Massimo Gaggi, Corriere della Sera - La Lettura 29/3/2015, 29 marzo 2015
I MILLENNIAL STANNO CRESCENDO NOI DI VICE LI INFORMIAMO
Nella «Bear Room», la sala delle riunioni editoriali zeppa di vecchi divani di pelle, con un orso imbalsamato sullo sfondo di una foresta innevata, i capi di Vice News discutono dei servizi da mettere in Rete: è il lavoro di inviati che battono gli angoli più disastrati e pericolosi del mondo, dalla Siria alla Nigeria, all’Ucraina. Vice News è la punta di diamante del gruppo editoriale creato da Shane Smith partendo, vent’anni fa, da un magazine punk. Al piano di sotto la redazione di Vice.com produce un’informazione più generale e a sfondo socioculturale. C’è anche la sezione Food, quella dedicata al cibo. «Più che ricette — racconta il caporedattore, la giovanissima Helen Hollyman — il nostro pubblico ci chiede storie originali». Oggi la prima pagina, sul sito, se l’è guadagnata quella dei frati trappisti che in Venezuela stanno cercando di salvare la produzione di caffè. «A Caracas — spiega Helen — non abbiamo una vera redazione, ma c’è un collaboratore bravissimo a raccontare i traffici criminali che prosperano in questo Paese caotico».
Partito nel 1994 da una rivista musicale, la «Voice of Montreal», ribattezzata «Vice» pochi anni dopo, il canadese Shane Smith ha costruito un circuito d’informazione alternativa diventato rapidamente una corazzata del mondo dei nuovi media, che compete con BuzzFeed di Ben Smith, il gruppo Vox o The Intercept di Glenn Greenwald, oltre che con stampa e tv tradizionali. Il gruppo Vice Media oggi vale 2,5 miliardi di dollari (tra gli investitori, con quote di minoranza, anche Murdoch e il gruppo A&E degli editori Hearst e della Disney) e ha 1.500 dipendenti sparsi in 36 Paesi del mondo che lavorano su varie piattaforme. Ci sono i video per il web e la televisione, a partire dal canale Hbo di Time Warner e da quelli diffusi su YouTube. Poi i siti digitali d’informazione, quelli musicali (Noisey), di cultura tecnologica (Motherboard), danza (Thump), anche arti marziali (Fightland) e molto altro ancora. Compresa la rivista «Vice», ormai di carta patinata: fra tante storie di vizi, crimini, misfatti, nell’ultimo numero c’è spazio anche per due articoli dalla Svezia. Uno è sullo Stato islamico che riesce a trovare reclute tra i ragazzi annoiati e arrabbiati del Paese scandinavo. L’altro è dedicato alla rapida diffusione della demenza senile tra gli anziani svedesi e ai suoi enormi costi economici e sociali.
Il quartier generale di Vice è un incastro di capannoni industriali dipinti di bianco nel cuore di Williamsburg, a Brooklyn. Quando Shane Smith trasferì qui il suo giornale canadese, nel 2001, questo era il quartiere alternativo di New York, il luogo della controcultura. Oggi ha strappato a Soho e Tribeca la palma del luogo più trendy che ogni buon turista deve per forza visitare, mentre tra boutique tibetane, negozi specializzati in dischi di vinile e vecchi depositi trasformati in club musicali, spuntano i condomini per i nuovi ricchi.
Jake Goldman, il responsabile della comunicazione, mi guida nei meandri di questa strana redazione cresciuta un pezzo sull’altro, inseguendo una crescita tumultuosa: pubblicità e uffici sono in un hangar che un tempo era un deposito di autobus scolastici gialli, al piano di sopra gli studi televisivi, in un’altra ala le redazioni di Vice News. E poi Vice.com, il team che lavora per YouTube e la squadra delle serie per la rete Hbo. Oggi qui lavorano 500 persone, che spesso per passare da un ufficio all’altro devono uscire in strada e rientrare da un’altra porta. Tra un anno si trasferiranno in una nuova grande sede, dodici isolati più a sud.
Jake capisce che ci ha sorpreso l’attenzione dedicata ai problemi degli anziani da un magazine per i millennial : la generazione divenuta maggiorenne dopo il 2000. «Guarda — dice a “la Lettura” — che anche i giovani sono interessati al problema delle malattie senili». Che poi, spiega l’articolo, in Svezia cominciano a colpire anche alcuni trentenni e quarantenni. «Con tutti i nostri nuovi prodotti, con le varie piattaforme, cerchiamo di rispondere alla fame di informazione del nostro pubblico. Non è vero che i millennial sono disinteressati: anche loro cercano notizie, ma le assorbono in un modo diverso rispetto ai canali tradizionali: vanno sviluppate in un altro modo».
Vice si è conquistata spazio nel mondo dei media col suo giornalismo di battaglia, coi reporter che si tuffano nelle situazioni più complesse senza nemmeno cercare di offrire un racconto oggettivo ed equidistante. A furia di video e documentari esclusivi — i primi a raccontare la vita nelle strade di Raqqa, la «capitale» del sedicente Stato islamico, gli unici a seguire, già anni fa, Dennis Rodman, un controverso campione di basket Nba, ex Globetrotter, nei misteri della Corea del Nord, fino a incontrare il dittatore Kim Jong-un — Vice è arrivata a mettere insieme 31 milioni di visitatori unici nel 2014 (dati ComScore), mentre l’azienda sostiene di raggiungere un bacino di 200 milioni di utenti attraverso smartphone, tv, pc e carta. In gran parte sono giovani al di sotto dei 35 anni, i nati tra il 1980 e il 2000: la generazione più numerosa d’America (circa un terzo della popolazione) che sta rimpiazzando i baby-boomers ormai al tramonto e che, con la sua capacità di spesa e l’enorme influenza sociale, fa gola a tutto il mercato pubblicitario .
Per anni lo stile informativo anarchico di Vice, che lo stesso Smith ha definito «immersionista», è stato criticato dal mondo del giornalismo mainstream : ragazzi inesperti che si sono infilati in situazioni pericolose, cronisti che hanno raccontato guerre civili senza un background di conoscenza delle lotte secolari in quelle regioni. E il giornalista che, anziché testimone imparziale, parteggia, si indigna e, appunto, si immerge nella storia che vuole raccontare. In America c’è una definizione per questo, gonzo journalism : il reporter che racconta la storia in prima persona e pretende di diventarne egli stesso il protagonista. Ma il fondatore la rifiuta.
Qualche anno fa, davanti a un debordante Shane Smith che diceva di voler fare di Vice la somma di Cnn, dei canali musicali Mtv e di quelli sportivi Espn e mostrava disprezzo per il modo di fare giornalismo del «New York Times», David Carr, celebre critico del mondo dei media del grande quotidiano, passò all’offensiva, azzannandolo alla giugulare: «Il fatto di mandare in giro per il mondo cronisti con l’elmetto, come in un safari, non ti dà il diritto di insultare chi fa del serio giornalismo». Lo scontro diventò una scena di Page One , il film-documentario di Andrew Rossi sul «Times». Ma da allora Carr ha avuto modo di rivedere il suo giudizio e poco prima di scomparire (è morto un mese fa) ha scritto che, al netto delle intemperanze verbali di Smith, va dato atto a Vice di avere fatto spesso un ottimo lavoro giornalistico.
Come in Ucraina con i servizi di Simon Osrovsky e nel celebre documentario sullo Stato islamico, giudicato da molti troppo compiacente nel descrivere la vita nel califfato: «Propaganda ma anche giornalismo di qualità notevole, filmato in uno dei posti più pericolosi del mondo», ha tagliato corto Carr. Del resto a mano a mano che si allarga la sua audience e che moltiplica la sua offerta di documentari e servizi giornalistici — alla guida della parte video di Vice News ora c’è Martina Veltroni, giovane figlia di Walter, che qui non è di certo aiutata nella carriera dal suo cognome — anche lo stile editoriale cambia: gli insurgent in un certo senso si istituzionalizzano. Lo vedi nella recente visita del vicepresidente Joe Biden, accolto in redazione come una rockstar. Lo vedi nella prima intervista di Vice a Barack Obama con l’ipertatuato Smith, in genere trasandato e abituato a indossare magliettacce nere, che si è presentato elegante come un lord inglese e con la barba curata. Sobrio e sussiegoso alla Casa Bianca, il gran capo si è poi ripetuto nei giorni successivi in apparizioni al Congresso, sorprendendo una redazione abituata al suo stile dittatoriale (uno Stalin, come dice lui stesso) e al suo linguaggio colorito: il «Wall Street Journal» ha calcolato, chissà come, che dalla sua bocca escono ogni giorno, in media, 14 fuck variamente declinati.
Capace di raggiungere votanti giovani con i quali i politici non riescono a entrare in contatto, Vice vuole essere protagonista nelle elezioni presidenziali 2016? «Con i nostri inviati in giro per il mondo abbiamo catturato l’attenzione dei giovani», spiega il direttore di Vice News, Jason Mojica, quarantenne di Chicago che Shane Smith ha preso da Al Jazeera. «Ma quello della politica americana è un mondo a parte, bisogna fare molta attenzione». La si può seguire come una soap opera o come una corsa di cavalli. La sfida di Vice, dice Mojica, deve essere diversa: «Non inseguire i sondaggi, ma trovare un approccio nuovo, fresco, trattare la politica da un angolo che interessi la gente». Capire che cosa conta davvero e su quello incalzare i politici. Vice si è preparata durante la campagna per le elezioni di mid-term del novembre scorso, facendo esperimenti in Florida, Kansas, Colorado e Montana. «Lì ci siamo concentrati sui problemi dell’ambiente, molto rilevanti in quelle regioni. Vedremo che cosa scegliere nel 2016» .
Istituzionalizzare un vecchio ribelle (vecchio per gli standard Vice: Shane ha 45 anni, molti suoi dipendenti arrivano sì e no a 25) cresciuto in una comunità che fu decimata, come ha lui stesso raccontato, dall’abuso delle droghe, non è cosa facile. I giornali hanno recentemente raccontato con gusto e un tono da «rieccolo» di un recente viaggio di Smith a Las Vegas, durante il quale il fondatore ha speso la bellezza di 300 mila dollari per una cena con 30 amici alla steakhouse del Bellagio, grande casinò di Sin City. Shane ha reagito con un’alzata di spalle: «Mi piace appagare i sensi. Ho vinto al gioco e ho pagato con i miei soldi» .
Lasciamo perdere Las Vegas: che Smith stia facendo sul serio lo si capisce da quello che succede in azienda. Da un paio di mesi a fare il direttore generale è arrivata Alyssa Mastromonaco, fino a poco tempo fa vicecapo di gabinetto di Obama. Un mastino dell’organizzazione, alla Casa Bianca come in azienda, con la missione di programmare l’espansione di Vice. Che è già presente con i suoi programmi nelle lingue locali in vari Paesi compreso il nostro, ma che fra poco — forse prima dell’estate, forse in autunno — lancerà le nuove piattaforme di Vice News in Italia, Francia, Germania, Spagna.