Silvio Piersanti, il venerdì 27/3/2015, 27 marzo 2015
IN GIAPPONE, DOVEI CANI FANNO WAN E I GATTI STANNO ZITTI
TOKYO. Can che abbaia non morde, ma se ad abbaiare furiosamente è un nerboruto pastore tedesco che se la prende con un minuscolo chihuahua ci può scappare il morto. È successo recentemente ad Osaka, quando il grande cane, liberatosi dal guinzaglio, si è visto zampettare imperterrito sotto il muso il lillipuziano quadrupede di età e pedigree venerandi. Probabilmente irritato da tanta mancanza di rispetto, il pastore tedesco lo ha investito con sonorissime e ripetute bordate di latrati a bruciapelo. Uno shock troppo grande per il cagnolino che è crollato in terra fulminato da un infarto. Scambi di inchini e di biglietti (porti educatamente con tutte due le mani, come sì conviene in Giappone) tra i proprietari, ma l’addolorato padrone del chihuahua non si accontenta delle scuse e chiede che sia un giudice a stabilire responsabilità e conseguente entità dei danni.
Detto, fatto. Pochi giorni dopo il fattaccio, il giudice Masafumi Kawabata emette una sentenza senza precedenti in Giappone e nel mondo: «Considerando che il cane defunto aveva vissuto per quindici anni con la famiglia, divenendone un membro a pieno titolo, la corte condanna il proprietario del cane lupo a pagare un indennizzo di 180 mila yen (circa 1.400 euro) per le sofferenze psichiche della famiglia del cagnolino defunto e di 23.700 yen (circa 200 euro) per le spese di una decorosa cerimonia funebre per il caro estinto».
Indennizzi moderati, tutto sommato, specialmente per quanto concerne le spese del funerale, se si considera che in Giappone, il costo medio di un funerale umano si aggira attorno ai 20mila euro. Infatti, un timore molto diffuso non è tanto vivere, quanto morire al di sopra delle proprie possibilità.
L’impresa funebre Onhoya di Tokyo vende bene per settemila euro loculi per le ceneri di cani e padroni «insieme sin oltre la morte». Il padrone dello sfortunato chihuahua avrebbe potuto impiegare l’indennizzo ricevuto per le spese di funerale usufruendo di un nuovo servizio funebre «economico, dignitoso ed ecologico» appena lanciato con grande successo dal comune di Tokyo: si chiama Jomokuso (letteralmente Albero-Funerale) che permette di aver sparse le proprie ceneri sotto un albero di un grande parco cittadino per circa 200 euro, condividendo l’albero con le ceneri di decine di altri defunti.
La storica sentenza del giudice Kawabata che per la prima volta afferma il diritto di un animale domestico ad avere un suo proprio e decoroso servizio funebre conferma che anche per quanto riguarda gli animali domestici il Giappone è un altro pianeta. Cani e gatti sono adorati e non c’è limite alle follie di cui sono capaci i giapponesi nei riguardi dei loro pets. Ma, inflessibili come samurai, pretendono da loro un comportamento irreprensibile, a livello maniacale. I cani giapponesi sono rigidamente educati a non abbaiare (se lo fanno, la pagano cara, come abbiamo visto), non mordono, non si azzuffano. Al tramonto, poco prima che una canzonetta sia diffusa dagli altoparlanti in tutti parchi cittadini per segnalare ai bambini che è ora di tornare a casa a fare i compiti, tutti gli spazi verdi della città sono affollati di padroni e cani. I cani si guardano, si annusano, si strisciano, senza alcun wanwan, (questo è per i giapponesi il verso del cane che abbaia; strano, ma comunque più vicino alla realtà del nostro bau-bau). I gatti non miagolano. Neanche quando sono in amore. Fanno affari d’oro gli studi veterinari e i negozi specializzati nella vendita di oggetti e vestiti per cani e gatti che rivaleggiano se non sorpassano per lusso ed eccentricità i negozi per gli umani. Le «scuole» per cani e gatti proliferano e chissà a quali torture, psicologiche e non, sono sottoposti i poveri cuccioli per raggiungere un tale livello di autocontrollo. Del resto, l’autocontrollo è un elemento fondamentale della buona educazione in Giappone. Anche ai bambini si insegna sin dalla scuola materna a non esternare i propri sentimenti. Ai calciatori in erba che sgambettano nel campo sportivo della propria scuola viene imposto di giocare in silenzio per non disturbare gli inquilini delle abitazioni attorno all’edificio scolastico.
A proposito di inquilini, a Tokyo, come nel resto del Paese, è il vostro padrone di casa che decide di quale taglia può essere il vostro cane, sempre nel caso che vi sia concesso di averne uno. Di averne due o più nessuno neanche osa chiederlo. Nelle pubblicità degli appartamenti in vendita o in affitto, si specifica sempre se siano disponibili per animali domestici. L’affitto mensile di un appartamento con licenza di cane o gatto può aumentare del 20 o 30 per cento rispetto ad un’abitazione normale. Il proprietario deve a sua volta sudare sette camicie per ottenere l’autorizzazione da parte di tutti gli altri inquilini del condominio a dare in affitto l’appartamento.
Non sono rari i casi di cani e gatti tenuti in casa clandestinamente, fatti uscire brevemente solo in piena notte, portandoli in macchina in parchi pubblici di quartieri lontani. La domanda di case con permesso di animali domestici si fa sempre più pressante e i costruttori cercano di soddisfarla. Recentemente sono stati messi in vendita in un quartiere residenziale di Tokyo – e immediatamente tutti venduti nonostante il prezzo astronomico – appartamenti lussuosi con servizi in comune come bagni termali per cani e gatti, pista di 100 metri indoor per far sgranchire le zampe dei cari amici quadrupedi anche nelle giornate di pioggia, servizio veterinario e istruttore a domicilio. Per entrare nell’appartamento, i padroni debbono togliersi le scarpe e calzare le pantofole da casa, diverse da quelle necessarie per entrare nel bagno e diverse ancora da quelle per camminare nella stanza con le stuoie del tatami; e il loro cane si adegua, o almeno fa del suo meglio, bagnando la parte inferiore delle zampe in una vaschetta contenente un liquido disinfettante davanti all’ingresso, aspettando che un getto di aria gliele asciughi e infine lasciandosi infilare dall’amorevole padrone le quattro ciabattine antiscivolo. Secondo la Pet Manufacturers Association, i cani che vivono con i loro padroni in Giappone sono ben oltre i 12 milioni e il 34 per cento di coloro che non hanno un cane, ne vorrebbero uno, ma vi rinunciano per la difficoltà di trovare un’abitazione con licenza canina. Il giro d’affari annuo dell’industria degli animali domestici è di 1,4 triliardi di yen (circa 12 miliardi di dollari).
Il Giappone è il Paese di Hello Kitty, la gattina col fiocco rosso sull’orecchio sinistro, la cui immagine appare su tazze, borse, diari, penne, vestiti. Si è celebrato l’anno scorso il suo 40° compleanno con una convention a Los Angeles alla presenza di 25 mila fan, in gran parte volati da Tokyo. Ed è anche il Paese del gatto portafortuna Maneki Neko, che saluta con la zampa sinistra per augurare buona salute o con la destra per avere successo. Ed è giapponese la minuscola isola meridionale di Aoshima, dove i pescatori convivono più o meno pacificamente con circa 150 gatti, sei gatti per ogni pescatore. In verità i prolifici felini sono sopportati perché hanno reso l’isoletta famosa e meta molto frequentata da numerosi turisti gattofili. Per i gatti si può perdere il senso della misura. Com’è successo a Mamoru Demizu, un cinquantenne disoccupato che ha compiuto 32 furti di gioielli in abitazioni, totalizzando un crisbi pari a 182 mila euro. «Mi servivano per comprare il cibo per i miei 120 gatti per cui spendevo 35 mila yen (circa 244 euro) al giorno» ha candidamente dichiarato all’esterrefatto poliziotto.
Il monumento più visto al mondo si ritiene che sia la statua del cane Achiko, davanti alla stazione di Shibuya della metropolitana di Tokyo. Un cane simbolo della fedeltà e dello spirito di sacrificio del popolo giapponese. Achiko andava a prendere ogni giorno il padrone al ritorno dal lavoro alla metro e, dopo la sua morte, ha continuato ad aspettarlo ogni giorno alla stessa ora per dieci anni.
La difficoltà di avere un cane o un gatto a casa, sta dietro al boom di «neko cafè» e di «inu cafè» (bar con gatti e bar con cani). Sono ormai centinaia in tutto il Giappone. I clienti gustano il caffè, mentre affettuosi cani di varia grandezza danno baci affettuosi o morbidi gatti si strofinano sulle gambe in mutua richiesta di carezze. In uno di questi locali fa bella mostra di sé su un muro una frase di Gandhi: «La grandezza e il progresso morale di una nazione si può giudicare da come vi vengono trattati gli animali».