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 2015  marzo 29 Domenica calendario

QUEI RAGAZZI CONTRO MAFIA E POTERE A HONG KONG UNA LEZIONE DI LIBERTÀ

Una notte di fine ottobre dello scorso anno ero pigiato tra centinaia di persone per ascoltare un ragazzo di neppure vent’anni, sotto un palco rudimentale sovrastato da un gigantesco fiocco giallo, nel centro del distretto finanziario di Hong Kong. Qualche giorno dopo mi sono trovato in mezzo ad una carica della polizia che inseguiva degli intrusi mascherati. Appena prima di partire, un membro delle Triadi di Hong Kong mi ha confermato che la mafia era responsabile di una spedizione punitiva contro i manifestanti. Per un breve periodo la mia vita ha incrociato un evento straordinario. Migliaia di giovani delle scuole medie superiori e delle università hanno occupato tre punti nevralgici della metropoli asiatica per rivendicare un diritto che noi, spettatori del deprimente dibattito politico di casa nostra, diamo per scontato: «Una persona, un voto». Gli studenti si opponevano al sistema di elezione del presidente di Hong Kong che permette al governo di Pechino di scegliere i candidati (un criterio di selezione è «amare il proprio paese [cioè la Cina] e amare Hong Kong»). Benny Tai, un professore di diritto costituzionale, lanciò nel 2013 l’idea di un movimento di protesta e di disubbidienza civile.
«Con Amore e Pace»
Dalle parole di Benny Tai si passò ai fatti quando era ormai chiaro che Pechino aveva chiuso ogni porta al dialogo. Il 26 settembre 2014 gli studenti decisero di boicottare le lezioni e occuparono la piazza di fronte agli uffici del governo. Due giorni dopo Benny Tai lesse un documento che diede il via al movimento «Occupy Central con Amore e Pace», invocando lo stesso spirito di amore per la propria città richiesto ai candidati ufficiali. La notte del 28 settembre, una domenica, la polizia caricò i manifestanti, usando gas lacrimogeni. La reazione della città fu inaspettata: invece di farsi impaurire, migliaia di cittadini accorsero in difesa degli studenti nel mezzo della notte. Per due mesi la Piazza degli Ombrelli fu la sede di un esperimento di vita in comune in nome di un ideale semplice ed universale, il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Quando arrivai in ottobre, trovai una comunità di attivisti civilissimi.
Avevano costruito delle barricate rudimentali per difendersi dagli attacchi della polizia. Di notte si poteva dormire in una delle circa 2.000 tende allineate con ordine e facilmente identificabili: ognuna aveva un indirizzo postale, ad esempio Democracy Lane 1-682. Di giorno si facevano i compiti nelle diverse zone-studio. Una sera partecipai a un seminario sui classici della democrazia, con i libri di Hannah Arendt e Alexis de Tocqueville in bella vista sulla stessa coperta dove erano seduti una decina di adolescenti. In quel momento pensai che non vi potesse essere riconoscimento maggiore per uno scrittore che essere idealmente presente in quella piazza. I testi delle canzoni di John Lennon erano ovunque, soprattutto su un muro a lui dedicato, dove chiunque poteva aggiungere un messaggio, scritto su post-in gialli. Quando cercai di fare una donazione, una ragazza mi disse che non volevano denaro, solo cose utili, come bottiglie di acqua, cibo, tende, materassi.
Speculatori e picchiatori
L’occupazione è durata poco più di due mesi, dalla fine di settembre ai primi di dicembre. In quel periodo i giovani di Hong Kong sono cresciuti in fretta. Hanno imparato, ad esempio, che le mafia è l’antitesi della libertà: per una giornata intera, il 3 ottobre, un centinaio di energumeni legati alle Triadi di Hong Kong hanno aggredito gli studenti in una delle tre zone dell’occupazione. «In quei momenti ho visto cose terribili e ho avuto paura», mi ha detto la giovane leader Yvonne Leung. In una ammissione straordinaria, un esponente della mafia locale mi ha confermato che gli oppositori del movimento hanno reclutato gang mafiose dei Nuovi Territori, a loro volta legate a speculatori che hanno ottenuto il permesso di costruire su terre gestite in comune dalle comunità locali. Evidentemente questi imprenditori avevano qualche favore da restituire.
I giovani di Occupy Central hanno anche imparato che ogni movimento rischia di essere infiltrato da agenti provocatori, si divide presto in fazioni e non sempre raggiunge i propri obiettivi. Quando lasciai Hong Kong l’entusiasmo iniziale stava evaporando. Con grande coraggio, i leader decisero di ritirarsi senza aver ottenuto alcuna concessione da parte del governo. Eppure, per un breve periodo, quei giovani hanno immaginato per se stessi un mondo migliore, creando un’oasi di libertà e democrazia in un mare di dispotismo, violenza e corruzione. Per me sarà impossibile dimenticare il loro coraggio e la loro fantasia. «Imagine», cantava John Lennon.
Federico Varese, La Stampa 29/3/2015