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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA SENTENZA MEREDITH


PEZZO DEL CORRIERE DI MERCOLEDI
ROMA «Noi siamo sempre stati solidali con Raffaele Sollecito», è con un sorriso che l’avvocato di Amanda Knox, Carlo Dalla Vedova, fa notare alla Quinta sezione della corte di Cassazione che «le loro posizioni vanno valutate in maniera unitaria». Colpevoli o innocenti, dunque, ma comunque uniti: è tutto cambiato rispetto a quasi otto anni fa, quando l’americana e Raffaele Sollecito erano assieme in aula, non solo fisicamente. Adesso però i legali di Sollecito chiedono, sia pure in via subordinata, che i due vengano separati anche nel processo: nell’ipotesi di una condanna, dunque, omicidio per lei e favoreggiamento per lui. Ecco: la «separazione» non sembra consensuale.
Di certo, comunque, Amanda e Raffaele rimangono assieme nella richiesta del procuratore generale, Mario Pinelli: «Come nelle foto di Henri Cartier-Bresson c’è un momento perfetto nel quale tutti i protagonisti sono al posto giusto: allo stesso modo, la sentenza dell’appello bis resiste ad ogni censura». E dunque vanno condannati per omicidio, sia pure eliminando il reato (prescritto) del coltello portato nella casa di Mez: 28 anni e tre mesi per lei e 24 anni e 9 mesi per lui. La battaglia legale si consuma per metà, perché i legali di Sollecito parleranno domani, prima della Camera di consiglio. In aula, la ressa spinge il presidente Gennaro Marasca a trasferire l’udienza nell’aula magna: Amanda è negli Usa e invece Raffaele arriva al mattino, giacca cravatta e capelli lunghi, si siede nello spazio del pubblico insieme con la nuova fidanzata, Greta Menegaldo, sorretta da tacchi dodici e tradita dallo sguardo frastornato.
Poi si sposta in seconda fila, nessuno accanto per ore, il padre seduto dietro, Greta qualche fila più in là: muove nervosamente la testa mentre il pg dice che «i due tergiversarono davanti alla casa di Mez invece di chiamare i carabinieri, e lo fecero solo quando arrivò la polizia postale», e che «la Knox ha reso la sua deposizione come se giocasse una partita a scacchi», e ancora che «dalla casa di Sollecito fu portato il coltello usato per il colpo mortale». Parla per ore, Pinelli: dice che la pulizia della casa successiva all’omicidio «è riferibile a correi di Guede», difende le prove scientifiche e ricorda che nella notte dell’assassinio «non sia risultata nessuna attività sul pc di Sollecito». Per il pg, Amanda è «indifendibile» quando racconta «di essere tornata a casa dove tutto era a soqquadro e c’era sangue, e di non essersi spaventata, e di aver fatto la doccia...».
I difensori di Amanda Knox, Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova, prendono la parola poco dopo: «Questo è un grave errore giudiziario». E lei stessa, in una telefonata da Seattle, si dice «molto preoccupata». I legali contestano ogni punto della ricostruzione: parlano di «reperti scientifici incerti», ricordano che «Amanda non aveva un’interprete accanto ma una poliziotta» e sostengono che gli interrogatori prima dell’arresto è «il cancro di questo processo»; per loro non è credibile «la pulizia selettiva delle tracce: nella casa dove Amanda viveva ce ne sono cinque di Amanda e nessuna nella camera di Mez, che però è piena di tracce di Guede». E dunque «il mondo ci guarda, condanna da annullare».
Devono aver apprezzato le parole iniziali del relatore Antonio Paolo Bruno: «In questo processo ci sono poche certezze». Perché è così che, quasi come avvenne a Perugia nell’appello, comincia l’udienza: da allora, però, è cambiato tutto. Certo, rimane quello che Bruno definisce «rumore, il processo mediatico», coi carabinieri che passano tra il pubblico a controllare i cellulari, rimproverano anche Giulia Bongiorno, dicono che «qualcuno ha rubato spezzoni di audio». Ma, questo, è l’unico aspetto che non cambia: perché tutto è diverso, oggi. Soprattutto, forse, tra Amanda e Raffaele.
Alessandro Capponi

REPUBBLICA.IT
ROMA - È Il giorno della sentenza di Cassazione sull’omicidio di Meredith Kercher. Il processo per l’uccisione della studentessa inglese, morta a Perugia la notte dell’1 novembre 2007, è ripreso poco prima delle nove e mezza davanti alla quinta sezione penale della suprema corte. La seconda udienza, dopo il rinvio dell’altro ieri, è iniziata con l’arringa dell’avvocato Giulia Bongiorno, uno dei due difensori di Raffaele Sollecito, imputato insieme ad Amanda Knox per il delitto e presente in aula insieme alla sua fidanzata Greta e il padre Francesco. "Parlerò dei due indizi a carico di Raffaele Sollecito in questo processo: il dna sul gancetto del reggiseno e l’essere stato fidanzato da dieci giorni con Amanda", ha detto la Bongiorno aprendo la sua arringa. "Ho apprezzato lo stile della requisitoria del pg, non i contenuti", ha precisato l’avvocato arrivando in Cassazione. Durante la sua arringa, ha poi aggiunto: "Sollecito non ha mai depistato, ma ha collaborato con gli investigatori, ha preso a spallate la porta dove c’era il corpo di Meredith. Durante l’aggressione stava guardando i cartoni animati. E’ un puro che si vede coinvolto in vicende spettacolari e gigantesche delle quali, come Forrest Gump, non si rende conto. Assolvetelo!".
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Secondo la difesa, non c’è prova certa del Dna di Raffaele sui gancetti del reggiseno di Meredith Kercher. Inoltre non è stato accertato "il rispetto dei protocolli internazionali che garantiscono margini di certezza scientifica". "Quindi - ha proseguito - il tema cruciale della prova genetica, ossia gli indizi a carico di Sollecito, hanno un approccio fuorviante e anacronistico". "Contro Raffaele è stato usato un metodo ’sospettocentrico’ perché la prova del dna è stata fatta solo per cercare la sua traccia e non quella delle tante altre persone che frequentavano la casa di via della Pergola". Inoltre l’avvocato ha criticato la sentenza dell’appello bis perché ha dato all’impronta genetica di Raffaele rinvenuta sul gancetto una sorta di "valore di prova genetica a capacità ridotta, una cosa che non esiste in questo campo in quanto una mezza traccia genetica non è una prova, ma una trappola. Il criterio della capacità ridotta non si può applicare alla genetica, ma semmai alla valutazione delle dichiarazioni dei pentiti, come è avvenuto nel processo Andreotti. Se una prova genetica non è valida per la scienza, quella prova genetica va cestinata perché o il dna è di Sollecito o non lo è. Il forse nella scienza non c’è".
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Bongiorno ha poi cercato di separare la posizione di Sollecito da quella di Amanda Knox: "Sono veramente convinta che Amanda non è entrata nella stanza del delitto, ma se si deve credere alle sue dichiarazioni allora bisogna credere che lei uscì dalla casa di Sollecito e mentì al suo ragazzo dicendogli che andava a lavorare dopo aver ricevuto il messaggio di Patrick Lumumba che invece le aveva detto di non andare al lavoro". "Amanda Knox fu pressata da una stranissima medium nella stanza della polizia di Perugia, e una medium non ci deve stare in una stanza di polizia!", ha detto Bongiorno in uno dei passaggi finali della sua arringa. Bongiorno ha inoltre detto che, a suo avviso anche Amanda, come Raffaele, "è innocente" e che il delitto di Meredith è avvenuto la sera del primo novembre 2007, tra le ore 21 e le 22 e 13 minuti, quando Rudy Guede mandò un mms dal suo cellulare. Secondo la difesa di Sollecito, inoltre, Meredith non è stata uccisa dal ’coltellaccio’ ma da un’arma non rinvenuta. "Io sono convinta che Amanda non sia mai entrata in quella stanza ma non si può pretendere che Sollecito sia colpevole per non aver tirato in ballo quella che per una decina di giorni sarebbe stata la sua fidanzata. Raffaele non era presente nella stanza del delitto e non ci sono neppure tracce riconducibili alla Knox".
Davanti ai giudici della V sezione penale della Cassazione, Bongiorno ha chiesto "l’annullamento della condanna a 25 anni per il ragazzo che insieme ad Amanda Knox è accusato dell’omicidio di Meredith Kercher".
L’avvocato Carlo Dalla Vedova, che difende Knox, parlando al termine dell’udienza, ha raccontato lo stato d’animo della sua assistita: "Amanda non chiude occhio, non dorme e aspetta sulle spine la decisione della Cassazione. E’ a Seattle con i suoi genitori, l’ho appena sentita ed é molto preoccupata".
Omicidio Meredith, il giorno della sentenza in Cassazione
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Terminate le arringhe, poco dopo le 12, i giudici sono entrati in camera di consiglio da cui usciranno con la sentenza. Il giudice del Collegio Gennaro Marasca, ha fatto sapere che comunicherà un’ora prima l’ora esatta della sentenza. Sollecito non sarà in aula al momento del verdetto: se venisse confermata la sentenza d’appello, per lui scatterebbe l’arresto.
Amanda Knox e Raffaele Sollecito hanno scontato quattro anni di carcere. Sono stati condannati in primo grado a 26 e 25 anni. Nel 2011, in appello, sono stati assolti e il 25 marzo 2013 la Cassazione ha annullato le assoluzioni rinviando il processo al tribunale di Firenze. La condanna dell’appello bis, 28 anni e 6 mesi per Knox e 25 anni per Sollecito, è scattata il 30 gennaio 2014. Per l’omicidio di Meredith è stato condannato in via definitiva Rudy Guede, processato con rito abbreviato: sta scontando 16 anni di reclusione.