Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 27/3/2015, 27 marzo 2015
MEDIO FRA ITALIANI E TEDESCHI
[Intervista a Paola Concia] –
Die beraterin, in tedesco «la consulente». È la seconda vita di Paola Concia: assistere le imprese italiane che voglio esportare nel paese di Angela Merkel. Da luglio, l’ex-deputato del Pd, classe 1963, abruzzese di Avezzano (Aq), nota anche per il suo impegno in favore dei diritti delle persone omosessuali, da luglio scorso lavora per la Itkam, la Camera di Commercio italiana per Germania.
La politica è lontana ma, per chi aveva cominciato giovanissima nel Pci morente, non è può essere archiviata del tutto.
Domanda. Concia di cosa si occupa adesso?
Risposta. La Iitkam esiste da 104 anni e fornisce servizi alle aziende che vogliano esportare, dalla ricerca di mercato al posizionamento di prodotto, ai servizi legali e fiscali legati all’export. Insomma orientiamo queste imprese, facendo capire agli imprenditori quali siano gli usi, i costumi, la mentalità tedesca. Insomma facendo loro capire che esportare qui è diverso da esportare in Cina.
D. E chi vi capita di accompagnare? Le solite aziende della moda e del cibo?
R. Non solo, c’è di tutto, dall’aerospaziale, alla logistica, alla meccanica, al design. Spesso anche le istituzioni italiane o i consorzi di imprese.
D. Come siamo noi italiani quando andiamo a esportare lassù?
R. Noto una scarsa propensione a fare sistema, le aziende cioè fanno fatica a mettersi insieme, a far rete, a consorziarsi. Esportare richiede un investimento anche importante, il momento è difficile, eppure molti imprenditori tendono a far da sé. Il contrario dei tedeschi, per i quali far sistema, magari per venire a fare una fiera in Italia, è la cosa più naturale.
D. Commettiamo anche qualche errore quando veniamo a fare affari lassù?
R. Talvolta qualche azienda non è preparata, capita per esempio che non abbia il sito in inglese, cosa cui spesso provvediamo noi. A volte, come nel caso di alcune medie imprese, l’iniziativa di esportare manca di razionalità, si pensa di poter andare e fare. Non è così semplice, anche se Germania e Italia, a dispetto dei luoghi comuni, sono Paesi fratelli, ottimamente complementari. Anzi, penso che questo rapporto fra noi potrà salvare davvero l’Europa.
D. In cosa ci completiamo coi tedeschi?
R. Le nostre imprese hanno una capacità di adattamento straordinaria, sono campionesse di problem solving mentre quelle tedesche, dove la pianificazione è una religione, dinnanzi al problema inaspettato, si bloccano, vanno in panne.
D. Nel 2011 ha spostato una tedesca, Ricarda, e ora vive e lavora a Francoforte, come vede questo popolo?
R. Sono cambiati anche loro, ma mantengono la caratteristica di popolo rigoroso e non superficiale, anche se talvolta un po’ rigido. Forse un po’ diffidente, inizialmente, ma quando poi conoscono una persona, sanno offrire una lealtà che non ha pari. E c’è un’attitudine a valutare le persone per quello che valgono veramente: omosessuale o etero, bianco o nero, cristiano o musulmano, per loro, conta che tu sia un bravo cittadino e che tu sia professionale nel tuo lavoro. Io in Germania mi sono dimenticata d’essere lesbica, nel senso che nessuno te lo fa pesare. Ah, e poi c’è un’altra cosa che mia moglie dice spesso.
D. Vale a dire?
R. Che i Tedeschi hanno alcune caratteristiche secondarie.
D. E quali?
R. L’onestà, la correttezza e la puntualità.
D. Beh, ha detto niente...
R. In effetti...
D. Qualche ossessione, l’avranno però...
R. Sono davvero un Paese normale. Per esempio qui, in Germania, sarebbe inconcepibile che un giudice andasse in televisione. Qui parlano con le sentenze.
D. E la politica?
R. Tutt’altro che ossessionati. Anzi qualcuno, in Germania, dice che se occupano troppo poco ma questa è una democrazia solida, discutono, ma non è che tutti giorni la politica sia in cima ai loro pensieri e i loro politici sono più sobri, vanno poco in televisione.
D. L’economia li prende di più?
R. Quella moltissimo. Li preoccupa di più Mario Draghi e le politiche della Bce, perché qui è ancora vivo lo spettro dell’inflazione. Anche nei giovani è viva la memoria degli anni di Weimer e del disastro economico che spianò la strada al nazismo.
D. A proposito di spettri, le manifestazioni xenofobe e secondo alcuni un po’ nazisteggianti di Pegida a Dresda, preoccupano ancora?
R. Ci sono stati grandi dibattiti in tv ma poi la partecipazione a quelle manifestazioni è andata scemando e quindi anche l’interesse nel paese. La cancelliera Merkel ha affrontato la cosa a muso duro, facendo capire che oltre certi limiti non si sarebbe potuti andare.
D. Che ne sarà di quel fenomeno?
R. Ne facevano parte anche persone normali, magari esasperate da certi eccessi dell’immigrazione. Sono loro che probabilmente hanno fatto un passo indietro. Ora spetterà ai grandi partiti affrontare quei temi e dare loro qualche risposta. Perché le risposte a quei malesseri vanno date.
D. Senta, e Paola Concia con la politica ha chiuso davvero?
R. Ho ricominciato un’altra vita, sto ricostruendo una professione. D’altra parte non è che abbia fatto solo politica in questi anni.
D. Un’intera legislatura, dal 2008 al 2013 a Montecitorio.
R. Certo, ma prima ho fatto altro: mi sono laureata in scienze motorie, ho fatto la consulente e il manager sportivo, amministrando l’Agenzia regionale dello sport del Lazio, l’unica iin Italia. È quel curriculum che mi ha permesso di fare quel che faccio adesso.
D. Chiaro. Ma la passione per la politica mica sarà sparita?
R. Certo che no! Seguo sempre quel che succede.
D. E Matteo Renzi come lo vede dopo un anno di governo? Mi ricordo che lei stava ai tavoli dell’ultima Leopolda.
R. L’Italia è un Paese che ha bisogno di grandi cambiamenti e mi pare che Renzi stia affrontando questa necessità, anche se le resistenze non mancano. Si capisce meglio il tema dei corpi intermedi: occorre che siano corpi vivi non corpi morti.
D. Corpi intermedi come il sindacato?
R. Esatto. È un peccato sia sempre sulla difensiva, scegliendo un ruolo di retroguardia come se ci fosse da conservare chissà che cosa. In Germania i sindacati stanno nei consigli di sorveglianza delle aziende.
D. Ogni ipotesi di cambiamento trova qualcuno pronto a dire che non si può...
R. Siamo il paese delle corporazioni, delle caste che, facendo rete fra loro e con la complicità, diciamolo, della politica hanno mantenuto lo status quo. Loro sopravvivono ma l’Italia affonda. Prenda il caso della proposta del ministro Giuliano Poletti.
D. Quella sul convertire parte delle vacanze scolastiche in periodi di formazione?
R. Esatto. Ma le pare che la prima obiezione sia che i ragazzi vengono schiavizzati? Farli lavorare è male? Beh, allora tenetevi i bamboccioni. Disoccupati.
D. Cosa le è piaciuto di un anno di governo Renzi?
R. Il Jobs Act mi pare un bel passo avanti, la riforma del Senato, con il monocameralismo di fatto, la giudico un progresso, perché essendo stata in parlamento so quanto sia frustrante legiferare con tempi infiniti.
D. L’Italicum la convince?
R. Sì perché la governabilità è importante: se siamo dove siamo è perché per 20 anni non siamo riusciti a far nulla, a cominciare da Silvio Berlusconi, al quale si doveva rimproverare la mancata rivoluzione liberale più che portasse le ragazze a cena in villa. Subito dopo l’entrata nell’euro dovevamo avviare importanti riforme e siamo rimasti immobili.
D. L’Italicum è una delle cose che la sinistra Pd rimprovera al premier.
R. Il dibattito nel Pd è vecchio e tristemente conservatore. Ora in qualsiasi Paese esiste una sinistra più moderata e una più radicale, che però alla fine stanno insieme. In queste posizioni della minoranza dem fatico a trovare contenuti veri.
D. Ci sarà qualcosa di Renzi che l’ha convinta meno?
R. Ci sono alcune riforme in corso che voglio capire meglio. E poi una svolta definitiva a questi diritti civili sarebbe ora di dargliela.
D. L’ha promesso, del resto. Ma per lei qual è la formula? Unioni civili o matrimonio?
R. Il modello tedesco, quello che mi ha permesso di sposare mia moglie, mi pare il migliore: sono unioni civili che determinano tutti gli effetti del matrimonio, salvo che per l’adozione di minori.
D. La troveremo candidata fra gli Italiani all’Estero il prossimo turno?
R. Non credo. Bramo fare cose belle, in questi miei secondi 50 anni. E poi sto ancora studiando la lingua.
D. È dura col tedesco?
R. Abbastanza. Anche perché mi picco di voler leggere i giornali, di voler andare al cinema. ’Na fatica.
D. La proverbiale cocciutaggine degli abruzzesi aiuterà...
R. Quella, sempre.
D. E quindi l’«onorevole Concia» non torna?
R. No, casomai studio per diventare cancelliera (ride).
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 27/3/2015