il Fatto Quotidiano 29/3/2015, 29 marzo 2015
EXTRATERRESTRI E BUGIE NAPOLITANO E I FONDI PCI
“Senza mettere in questione l’esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona”: lo scrive l’undicesimo presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, nella lettera inviata il 18 gennaio 2010 alla famiglia Craxi in occasione del decennale della scomparsa dell’ex segretario del Psi. Ed è proprio a Napolitano, il quale figura nella cartella litografica dedicata a “Bugiardi ed extraterrestri”, che Craxi si rivolge in questo scritto, auspicando che sul tema del finanziamento della politica egli fornisca il suo contributo per una ricostruzione “chiara e onesta” della storia recente.
Di fronte a una Commissione di inchiesta parlamentare sul sistema di finanziamento illegale dei partiti e della politica, Giorgio Napolitano sarebbe un testimonio di primo piano e un collaboratore utilissimo di verità e di giustizia. Naturalmente questa presupporrebbe da parte sua una piena e reale volontà di collaborazione, coerente con i suoi doveri parlamentari e con la sua posizione di persona informata dei fatti. Insomma l’on. Napolitano non dovrebbe dare prova di avere la memoria corta.
Infatti, chi non ce l’ha ricorda bene che l’on. Napolitano è stato per anni il responsabile delle relazioni internazionali del Pci. In questa veste “non poteva non sapere” e non poteva non avere un ruolo nel sistema di relazioni politiche tra il Pci, il potere sovietico e i regimi comunisti dell’Est, cui era connesso un sistema articolato di finanziamenti illegali di cui i comunisti italiani erano i primi, tra i partiti comunisti e non del mondo, ad avvantaggiarsene. Era un sistema complesso cui partecipavano direttamente il partito attraverso i suoi responsabili e i suoi fiduciari, oppure attraverso società di varia composizione e natura, strutture e società del movimento cooperativo e una lunga lista di imprese e gruppi industriali italiani interessati ad appalti, forniture e quant’altro.
L’on. Napolitano, per le responsabilità politiche che ha rivestito, per le esperienze e le conoscenze che ha accumulato, e d’altro canto certamente non solo lui, non potrebbe senza dubbio non rendere su tutta la materia una preziosa testimonianza. Ricostruire in modo completo, chiaro e onesto, i termini reali in cui si svolse la lotta politica in Italia e la lotta per il potere, è diventato sempre più necessario, specie di fronte a tante mistificazioni, a tante censure e anche a tante ingiustizie. L’on. Napolitano, che ha il privilegio di rappresentare il “nuovo”, dopo aver avuto un ruolo non secondario in una parte importante del “vecchio”, sentirà certamente l’obbligo politico e morale di dare il buon esempio. E d’altro canto non credo possa sostenere e pretendere, come fanno altri, che la storia della democrazia italiana sia iniziata nell’89.
da “Io parlo e continuerò a parlare” di B. Craxi - Mondadori, il Fatto Quotidiano 29/3/2015
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VOLTAGABBANA : SILENZIO SULLE SUE ENTRATE –
Giuliano Amato è stato uno dei più stretti collaboratori di Bettino Craxi (...), figura nella cartella litografica dedicata ai “Becchini” (...). Nello scritto che pubblichiamo, l’autore parla di sé in terza persona.
Amato è un genio elettronico di opportunismo. A differenza di altri della sua generazione che sono sempre rimasti più o meno al loro posto senza girovagare per i labirinti politici, Giuliano Amato se ne andò un bel giorno dal Psi per finire nel Psiup. Si trattava di un partito avventuroso che era nato per iniziativa del Pci e dell’Urss, e che era vissuto sino alla sua scomparsa con il denaro sovietico, secondo le carte ormai rese note. Naturalmente lui, come altri illustri professori di democrazia, di questo fastidioso particolare non ne sapeva nulla, neppure per sentito dire, come del resto in questa materia gli capitò sovente, anche dopo, di essere una specie di cieco, sordo e muto. Scomparso il Psiup, Amato tornò con altri nel Psi. Qui si mise in una specie di sinistra intellettuale, aspirante governativa “programmatica”, che aveva come leader Giolitti. (...) Dal giolittismo (...) Amato passò senza far tanto rumore al “craxismo” che risultava ormai vincente nel Psi. (...) A Palazzo Chigi Amato fu un fedele esecutore delle direttive di Craxi. Allargò il giro delle sue conoscenze, si affermò senz’altro tra i collaboratori del Presidente come il primus inter pares. Da quella posizione non mancò di entrare nelle grazie di tutti i maggiori potentati economici e anche dei clan giornalistici, compreso quello che aveva cominciato a ringhiare contro Craxi, e cioè il gruppo Scalfari-De Benedetti. Finita la Presidenza di Craxi, tornò al partito in posizione di rilievo. Anzi meglio, Craxi venne via via assorbito per anni dagli incarichi internazionali che gli venivano conferiti, e Amato, vicesegretario unico, diveniva in un certo senso il factotum numero uno anche per il curriculum che lo accompagnava (...). Figuriamoci se come vicesegretario unico, per lunghi periodi maggiore responsabile politico della struttura partitica, non era al corrente della rava e della fava delle spese e delle entrate del partito. Si fosse trattato solo della fava, sarebbe stato già moltissimo. A più riprese egli ha invece detto, scritto e fatto capire che non ne sapeva perfettamente nulla, mentendo spudoratamente. Viveva sulle nuvole, anzi sulla luna. Del resto, in materia di spese e di entrate ha anch’egli una sua storia personale su cui si e mantenuto sempre il massimo riserbo. (...).
II 15 marzo 1993, parlando agli studenti della London School of Economics, Amato dà l’impressione di voler archiviare un’intera stagione: “Non credo che Craxi abbia più un futuro politico. L’Italia vuole una nuova classe dirigente (...)”. Riferendosi poi a Tangentopoli (...) spiega che “poca gente si rendeva conto, aveva conoscenza dei meccanismi occulti di finanziamento e delle loro dimensioni”. Passano quattro anni, e Craxi mostra di non aver dimenticato quelle parole da “moralizzatore”.
Giuliano Amato, in realtà, ha fatto ben di peggio di quanto non stia facendo ora. Prima ha infatti figurato nella lista dei “becchini” che hanno contribuito (...) all’affossamento del Partito socialista, poi si e messo in bella mostra come extraterrestre, e cioè come uomo nuovo che si affaccia alla vita politica dopo aver trascorso più di un ventennio sulla luna, e dopo ancora si e impancato a sputar sentenze morali. (...) Certo è che Amato tutto poteva permettersi di fare salvo che levarsi a denunciare le cattive abitudini, finanziamento illegale in testa, contratte dal Psi. Lo dico perché con queste anch’egli è stato a contatto quotidiano (...). Negli anni in cui io mi occupai delle Nazioni Unite (...) la responsabilità politica del partito e delle sue attività ricadde per buona parte sulle sue spalle, in ragione dell’incarico che rivestiva, che era appunto allora quello di vicesegretario vicario. (...) I suoi rapporti con il partito e il governo erano diretti (...). Resta inoltre da considerare se per sostenere la candidatura di Amato e per far fronte alle spese delle sue campagne elettorali, che furono più di una, furono organizzate, come pare, anche raccolte di fondi, che non rientravano nel controllo e nella responsabilità della Amministrazione centrale del partito. Non è mai capitato a mia memoria che Giuliano Amato in incontri personali e confidenziali con il segretario del partito avesse esternato le sue perplessità e il suo disappunto per il sistema generale su cui si imperniava il finanziamento del partito, parte del quale, come tutti sapevano, era costituito da forme che si concretavano in aperta e risaputa violazione della legge sul finanziamento dei partiti (...). Amato (...) tutto può fare salvo che erigersi a giudice delle presunte malefatte del Psi, di cui egli, al pari (...) di altri dirigenti, porta semmai per intero la sua parte di responsabilità. Altri numerosi dirigenti sono stati letteralmente criminalizzati. Il sottoscritto, per le sue responsabilità di Segretario, trattato alla stregua di un gangster, e condannato all’ergastolo. Guarda caso invece a Amato, vicesegretario vicario del Psi, forte delle sue amicizie e alto locate protezioni, non è toccato nulla di nulla.
da “Io parlo e continuerò a parlare” di B. Craxi - Mondadori, il Fatto Quotidiano 29/3/2015