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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

IL CERVELLO TRANSESSUALE


Ognuno di noi si percepisce come uomo o come donna. Generalmente si ritiene che questa identità di genere sia conforme al sesso biologico per cui una donna si dovrebbe identificare in termini femminili e un uomo in termini maschili. Tuttavia ciò non si verifica sempre perché alcuni individui biologicamente maschi si ritengono prevalentemente femmine e alcune persone biologicamente femmine guardano a se stesse in termini maschili. Altri non considerano che il proprio genere sia maschile o femminile ma una fusione dei due sessi e altri ancora si considerano appartenenti a un terzo genere.
Col termine transgender ci si riferisce quindi a un insieme di persone che esprimono nella loro vita un senso innato del genere diverso rispetto a quello che è stato loro assegnato alla nascita. Per lungo tempo questa condizione è stata considerata come una deviazione patologica, un disturbo legato a un insieme di esperienze e dinamiche psichiche, e quindi oggetto di terapie diverse, generalmente inefficaci: oggi numerosi studi indicano invece che transgender si nasce a causa di una diversa impostazione cerebrale.
La maggior parte degli studi sui transgender riguardano le caratteristiche neurobiologiche di maschi che si identificano come femmine (MtF), in minor misura quelle delle femmine che si identificano come maschi (FtM). Uno dei più approfonditi conceme un nucleo dell’ipotalamo – il letto della stria terminalis – che gioca un ruolo essenziale nel comportamento e nelle pulsioni sessuali dei mammiferi. In questo nucleo sono presenti recettori per gli estrogeni e per gli androgeni ed esso è anche la sede in cui agisce l’aromatasi, l’enzima che converte gli ormoni maschili (androgeni) in femminili (estrogeni).
Lo studio di questo nucleo nei soggetti transessuali ha avuto come oggetto una particolare categoria di neuroni che producono la somatostatina, un neuropeptide che può esercitare sia effetti eccitatori sia inibitori sull’attività neuronale e sul rilascio dei messaggeri nervosi.
Negli uomini i neuroni che producono somatostatina sono circa il doppio rispetto alle donne. Nei transessuali maschi (MtF) il numero di neuroni nella BST è simile a quello che esiste nelle donne – ossia è circa la metà rispetto a quanto si verifica nei maschi cisgender, a proprio agio col genere assegnato alla nascita. Al contrario, nelle femmine transessuali (FtM) i neuroni che producono somatostatina sono circa il doppio, ossia simili a quanto si verifica nei maschi. L’inversione del numero di questi neuroni nel cervello transessuale viene considerato come un segno della dissociazione che si verifica tra il differenziamento dei genitali e quello cerebrale: il fatto che i due tipi di differenziamento procedano in direzioni diverse può essere considerato come una delle prove neurobiologiche delle alterazioni di genere.
Nel transessualismo sono anche coinvolti geni che giocano un ruolo nella produzione di ormoni steroidi (ormoni sessuali). In particolare sono stati studiati i polimorfismi – variazione genetica determinata da sostituzioni, delezioni o inserzioni di basi del DNA – relativi ai recettori degli androgeni, degli estrogeni e dell’aromatasi. I risultati di questo tipo di ricerche hanno indicato che nei transessuali MtF esiste un polimorfismo della ripetizione del recettore per gli androgeni che rende meno evidente, a livello cerebrale, i segnali prodotti dai neuroni in risposta agli ormoni maschili, il che può contribuire a indurre un’identità di tipo femminile nei transessuali MtF.
Per concludere, uno studio basato sullo scanning cerebrale ha stabilito come la struttura della sostanza bianca – le fibre rivestite di mielina che associano tra loro le diverse aree cerebrali – sia diversa nei trans MtF in ben quattro regioni cerebrali, in particolare a livello delle connessioni tra lobo parietale e frontale, responsabili della percezione corporea. Insomma, per quanto riguarda l’identità di genere è il cervello e non il corpo a dire la sua.