplicazione del vecchio contratto, che sarebbe dovuta scattare alla mezzanotte del 31 marzo (la dead line è stata superata di appena cinque ore), ma soprattutto alla consapevolezza di entrambe le parti che il nuovo accordo serve in particolar modo a far navigare il sistema bancario nelle turbolenze che il risiko delle banche popolari inevitabilmente innescherà. Già perché la parte più importante del nuovo pacchetto non è tanto quella economica, con l’aumento di 85 euro per la retribuzione base, che sarà completato a regime, ossia a fine 2018 (con lo slittamento di un anno dei termini, visto che la durata sarà quadriennale).
L’essenza principale di questo contratto è in quella che i sindacati hanno chiamato «anima sociale», ossia il pacchetto di strumenti a tutela dell’occupazione, come il fondo per la nuova occupazione, prorogato per tutta la durata del contratto e implementato anche in sinergia col Fondo di Solidarietà, per avere più massa critica a difesa di chi perderà il posto per ristrutturazioni, fusioni o crisi aziendali, cosi per disporre, a seconda dei casi, interventi di solidarietà espansiva, di riconversione o riqualificazione professionale del personale in esubero. È quella che i sindacati definiscono cabina di regia delle crisi e che dovrebbe avere nella nuova piattaforma bilaterale per il ricollocamento del personale, il suo braccio operativo, un hub telematico per mettere in connessione domanda e offerta di lavoro.
Ovviamente nell’intesa c’è molto altro, come riporta l’infografica qui a fianco, a partire dall’incremento dell8% della retribuzione per i neoassunti (che vale a regime circa 180 euro). Non c’è la riduzione da 13 a 6 dei livelli d’inquadramento, richiesta con forza dall’Abi, ma è stata garantita alle aziende la piena fungibilità dei primi quattro livelli, quelli dei quadri direttivi, mentre su base aziendale imprese e sindacati potranno definire nuove organizzazioni interne, mentre è rimasta intatta l’area contrattuale, e quindi il contratto bancario continuerà a valere anche per i lavoratori dei rami d’azienda esternalizzati. In ultima analisi, però, l’importanza dell’intesa, come assicura Profumo nell’intervista pubblicata nella pagina a fianco, è che un contratto nazionale continuerà ad esserci. E con i tempi che si avvicinano è già molto.
Soddisfatto, ovviamente, il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, convinto che sia stato raggiunto «il massimo dei risultati possibili. E il nuovo contratto è di equilibrio innovativo», in grado di «favorire l’efficienza sempre crescente delle imprese bancarie italiane», ma anche di valorizzare «le sensibilità sociali». Obiettivi condivisi anche dai sindacati, che pure rivendicano di aver ridimensionato i disegni dell’Abi, come fa Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, contento di aver scongiurato «l’eventuale disapplicazione del contratto stesso, che avrebbe creato enormi problemi ai lavoratori lasciandoli senza tutele». Il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, esulta perché è stato «sconfitto il disegno di Abi di destrutturare il contratto nazionale e si conferma il valore centrale e imprescindibile dello stesso come strumento di riferimento per la categoria dei bancari, di cui viene riconosciuta l’autonomia e l’importanza professionale». La Fiba Cisl, a sua volta, definisce l’intesa non prima di sacrifici, ma sottolinea come sia allo stesso tempo, «un intervento minimale che ridimensiona le attese dell’Abi e consente alla categoria di mantenere intatto il contratto di lavoro». Con l’ipotesi d’intesa abbiamo sconfitto la linea di chi in Abi aveva puntato alla disdetta e alla disapplicazione del contratto, aggiunge ancora il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, ricordando che «pur in un contesto di difesa dell’impianto contrattuale», l’intesa «introduce elementi di innovazione che guardano in modo particolare ai giovani e all’occupazione».
Mauro Romano, MilanoFinanza 2/4/2015