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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

VACILLA IL NUCLEARE DELLA FRANCIA

Parigi
Si chiama Fessenheim il punto «caldo» dell’allargamento della maggioranza governativa francese, bistrattata dagli elettori in occasione delle elezioni provinciali (dipartimentali) di domenica scorsa. A Fessenheim, vicino al Reno, a poca distanza dal confine con la Germania, c’è la più vecchia centrale nucleare francese, che alcuni definiscono come «la centrale più pericolosa d’Europa».
Tra chi si esprime così ci sono i Verdi transalpini, a cui il presidente François Hollande e il primo ministro Manuel Valls, ambedue socialisti, pensano per dare un po’ d’ossigeno a una maggioranza decisamente asfittica. Ma quel genere d’ossigeno ha un prezzo, in termini sia di politiche sia di poltrone.
Per le poltrone, una soluzione si trova sempre: basta creare qualche nuovo posto ministeriale o qualche presidenza di ente pubblico. Tutto il mondo è paese. Invece per le scelte politiche non è facile perché, come ha dichiarato ieri sera al canale televisivo francese Bfm la quarantenne segretaria di Eelv (Europe, Ecologie, les Verts), Emmanuelle Cosse, una cosa è certa, a parere degli ecologisti transalpini: «Bisogna chiudere Fessenheim, che costituisce un pericolo inaccettabile». Ecco dunque il punto: se vuole aprire ai Verdi, Hollande deve seppellire la vecchia centrale nucleare, costruita nei primi anni Settanta e funzionante dall’inizio del 1978. Un autentico simbolo di un paese in cui il nucleare sforna i quattro quinti dell’energia elettrica. Chiudere una centrale per aprire una maggioranza politica. Per Hollande le cose sono chiare.
Ma può Hollande mandare in pensione quel mostro sacro dell’atomo bianco, rosso e blu, che è appunto la centrale di Fessenheim? Certo che può, ma deve fare i conti con la potentissima lobby nucleare transalpina, che ruota attorno al «campione nazionale» Areva e al gigante dell’elettricità Edf. Chiudere Fessenheim oggi potrebbe portare a nuove rivendicazioni domani e magari a discorsi «alla tedesca» sulla completa uscita da questo genere di ciclo produttivo dell’elettricità. Eppure nella campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2012 (da lui vinte), Hollande aveva promesso sia la chiusura di Fessenheim sia la drastica riduzione della dipendenza del paese dall’energia elettrica di origine nucleare.
Poi, entrato all’Eliseo, ha esitato a prendere decisioni considerate costose e fortemente ostacolate dai «poteri forti», che in Francia sono discreti quanto efficaci. Fessenheim è rimasta aperta e intanto, all’inizio del 2014, c’è stato il cambio di governo, con l’uscita di Eelv (i Verdi) dal governo e dalla maggioranza. Adesso i nodi vengono al pettine e la questione di Fessenheim torna di grande rilievo. Diventa un elemento a forte valore simbolico.
In questo quadro di catastrofe elettorale delle sinistre francesi (e anche di possibile allargamento della maggioranza, che tornerebbe quella del periodo 2012-2014) si inserisce un dramma che con l’energia non ha nulla a che vedere: la strage tunisina. Domenica scorsa Hollande è stato a Tunisi per partecipare alla marcia contro il terrorismo. Su suggerimento del presidente socialista dell’Assemblea nazionale, Claude Bartolone (di origini italiane), ha portato con sé sull’aereo, oltre allo stesso Bartolone, anche la focosa ex ministra verde Cécile Duflot, che perse il posto col cambiamento di governo dell’anno scorso.
La Duflot è una nemica giurata di Valls e dello stesso Hollande, ma i soliti beninformati dicono che sul volo di ritorno dalla Tunisia si sia parlato dei termini di un possibile compromesso. Le inimicizie possono essere sepolte insieme alle scorie della vecchia centrale. Siccome la casa brucia e la sinistra sta affondando, conviene a tutti diventare meno presuntuosi. Che cosa vuole la Duflot? La chiusura di Fessenheim, tanto per cominciare. E poi tanto altro, di cui forse si discuterà nei prossimi giorni.
Alberto Toscano, ItaliaOggi 1/4/2015