Notizie tratte da: Kathryn Asbury, Robert Plomin # G come geni. L’impatto della genetica sull’apprendimento # Raffaello Cortina Editore Milano 2015 # pp. 195., 2 aprile 2015
Notizie tratte da: Kathryn Asbury, Robert Plomin, G come geni. L’impatto della genetica sull’apprendimento, Raffaello Cortina Editore Milano 2015, pp
Notizie tratte da: Kathryn Asbury, Robert Plomin, G come geni. L’impatto della genetica sull’apprendimento, Raffaello Cortina Editore Milano 2015, pp. 195.
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L’Ocse sostiene che se tutti i Paesi membri potessero eguagliare la performance media dei finlandesi in ambito educativo, il guadagno finanziario complessivo di una singola generazione (quella nata nel 2010) potrebbe essere di 115 trilioni di dollari. Nel 2090 il guadagno raggiungerebb 260 trilioni di dollari. Stati Uniti, Gran Bretagna, Messico, Turchia, Italia, Germania, Spagna e Francia ne trarrebbero i maggiori vantaggi economici.
Come risultato combinato della crescita della popolazione e dell’estensione dell’istruzione obbligatoria, l’Unesco stima che nei prossimi trent’anni riceveranno un’educazione formale più persone di quante non l’abbiano ricevuta lungo l’intera storia dell’umanità.
«Assicurando un’istruzione a tutti i bambini si crea una situazione in cui i loro geni rappresentano l’unico e il più importante elemento in grado di influenzarne la capacità di far bene a scuola, l’uno rispetto all’altro. L’istruzione universale accresce il rendimento medio, ma mette anche in risalto le differenze individuali».
«Anche la conoscenza più elementare della genetica ci dice che la scuola sarebbe maggiormente utile ai propri alunni – e alla società – se sviluppasse i talenti e gli interessi individuali e specifici, elaborando metodi di insegnamento che permettano a Sam di essere Sam e a Sarah di essere Sarah, aiutando entrambi a diventare cittadini capaci di operare a pieno titolo nei mondi che sceglieranno di abitare».
Tre tipi di correlazione genotipo-ambiente: 1) passiva (in cui, per esempio, genitori con bassa scolarizzazione e scarse aspirazioni trasmettono ai figli non solo i propri geni ma anche un ambiente di crescita poco stimolante); 2) evocativa (quando i bambini suscitano determinati comportamenti sulla base delle proprie inclinazioni genetiche); 3) attiva (i bambini vanno alla ricerca di esperienze e di opportunità sulla base delle loro inclinazioni genetiche; si avvicinano naturalmente alle persone e alle attività che sono loro congeniali).
Il Progetto genoma umano, portato a termine nel 2003: vi hanno lavorato duemila ricercatori per una spesa di 3 miliardi di dollari.
Si può sequenziare il genoma di un individuo in poche ore a un costo inferiore a 20.000 dollari.
«Sono abbastanza sicuro che nei prossimi anni l’intero sequenziamento genico diverrà parte dello screening neonatale» (Francis Collins, direttore dell’Us National Institute of Health, 2010).
L’umanità nel suo complesso condivide il 95% del proprio Dna. Il rimanente 5% rappresenta il cuore della genetica comportamentale e spiega l’ereditabilità delle differenze tra le persone.
Leggere è un’abilità influenzata dai geni: le stime di ereditabilità oscillano fra il 60 e l’80%. Perciò le differenze individuali rispetto alla capacità di lettura possono essere spiegate dall’influenza genetica, mentre la restante parte, che in alcuni studi scende al 20%, viene imputata all’influenza ambientale.
È stato scoperto che le capacità di pre-lettura (quale imparare l’alfabeto) sono correlate geneticamente alle capacità di lettura che si manifesteranno anni dopo.
Tra il 5 e il 10% degli scolari presenta difficoltà nella scrittura.
I ricercatori dicono che le difficoltà di lettura si trasmettono da una generazione all’altra. Un gene candidato a spiegare i problemi di lettura è denominato KIAA0319, che si trova sul cromosoma 6. Non si tratta, tuttavia, del gene della dislessia, come alcuni hanno detto, perché i ricercatori hanno solo scoperto che questo gene, che tutti possiedono, ha un effetto statisticamente significativo sulla capacità di lettura.
Studiando le capacità di scrittura nei gemelli, Bonamy Oliver è giunto alla conclusione che i geni spiegano i due terzi delle differenze tra i singoli bambini, l’ambiente condiviso solo il 7% e l’influenza ambientale non condivisa la parte restante.
Per la scrittura le stime di ereditabilità superano il 60%.
Si stima che le capacità matematiche siano ereditarie al 60-70%.
«Gli stessi geni interessano una diversa gamma di abilità cognitive e di risultati scolastici, ma ognuna di queste abilità subisce influenze ambientali differenti. Questo è di vitale importanza per il modo in cui educhiamo i nostri figli».
Quasi il 25% dei giovani fuma abitualmente, e la diffusione del vizio aumenta nell’adolescenza. In questo stesso arco di tempo si riducono sia l’attività fisica sia il tesseramento sportivo. Inoltre, gli adolescenti che praticano attività fisica hanno una probabilità di diventare fumatori abituali pari a circa la metà di quella degli adolescenti sedentari. Per contro, i giovani che nel corso degli anni scolastici diradano la partecipazione alle attività sportive hanno una probabilità di diventare fumatori abituali tre volte superiore rispetto a quella dei ragazzi che mantengono costante il loro impegno.
Le differenze individuali tra un non fumatore e un fumatore sono influenzate dai geni. In particolare due sembrano essere i genotipi a rischio per il fumo: un gene che codifica per il trasportatore della ricaptazione della dopamina, chiamato SLC6A3, e il recettore D2 della dopamina (DRD2). Gli adolescenti che veicolano la versione a rischio di uno o di entrambi i geni sembrano avere una maggiore probabilità di diventare fumatori. Ricercatori della Pennsylvania hanno ipotizzato che questi giovani abbiano una bassa attività dopaminergica e che il fumo possa dar loro un appagamento maggiore, dal momento che la nicotina incrementa quest’attività. L’esercizio fisico produce un effetto molto simile alla nicotina sulle concentrazioni di dopamina. Quindi l’ebbrezza che i ragazzi portatori di un rischio genetico di sviluppare una dipendenza dal fumo traggono dal tabacco potrebbe essere sostituita da quella indotta dallo sport.
Una ricerca condotta sui gemelli a 7 e 10 anni rivela che i geni influiscono sul grasso corporeo per il 60% a 7 anni e per il 74% a 10. L’ambiente influisce per il 40% alla nascita, per il 22% a 7 anni e solo per il 12% a partire da 12 anni.
La scienziata Kathryn North ha scoperto che alcune persone presentano una carenza della proteina alfa-actinina-3, la cui produzione è controllata dal gene ACTN3. L’alfa-actinina-3 è stata trovata in fibre muscolari capaci di contrazione rapida, cioè in quelle che servono per compiere movimenti vigorosi, quali la corsa veloce e il salto. Ognuno eredita due copie di ACTN3, una dalla madre e una dal padre. Le due varianti chiave del gene sono note come R e X. L’allele X impedisce alle cellule muscolari di leggere l’intero codice ACTN3 e se uno eredita due copie della versione X, sarà assolutamente incapace di produrre l’alfa-actinina-3. Gli scienziati hanno prelevato Dna da più di 4.000 atleti d’élite di svariate discipline sportive: hanno scoperto che gli atleti potenti e veloci hanno due versioni funzionanti del gene ACTN3 (RR), ma anche che i campioni negli sport di resistenza sono spesso portatori di due versioni non funzionanti (XX). In altre parole, quella originariamente percepita come una carenza (la versione X) va in realtà a vantaggio delle prestazioni muscolari lente ed efficienti.
Solo il 2% dei premi Nobel è stato assegnato a donne. Inoltre, la lista dei Nobel scientifici contiene anche svariati parenti: Niels Bohr e il figlio Aage, William Henry Bragg e il figlio William Lawrence,Manne e Kai Siegbahn, Hans von Euler-Chelpin e il figlio Ulf von Euler, Chandrasekhara Venkata Raman e il nipote Subrahmanyan Chandrasekhar, Arthur e Roger Kornberg; c’è Marie Curie, il marito Pierre e la figlia Irène.
Studio sui gemelli e l’apprendimento delle scienze. Fino a 12 anni i geni esercitano l’influenza più forte (64%). Dopo, la percentuale scende al 47% e contemporaneamente sale l’influenza dell’ambiente condiviso. Una possibile spiegazione è che la materia chiamata «scienze» nella scuola primaria consista spesso in tutt’altro: spesso implica lettura, comprensione e memorizzazione di un testo che descrive alcuni fatti. Infine vi si dedica meno tempo che a imparare a leggere e scrivere. Se le scienze pratiche, sperimentali, fossero insegnate abitualmente agli alunni delle scuole primarie, forse già allora emergerebbe un’ereditabilità più bassa. Un’altra possibilità è che l’educazione scientifica fornita nella scuola secondaria non coltivi il potenziale naturale, o che, addirittura, sopprima il potenziale genetico.
In Europa e negli Stati Uniti solo un quarto della forza lavoro impegnata in ambito scientifico e tecnologico è costituita da donne, e la quota di donne che lavorano nell’ambito delle “hard sciences” (matematica e ingegneria) è ancora più bassa.
Il Nation’s Report Card negli Stati Uniti e lo studio Pisa (Programme for International Student Assessment, Programma per la valutazione internazionale degli studenti) hanno rilevato un profitto medio nelle materie scientifiche più o meno equivalente tra maschi e femmine. Questi non sono diversi per inclinazione e risultato scientifico a 9 e a 12 anni. Se le donne non si impegnano nella carriera scientifica e non conseguono il successo in quest’ambito, le cause (genetiche o sociali) devono agire durante l’adolescenza o l’età adulta.
Secondo una ricerca recente, le persone dotate in tutti gli ambiti (scienze, matematica e capacità verbali) raramente scelgono un corso di studi e una carriera scientifica. Nel gruppo delle persone dotate in tutte le materie si trovano più donne che uomini.
Negli Stati Uniti, nell’1% della popolazione più dotato in matematica, solo una donna su otto uomini sceglie una carriera nell’ambito della matematica, dell’ingegneria o delle hard sciences. Le altre sette preferiscono la medicina, la biologia, la giurisprudenza o le scienze umane, per lavorare con le persone ed essere loro d’aiuto.
Per entrare nella Hunter College Elementary di New York i bambini di 4 anni devono superare il test del quoziente intellettivo (QI). Ogni anno vengono ammessi solo 50 bambini. Di questi, il 25% entra in una delle più prestigiose università americane. Se davvero il QI misurato a 4 anni avesse senso, tutti i bambini della Hunter College dovrebbero riuscire a entrare nelle migliori università.
A 4 anni i bambini che hanno risultati maggiori nei test del QI provengono da famiglie che hanno dedicato loro parecchie attenzioni: in età prescolare i geni spiegano solo il 20-30% delle differenze di capacità cognitive generali. Un bambino dotato a 4 anni può non esserlo altrettanto da adolescente.
Il Mensa è l’associazione costituita da persone che ottengono punteggi alti nel QI. Così descrive i suoi soci: «Per quanto riguarda il livello di istruzione, i soci di Mensa vanno da persone che hanno lasciato la scuola quando avevano un’età compresa fra quella della scuola materna e quella della scuola secondaria a persone con diversi dottorati. Alcuni dei soci di Mensa sono poveri e altri sono milionari. Per quanto riguarda le occupazioni, la varietà è sbalorditiva. Sono soci di Mensa professori e camionisti, scienziati e vigili del fuoco, programmatori di computer e contadini, artisti, militari, musicisti, manovali, funzionari di polizia, vetrai – e l’eterogeneo elenco potrebbe ancora continuare».
«QI e risultato non sono la stessa cosa, così come carrozzeria e motore, pur essendo in stretta relazione, non contribuiscono nella stessa misura alla vittoria nella gara».
Se QI e risultato fossero la stessa cosa, avrebbero una correlazione pari a 1.0, ossia perfetta. In realtà, hanno una correlazione pari a circa 0.50. Per ciascun bambino, la forza della relazione fra QI e risultato personale varia nelle differenti età e nei differenti stadi di crescita.
Titolo di studio e al livello occupazionale dei genitori sono predittori attendibili del risultato scolastico dei figli.
Lo status socioeconomico è parzialmente ereditario. I geni possono spiegare circa la metà delle differenze fra le persone rispetto al diploma conseguito e il 40% della variabilità nello status lavorativo.
«Alcuni scolari provenienti da famiglie con basso status socioeconomico raggiungono livelli di successo scolastico molto elevati. Riteniamo che la ricerca possa compiere importanti passi avanti chiedendosi come e perché questi bambini raggiungano il successo. Rispondere a tale domanda ci renderà maggiormente capaci di promuovere le influenze ambientali che contano positivamente per i bambini e i giovani provenienti da ambienti economicamente e socialmente svantaggiati. Riusciremo a identificare nuovi modi per ridurre la disuguaglianza e far emergere il potenziale, lavorando con – piuttosto che contro – la costituzione genetica dei bambini».
Si è scoperto che i bambini che abitano in case sovraffollate mostrano livelli elevati di stress, problemi comportamentali e sviluppo cognitivo ritardato. È stato dimostrato che i bambini che vivono in case rumorose, caotiche e disorganizzate tendono a ritrarsi dalle sfide scolastiche e presentano basse aspettative e scarsa perseveranza nei compiti scolastici.
L’Ufficio del censimento statunitense considera sovraffollata un’abitazione occupata da più di una persona per stanza. In base a questa definizione, un’abitazione provvista di soggiorno, cucina, bagno e due stanze da letto è sovraffollata se è occupata da più di sei persone, ma è adeguata a una coppia con tre figli.
Uno studio sembra dimostrare che i geni, oltre a influenzare il rendimento, possono anche influenzare la percezione che il bambino ha del livello di disordine e di caos della sua vita familiare.
Secondo la ricercatrice Carol Dweck esistono due tipi di mentalità: una fissa, l’altra di crescita. Adulti e bambini con mentalità fissa non accettano le sfide perché non pensano di poter imparare a fare ciò che non viene loro naturale; non amano fare sforzi perché la loro autostima ne verrebbe indebolita. Molti hanno una mentalità fissa già da piccoli: ciò dipende dalle persone che li circondano, ma probabilmente anche da predisposizioni genetiche. Un bambino con una mentalità di crescita, invece, ama le sfide. Bambini (e adulti) con una mentalità di crescita sanno che lavorare duro paga.