Claudio Ghisalberti, La Gazzetta dello Sport 31/3/2015, 31 marzo 2015
PAOLINI: «MI METTO ALLA FRUSTA PER SENTIRMI ANCORA VIVO»
Aggrappati a un giovane di 38 anni. L’Italia ciclistica punta verso la «Settimana Santa», quella con Fiandre (domenica) e Roubaix (il 12), riponendo le speranze in Luca Paolini, trionfatore nel gelo della Gand-Wevelgem. Forse solo il «Gerva» può ridarci quei successi che mancano dal 2007 nella Ronde (Ballan) e addirittura dal 1999 nella Roubaix (Tafi).
Paolini, senza Cancellara e Boonen che classiche del Nord saranno?
«Ci saranno due o tre squadre che decideranno la corsa: Bmc e Sky. E anche Lotto».
Lascia fuori la Etixx-Quick Step?
«Loro senza Boonen non hanno un leader e non mi sembrano compatti come gli anni scorsi. Credo che, come nelle ultime corse, andranno all’attacco per poi vedere cosa succede».
C’è un corridore che può diventare il faro della corsa?
«Tra Harelbeke e Gand, ma anche alla Sanremo, ho visto un grandissimo Thomas. Sono curioso di vedere cosa farà Wiggins alla Roubaix, ma sarà di sicuro un brutto cliente. So che da mesi si sta preparando e sta mettendo a punto i materiali per essere al top. Anche Cancellara lo considerava il suo rivale numero 1. Poi c’è anche Vanmarcke, che è sempre lì. Infine, penso e glielo auguro, che Sagan una grande classica prima o poi la vinca. Magari che la vinca dopo di noi. Sagan, anche se finora ha vinto poco, è da inizio anno che va forte. E’ un grande talento».
Cosa manca a Sagan per la vittoria storica?
«Ultimamente si spegne nei finali. Non so se questo è legato a un problema di preparazione, di alimentazione o di caratteristiche personali. Però ha il vantaggio dell’età, più passano gli anni più si diventa resistenti».
Dietro Paolini, per fare risultato, in Italia c’è solo Oss.
«No, c’è anche Quinziato che fa un lavoro forse poco visibile ma di grandissima utilità per i suoi capitani. Poi c’è Pozzato che sono convinto una zampata possa darla».
Paolini vince, il suo grande amico Pozzato stenta. Perché?
«In questa stagione era partito con il piede giusto. In Qatar e in Oman è andato forte, alla Sanremo è stato sfortunato. Nei giorni scorsi si è beccato un virus intestinale e ha fatto bene a non correre Harelbeke. Queste sono corse che portano il fisico al limite. Siamo appena andati a prendere un caffè assieme e mi sembra sollevato. Resta l’unico che, prima o poi, ci può dare un grande risultato».
Come l’unico? Lei ha appena vinto la Gand! A proposito, dopo il trionfo di domenica le sue ambizioni sono cambiate?
«Già dal Fiandre io tornerò nel mio ruolo, quello di favorire Kristoff. Certo che se lui non si dovesse sentire alla perfezione e mi dovesse dare il via libera… ok. Tra l’altro dopo questo successo inaspettato sono molto più sereno. La Gand è la ciliegina sulla torta della mia carriera e mi dà ancora più consapevolezza nei miei mezzi».
Perché ama il Nord?
«Perché qui si respira un’aria particolare. Il tifo è amplificato, la gente lungo le strade impazzisce e tu ti senti uno sportivo importante. Il livello di adrenalina qui cresce».
Bettini di lei ha detto: «Corridore che sa prendere la decisione giusta in tempo zero». Dote di natura o si può imparare?
«E’ una fortuna. Mi vengono facili cose che ad altri magari non vengono neanche in mente. Riesco a essere sempre lucido e questa non è certo una coincidenza».
Lei è passato professionista nel 2000. Come è cambiato in questi anni il ciclismo?
«Completamente. Ora su 200 corridori al via, 90 sono competitivi. E’ una lotta continua in ogni metro di corsa. Prima, al Fiandre, dopo 150 km di corsa restavano davanti in venti. Ora arrivi sull’ultimo circuito dove ci sono ancora 150 corridori. Il livello è molto più alto, idem lo stress. Anche per questo ci sono più cadute e i big arrivano nei finali più stanchi».
Il corridore da cui ha imparato di più?
«Stefano Zanini. Mi allenavo con lui perché lo stimavo come persona e come corridore. Lui mi ha insegnato come interpretare, e come sentire mia, la Sanremo. Lui mi ha insegnato come si corre in Belgio, tra Muri e pavé».
Chi sono i giovani italiani che le piacciono di più?
«Viviani, lo reputo un fuoriclasse. Formolo non l’ho ancora capito perché ci ho corso assieme poche volte ed è molto giovane. Ma mi pare che la stoffa ce l’abbia. Lo scorso anno Colbrelli ha fatto vedere grandi cose, ora le deve confermare. Con Nibali e Aru abbiamo due grandi corridori per le corse a tappe, ora servono quelli per le corse in linea».
Barba rossiccia e occhialoni: un marchio di fabbrica inconfondibile. Come è nato il suo look?
«Per pigrizia. Nel 2013 ho finito il Giro così stanco che non riuscivo più nemmeno a farmi la barba. Poi ho scoperto che nasconde un po’ di rughe, poi è diventata di moda… ma ora la sto riducendo. Gli occhiali invece, sono il top: riparano da acqua, vento e, quando c’è, il sole alla perfezione».
Paolini, a 38 anni dove trova le motivazioni?
«È una sfida con me stesso, mi piace mettermi alla frusta per vedere se la testa e il fisico reggono ancora. Stare in mezzo al gruppo tanto per starci non vale niente. E questo vale anche nella vita».