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 2015  marzo 29 Domenica calendario

Un’altalena che azzera la credibilità Gianni Riotta Se Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono davvero innocenti dell’assassinio della povera Meredith Kercher, la notte di Halloween 2007, come ha stabilito la Corte di Cassazione smentendo precedenti gradi di giudizio, perché la Repubblica Italiana li ha tenuti in galera per quattro anni? Se invece, come altre corti hanno solennemente sancito, son colpevoli, perché otto anni non son bastati a provarlo? Se Rudy Guede è il solo killer della Kercher, come mai è stato condannato «per concorso» in omicidio e come mai non vediamo agenti italiani sguinzagliati ogni giorno a braccare i suoi complici? Comunque la pensiate sul delitto di Perugia, siate come molti americani persuasi dell’angelica purezza di Amanda, o come altrettanti inglesi della sua perfidia

Un’altalena che azzera la credibilità Gianni Riotta Se Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono davvero innocenti dell’assassinio della povera Meredith Kercher, la notte di Halloween 2007, come ha stabilito la Corte di Cassazione smentendo precedenti gradi di giudizio, perché la Repubblica Italiana li ha tenuti in galera per quattro anni? Se invece, come altre corti hanno solennemente sancito, son colpevoli, perché otto anni non son bastati a provarlo? Se Rudy Guede è il solo killer della Kercher, come mai è stato condannato «per concorso» in omicidio e come mai non vediamo agenti italiani sguinzagliati ogni giorno a braccare i suoi complici? Comunque la pensiate sul delitto di Perugia, siate come molti americani persuasi dell’angelica purezza di Amanda, o come altrettanti inglesi della sua perfidia. Siate, come tanti su Twitter, certi che la «colpa sia del negro» o invece sostenitori della tesi popolare online «in Italia soldi e buoni avvocati liberano tutti», la saga della giovane accoltellata, della bionda che non ricorda e calunnia il barman Lumumba, del ragazzo bene del Sud, dell’immigrato che patteggia, va in galera e tra pochi mesi uscirà, condanna la nostra giustizia. Colpevolisti e innocentisti concordano che le indagini iniziali nella casetta di Perugia furono un disastro, maldestre, confuse. Privati di prova del Dna o intercettazioni ambientali, i nostri inquirenti hanno dimenticato l’antica arte dell’interrogatorio, dell’inchiesta, la costruzione di una narrativa che alla fine risulti in un chiaro rinvio a giudizio. Né Maigret né Nero Wolfe, da Garlasco, a Cogne a Perugia creano collage mal ritagliati e lasciano i giudici nel limbo. Quando poi si arriva in aula i troppi gradi di giudizio, il labirinto di norme e interpretazioni, la Cassazione in altalena tra sentenze di merito e di forma, rendono il dibattimento una roulette. L’avvocato Giulia Bongiorno, principessa del Foro che conferma nella difesa di Sollecito bravura giuridica e abilità mediatica, rappresenta a sorpresa questo caos, nella prima reazione alla lettura della sentenza di Cassazione, ben colta da Elisabetta Povoledo del New York Times: «Giulia Bongiorno… sembra stupefatta: “Li hanno assolti da tutte le imputazioni?” chiede incredula. “Non ci sarà un nuovo processo?”». Se un avvocato veterano resta basito davanti all’estemporanea sentenza, figuriamoci noi cittadini. Tanti si schierano secondo passione non ragione, molti tacciono perplessi ripetendo il dilemma della Bongiorno «Assolti? Non ci sarà un nuovo processo?». Lo scontro che dura da una generazione tra Politica e Giustizia, nato nei giorni di Mani Pulite contro la Prima Repubblica e incistato nella deriva tra governo e tribunali di Silvio Berlusconi, rende difficile ostinarsi a ragionare, pacati e garantisti, sulla fragilità del nostro sistema legale. Dando atto ai magistrati coscienziosi che faticano su mafie, corruzioni, reati gravissimi, spesso a rischio personale e ai loro colleghi che, in processi minori, provano a sopperire alle falle di un meccanismo obsoleto, è evidente da ogni processo, quelli da prima pagina e quelli che solo una famiglia o un’azienda conosceranno, che la cecità non è il solo male di cui la Dea Giustizia soffra. Il governo di Matteo Renzi prova a rispolverare l’antico manto garantista della sinistra ante Berlusconi, promette riforme, qualcosa ha fatto, speriamo di più presto. L’atroce ritardo dei tribunali, causa di infinite sofferenze per chi langue nel carcere preventivo o cerca invano un giudizio civile, è tra i motivi centrali per cui il mercato dei capitali internazionale ci snobba: troppa alea in tribunale. Sentenze contraddittorie, lente come lumache e vistose spese legali costano migliaia di posti di lavoro. Anche noi giornalisti, italiani e anglosassoni, abbiamo colpe. La sera del delitto narrata come orgia satanica; Amanda ora Dark Lady che seduce secondini ora puritana americanina sperduta nella brutale Gomorra umbra; Raffaele figlio di papà pervertito o neolaureato che lamenta «nessuno mi assume!»; Rudy stupratore immigrato o vittima senza buoni avvocati del linciaggio tv: nessuna esagerazione è mancata per un punto di audience, una copia, un click in più. La sfiducia nei media non è «colpa del web», è colpa nostra. Meredith Kercher era arrivata a Perugia, in Italia, spinta dal desiderio di imparare. Amava l’immagine che proiettiamo, la cultura, la storia, il passato, la gioia di vivere, il cibo, l’allegria dopo la severità britannica. È tornata indietro in una bara. Con otto anni di processi la Repubblica ha tradito la fiducia e l’amore che l’avevano persuasa a studiare da noi. Siamo in debito con lei e con la sua famiglia. www.riotta.it