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 2015  marzo 29 Domenica calendario

CHE COSA CAMBIA

Sì, ma qual è la differenza? Quando nacque il progetto “Le ragazze del porno”, i maschi non capivano. Volete girare corti pornografici al femminile, d’accordo, ma qual è la differenza col porno tradizionale? Piccola pausa: comunque, posso partecipare? La sola espressione “pornografia femminile” provoca scetticismo ed eccitazione. Si pensa che quello del porno sia un linguaggio codificato e immutabile, perché senza quegli obbligati passaggi, non serve, non funziona. E le donne non potrebbero che renderlo più romantico e meno zozzo — grandissimo equivoco, basta guardare uno qualsiasi dei film diretti da Belladonna. Quindi: esiste un porno femminile, e come lo si riconosce? La questione è mal posta. Direi piuttosto che esiste da una parte un porno tradizionale — legato all’industria, alle star come Rocco Siffredi o Moana Pozzi — dall’altra un porno più moderno, definitivo variamente “Alt” (Alternative), o Indie, o post-porno. E al quale le donne partecipano in maniera molto più attiva, in tutti i ruoli. Se ne comincia a parlare nel 1972, quando escono Gola Profonda e Behind the Green Door. Del primo sappiamo quasi tutto, l’altro, con la regia dei fratelli Mitchell, protagonista Marilyn Chambers, è la storia dell’iniziazione sessuale di una fanciulla.
Che tra decine di variazioni si accoppia pure con un nero. Attenzione: si tratta della prima scena di sesso interraziale non simulata del cinema americano. I due film furono proiettati nelle sale, come prodotti mainstream, e incassarono decine di milioni di dollari. L’orgasmo femminile si fece protagonista. La seconda rivoluzione è estetica. Cambia l’immagine della donna, più magra e meno tettuta e cambia la scena: compaiono gli hippy e il punk e il dark. E poi il movimento LGBT e Queer, ma soprattutto arriva internet. Il porno tradizionale va in crisi, l’industria crolla di fronte all’offerta continua, capillare e gratuita della rete, mentre l’Altporn decolla. Nel 1992 Annie Sprinkle (attrice porno, prostituta, editore di riviste pornografiche, sex educator, animatrice di seminari sulla sessualità...) produce The Sluts and Goddesses Video Workshop — Or How To Be A Sex Goddess in 1-01 Easy Steps , una specie di docu-filmperformance su sesso e pornografia.
Qualche anno dopo Lars Von Trier fonda PuzzyPower, casa di produzione per film porno diretti da donne. L’inevitabile manifesto dice sì al piacere femminile, no alla violenza sulla donne (se non esplicitata come una fantasia femminile), no ai primi piani eccessivi sui genitali e no alla fellatio (machista e coercitiva). Nel 2009 escono i Dirty Diaries di Mia Engberg, finanziati dal governo svedese. E infine Erika Lust, la più soft, che ha scritto di sé: «Una delle mie prime urgenze è creare un porno che mia figlia possa vedere». Ed è solo l’inizio.
Elena Stancanelli, la Repubblica 29/3/2015